Come sia possibile che il paese con uno dei più alti potenziali di energia elettrica al mondo da fonti idriche ne possa essere sempre privo è un mistero. Grazie ai bacini idrici himalayani il Nepal ha un potenziale idrico di 40,0000 MW ma ne sfrutta solo 600. Durante la stagione secca (questa) non sarebbe comunque possibile utilizzare più di 900 MW perchè mancano le strutture e gli investimenti adeguati per farlo.Una città sovraffollata come Kathmandu e un governo instabile completano il quadro. E così i nepalesi hanno mediamente 12 o addirittura 18 ore (da questa settimana) di blackout al giorno. Proviamo ad immaginare la nostra vita senza elettricità: cucinare, stirare, lavare, lavorare al Pc o semplicemente ricaricare un telefonino. Si aggiunga poi il problema dell'approvvigionamento di acqua. In Nepal molti serbatoi posti sui tetti delle case funzionano elettricamente. L'acqua potabile che esce dai nostri rubinetti è un lusso. Chi non può permettersi un serbatoio per l'acqua calda, un extra lusso, non può neanche permettersi tanta acqua potabile o un pannello solare. In molte zone il razionamento è disponibile ogni 8 giorni. Qualche volta ogni 10 o 12 giorni. Arrivano grandi camion che distribuiscono secchi di plastica per le scorte e il fabbisogno delle famiglie.
Un paese al buio. Esci per andare al lavoro e constati che "Batti gayo". Torni dal lavoro ed è sempre "Batti gayo". Ogni attività diventa impossibile. Se sei fortunato hai a disposizione 2 ore circa di corrente all'ora di pranzo o, comodamente, nel cuore della notte. Il rimbombare dei generatori per i grandi alberghi è musica costante.
Ogni anno il consumo di elettricità nella valle di Kathmandu sale del 5-6 % ma le infrastrutture non supportano tale progresso. E pensare che il Nepal, come il Buthan, potrebbe potenzialmente esportare elettricità a Cina e India.
Il lume di una candela è sicuramente romantico e affascinante ma le strade della città diventano pericolose o, comunque, poco invitanti. I pochi turisti che girano per Kathmandu in questi giorni rincasano presto e rinunciano a cenare nei ristoranti nella stradina più isolata. Un altro schiaffo alla già fragile economia.
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