mercoledì 19 maggio 2010

Il ruolo delle donne tra India e Torino: oltre i romanzi..













Una piccola stanza aperta ad ogni tipo di interferenza da parte dei più di 300.000 visitatori di tutta la manifestazione. E'stato questo lo sfondo dedicato all'India, paese ospite del salone internazionale del libro di Torino. Molti i nomi importanti, i libri presentati e commentati, le conferenze e gli incontri.
L'India, paese spesso associato unicamente a Gandhi e alle spezie, sta entrando lentamente all'interno di un nuovo immaginario collettivo. Non ci stupisce dunque se Ambarish Satwik, autore di Il basso ventre dell'Impero, chiede direttamente al pubblico: "Cosa vi interessa tanto di noi indiani? del nostro modo di vivere, delle nostre religioni, della nostra sessualità?".
Forse le curiosità del giovane e malizioso Ambarish non sono state soddisfatte dal Salone di Torino.
Ma il pubblico era realmente interessato. Un pubblico selezionato e fedele, quello degli eventi legati all'India; un pubblico che rimaneva volentieri in piedi, pressato e infastidito dalle mille voci estranee dei visitatori di passaggio davanti al PUNTO INDIA.
Gli ospiti, con più o meno fama, sono stati pazienti anche nelle occasioni limite di spazio e organizzazione: microfoni non funzionanti, traduttori che reinterpretavano liberamente (a volte cambiando le trame dei romanzi)o che si addossavano fisicamente agli autori per parlare al microfono, moderatori delle conferenze che non avevano letto il libro da presentare o si dimostravano scortesi con il pubblico che interveniva. Anche questo è Torino....
Tra le tante conferenze sono emerse prospettive interessanti: quella del rapporto con il potere, delle grandi megalopoli indiane ricche di ricchezze, miseria e contraddizioni e, non meno importante, quella delle donne.
Le donne indiane di Torino sono autrici emergenti come Tishani Doshi (Il piacere non può aspettare )e
Anuradha Roy (autrice del suo primo romanzo per Bompiani, L'atlante del desiderio) o già note al pubblico italiano, come Namita Devidayal (La stanza della musica)o Anita Nair,Radhika Jha ( L'odore del mondo e Il dono della dea), Anita Nair e Shobhaa Dé.
Autrici sicure e determinate.
L'idea che ci si costruisce di alcuni personaggi di un libro viene spesso smentita dai loro stessi inventori. R.Jha e A.Roy non definiscono infatti i loro personaggi femminili, espressioni della moderna India in continua evoluzione. La figura energica delle donne del villaggio descritte nei loro romanzi non è metafora universale di una nuova donna indiana che, in qualsiasi contesto, riesce ad emanciparsi ed affermare se stessa. Nessuna eco metaforica della nuova legge che vedrà, nell'India dei prossimi anni, il 33% del seggi del Parlamento assegnato di diritto alle donne. Le donne di Jha e Roy sono dunque, a loro stesso dire, solo donne non istruite ma molto forti. Con un po' di amaro in bocca preferiamo immaginare la possibilità di un riscatto generico e vincente che forse può trovare più spazio nell'onda rosa di Sampat Pal. Nel nuovo testo pubblicato da Piemme, Il sari rosa, un gruppo di donne, la Pink gang, porta avanti un movimento che dalle campagne, difende energicamente i diritti femminili.
Per quanto più acerba e tragica, la prospettiva femminile indiana presentata da Carlo Buldrini con Nel segno di Kali, sconvolge lo spettatore e fa riflettere.
Le parole del premio Nobel per l'economia A.Sen sono più che mai attuali e veritiere: "Qualsiasi cosa dici dell'India... è anche il suo contrario". La donna indiana è quellaforte e poco istruita dei romanzi di R.Jha; è quella griffata e sfacciata di Shobhaa Dé, è quella determinata e combattiva di Sampat Pal, ma è anche quella di cui ci parla Boldrini. Una donna che manifesta tutte le contraddizioni dell'India, che arriva ai vertici del potere ma che, ancora oggi, nel 2010, viene discriminata.
La diseguaglianza femminile indiana è quella della "natalità" (con gli aborti selettivi) e della "sopravvivenza" (con la malnutrizione e la preclusione all'istruzione). Nella prospettiva sociale e antropologica di Baldrini la donna indiana non è "un personaggio" da costruire, più o meno rispendente alle metafore economico-sociali che ognuno di noi può creare. Kali, la dea contraddittoria come la stessa India, la dea che crea e distrugge, nutre e uccide, è espressione di una donna che, pur non essendo personaggio, è rinchiusa all'interno di ruoli precostituiti, quelli di figlia (della quale liberarsi, sulla quale non si può contare per l'avvenire; per la quale la famiglia dovrà spendere una fortuna per la dote), di moglie e di madre (preferibilmente di un figlio maschio).
Ma l'India di Torino non è solo femminile.
Ci piace ricordare la simpatia di Swarlup, la dolcezza di Indra Sinha, la determinazione e la coerenza di Tarun Tejpal,l'ironico e crudo sarcasmo di Kiran Nagarkar e in fine, perchè no, la profondità dello sguardo di Altaf Tyrewala.
Anche questa è India..........

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