Lhotshampa significa letteralmente “ la
gente del confine meridionale”, si tratta di immigrati nepalesi che
cominciarono ad insediarsi nel sud del Bhutan all'inizio del 900. Le etnie
nepali formano il 25% della popolazione bhutanese e il nepali e' la seconda
lingua piu' parlata e la terza insegnata nelle scuole elementari.
Le
prime, evidenti, difficolta' di integrazione si sono avute partire dagli anni 50' quando, sull'onda del
successo indiano e nepalese, anche in Bhutan sorse un Congress Party. I
nepalesi vedevano nel partito un alleato per ottenere piu' diritti. Ma le cose
non andarono esattamente come si era previsto. Il partito si sciolse presto e i
nepalesi cominciarono ad accusare il governo bhutanese di discriminazione
gonfiando spesso incredibilmente il numero di feriti o di morti ( in verita'
sono 2 sono stati accertati) causati
negli scontri e nelle manifestazioni di protesta.
Oggi gli
oriundi nepalesi hanno la cittadinanza, una rappresentanza nell'Assemblea
nazionale e liberta' di culto ma le
differenze con i drupka, i bhutanesi,
sono ancora fortissime. Tali differenze hanno portato a rivolte civili di una
certa consistenza nel corso degli anni 80' quando il Bhutan ha cominciato ad
applicare il driglam namzha, un rigido sistema di norme
per le autorita' monastiche e i funzionari pubblici che impone l'uso di abiti
tradizionali, i tempi di visita degli dzong, le formule di cortesia da usare,
la postura per mangiare. Tali norme furono adottate per preservare le
tradizioni bhutanesi ma, come e' ben intuibile, risultarono sgradite alla
minoranza nepalese a maggioranza hindu. In quegli stessi anni venne anche abolita la lingua nepali nelle scuole.
Per
rimarcare la tradizione drupka,nel 1988 venne promosso un censimento volto ad
accertare la presenza di clandestini nel paese o piu' semplicemente di coloro
che non potevano attestare la loro presenza nel paese prima del 1958. Per avere
pienamente la cittadinanza era necessario dimostrare di aver pagato le tasse anche
prima del 1958. La guerra civile
scatenata da queste premesse determino' l'emigrazione di decine di migliaia di
bhutanesi di origine nepalese. In verita' i
lhotshampa non lasciarono il Bhutan spontaneamente; furono spinti verso
il confine indiano dagli ufficiali bhutanesi. Un esodo forzato di 80000
persone, circa il 15 % della totale popolazione
di allora del paese, una vera e propria pulizia etnica che, confrontata
con quelle balcaniche di quegli anni, non ebbe nessuna risonanza. L'Unhcr, in accordo con il governo nepalese,
organizzo' sette campi profughi nei distretti sudorientali di Jhapa e Morang.
Tra le migliaia dei campi profughi,
un'inchiesta dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
Politici, una piccolissima percentuale ha rivelato le caratteristiche di
“rifugiati in buona fede”, quindi liberi di rientrare in Bhutan o di risiedervi
senza condizioni. Oltre il 70 % dei “rifugiati” di Khudunabari rientra nella categoria di “emigrati di propria
volonta'”. Questo secondo gruppo, rientrando in Bhutan potrebbe, in teoria,
risiedere in campi speciali e avere un lavoro (nella costruzione di strade).
Per riottenere la cittadinanza dovrebbero essere “in prova” per due anni al
termine dei quali dovrebbero dimostrare di parlare la lingua dzongkha, di non
aver mai parlato male del Bhutan e della famiglia reale e di non aver lasciato
il paese nel periodo di prova. Dal 2007 circa 60000 rifugiati sono stai accolti
da altri paesi occidentali come Stati Uniti,Canada, Australia, Danimarca, Paesi
Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Gran Bretagna.
Fino ad
oggi il Bhutan ha respinto 15 tentativi di negoziato inoltrati dal governo
nepalese.
Un fil
alto coadiuvato da 4,3 miliardi di dollari
e un reddito pro capite di quasi 2000 dollari ma l'ombra della pulizia
etnica rimane sul regno del drago tonante.
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