Non è arrivato per poco a 100 anni lo scrittore Khushwant Singh morto ieri a Delhi. Lo ricordiamo per gli splendidi romanzi, tra cui l'indimenticabile Quel treno per il Pakistan, e i numerossissimi racconti editi per la Penguin . Singh era sicuramente uno degli scrittori più importanti dell'India moderna. Attraversando un secolo ha potuto raccontare la tragedia della partizione e la decadenza di una cultura ( Delhi).
Con lui se ne va una figura di spicco, caparbia e coraggiosa. Il coraggio di saper uscire dal coro, di saper raccontare la crudezza e il limite della violenza. Come, e forse più di lui, a rendere la tragicità della parzizione è riuscito solo Saadat Hasan Manto (morto di alcolismo a soli 43 anni).
Nel paese che, a volte scioccamente e presuntuosamente, l'Occidente vede come solo "spirituale", Singh si dichiarava ufficialmente agnostico e rivendicava il suo disprezzo per ogni forma di religione organizzata.
"One can be a saintly person without believing in God and a detestable villain believing in him. In my personalised religion, There Is No God!" (The God, the bad and the ridicolous)
Ma è sua una staordinaria Storia dei sikh del 1967 e la volontà di affermare la necessità di uno stato laico. Quella di Singh, come quella di S. Rushdie, è la voce scomoda dell'intellettuale che sa usare una lingua diversa e accusare le false ideologie, l'idolatria e il perbenismo legato ad un'appartenenza comunitaria spesso falsa e perversa. In questi giorni di campagna elettorale, tra i toni del nazionalismo marcatamente intollerante e fondamentalista, scompare la voce saggia di chi ha visto con i propri occhi lo scorrere degli anni cruciali per l'India. E la sua oggettività, la sua reale conoscenza dei fatti, si tace nei giorni che vedono riemergere antiche e profonde intolleranze di matrice religiosa.
In Train to Pakistan riecheggiavano le grida e il silenzio di giorni altrettanto folli. Così apre il suo testo:
"Muslims said the Hindus had planned and started the killing. According to the Hindus, the Muslims were to blame. The fact is, both sides killed. Both shot and stabbed and speared and clubbed. Both tortured. Both raped." (W. Singh, Train to Pakistan)
Ma Singh verrà ricordato anche per il coraggio dei temi affrontati, per l'esplicito riferimento a situazioni e fatti marcatamente erotici altrimenti visti come tabu nella società indiana (La compagnia delle donne). Con un linguaggio delicato e letterario, Singh descrive con naturalezza prostitute, amanti e travestiti. Non c'è volgarità, oscenità, pornografia delle sue parole. Le sue pagine raccontano la naturalezza di gesti e sensazioni umane.
Una produzione ricchissima, la vita, la morte, il piacere, la vecchiaia, la libertà, la violenza e l'ardore. Addio Khushwant Singh.
3 commenti:
Ciao Kush...
wow! ma abbiamo le sue parole!
Parole a volte difficili da comprendere nella loro interezza...;)
Ciao care!
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