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“Mi chiamo
Laxmi e nel mio paese il mio nome è quello della dea della ricchezza e
dell’abbondanza, della dea della fortuna. Sembra uno scherzo vero? Qual è poi
la mia fortuna? Là da dove vengo io le
ragazze non scelgono il loro destino e sicuramente non sono fortunate. Forse la mia famiglia ha
voluto darmi la fortuna, almeno nel nome.
Il mio è stato un matrimonio combinato. Non ho
scelto. Non ho mai scelto. Quando ero bambina vedevo le altre donne, le ragazze
o le innocenti bambine sposare uomini che non conoscevano. Ho sempre pensato
che fosse normale. Oggi per me è normale. E’ normale vivere con chi non ho
scelto. Mi sono abituata. Ma non sto parlando di amore.
Una volta si, quella volta l’amore l’ho trovato. Ero
così felice. Ero così stupida. Pensavo che qualcuno potesse amarmi al di fuori
di una scelta impostami. Lui sapeva che soffrivo, lui sapeva che ero disperata e mi ha usata. Anche lui. Quell’amore cieco e folle l’ho pagato. L’ho
pagato quasi con la morte. E alla fine
in mano non mi è rimasto nulla perché mentre la mia vita scivolava nelle
tenebre e nella vergogna, mentre la consapevolezza della sua indifferenza e del
suo usarmi diventavano sempre più coscienti, lui si mostrava per quello che
era. La sua vera immagine si faceva
nitida dentro di me e io provavo vergogna. Perché? Perché una donna deve
vergognarsi? Perché ha amato una sola volta nella vita? Perché vergognarsi?
Perché ci si accorge che non era Amore quello che muoveva le mani e si
rifiutava di baciarmi. Non era Amore quello che
fingeva di amare misurando la sua prestazione, guardando l’orologio
appeso sopra la porta, mentre da
fuori giungevano fino a noi i clackson della città folle. Non era Amore
quello che non voleva neanche che mi spogliassi completamente, perché c’era
poco tempo e l’essenziale era un punto. Non era Amore quello che sputava a terra dopo avermi usata per eliminare da sè il mio sapore.
E allora si prova vergogna perché si comprende che se quello non era Amore allora
il mio cos’era? E perché non posso oggi chiamarlo Amore? Cos'è allora l'amore?Perché prevale la
vergogna? Perché è questa la mia condizione.
Ho visto il sole per un breve attimo e adesso sono
tornata alla mia vita. Condivido una stanza silenziosa con chi non ho scelto di
avere accanto. Non parla molto, non parla mai. Nella nostra cultura è normale.
Io, da quando sono qui, avrei tante cose da dire, ma non parlo. So che lui
non mi risponderebbe.
Lui è quello che lavora, che finge di farlo, che esce
e sta fuori tutto il giorno a far finta di essere un uomo. Decide ogni cosa ma
non ne parliamo mai. Io condivido silenziosamente. Nel suo lavoro è melenso e
falso. Finge un entusiasmo non suo. Quell’entusiasmo che piace ai clienti. Il
cliente ha sempre ragione. Solo io so quanto è falso. Solo io so che è il
denaro che vuole.
Avrei potuto studiare. Avrei potuto finire di
crescere. Avrei potuto vedere meglio la città. Perché no? Adesso sono qui, in
un posto che non mi appartiene. La mia famiglia è lontana. Ora la mia famiglia
è lui. Quell’uomo che, ho saputo, neanche mi voleva, perché voleva continuare a
divertirsi pubblicamente. So che lo fa ancora. So che frequenta altre donne e a
tutte dirà che è la sola. A me non ha bisogno di dirlo. Io gli appartengo. Sono
una sua proprietà. Sono l’oggetto che mio padre ha ceduto al suo. E lui neanche voleva. Lui voleva continuare a
vivere da solo. Almeno adesso ha chi cucina per lui, chi fa la spesa e chi, se
rimane senza soldi, può vendere l’unico gioiello che ha.
Avrei potuto studiare. Avrei potuto finire di
crescere. Avrei potuto incontrare realemente Amore. Ma sono in una stanza,
un’unica stanza a guardare le lancette dell’orologio appeso sopra la porta,
mentre da fuori arriva il rumore impazzito dei clackson di una città non mia.”
(Laxmi è un
nome di fantasia. La sua storia è vera. Ascoltata con la pelle e con il
cuore.)
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