mercoledì 19 dicembre 2012
मेरी क्रिसमस और नया साल मुबारक .क्रस्मसको शुभकामना तथा नयाँ वर्षको शुभकामना
mercoledì 12 dicembre 2012
Gesù in salsa Bollywood?
A volte l'etichetta Bollywood viene usata per rendere più appetibile ciò che con quel genere di cinema non ha nulla a che spartire. A volte si scimmiotta uno stile per rendere più visibile un fenomeno in un contesto sociale nel quale la diffusione di alcuni principi sarebbe difficile. Bollywood non è solo una grande industria ma la rappresentazione sognata di una realtà. Eh si, perchè il bello del cinema in India è questo. Si tratta di un luogo di evasione, di rilassamento dove, spesso, tutto è come lo si desidererebbe. Alcuni parlano di vite irreali o artificiali riferendosi a quelle rappresentate sul grande schermo. In verità il sogno, il desiderio e il reale non dovrebbero essere mai scissi. E allora si, perchè no, Bollywood può diventare una grande fabbrica dei sogni.
I cristiani indiani hanno pensato un grande colossal sulla vita di Gesù, Cristaayan. Verrà trasmesso in televisione a puntate, così come il Ramayana o il Mahabarata ma lo stile, dalle prime notizie in circolazione, sembra essere quello bollywoodiano. Già dal trailer è evidente il rimando alle saghe hindu: le musiche, il montaggio, le prediche sotto l'albero della bodhy e, diciamolo, seppur con rispetto, Cristo sembra proprio un Baba di Varanasi!
Il film è girato in stati a prevalenza cristiana anche se gli attori non lo sono.
Non si tratta del primo esperimento indiano sulla vita di Cristo. Per la prossima primavera dovrebbe uscire un film in 3D per il cinema intitolato "Trenta pezzi d'argento", del regista Johny Sagarika.
L'attenzione indiana per il cristianesimo ha origini antiche, origini che si riferiscono ad un passato più remoto di quello della dominazione occidentale. Molti indiani del sud ritengono, con una certa convinzione, che il sepolcro di Cristo, morto e non risorto, si trovi in Kerala. Più di una volta in Nepal alcuni cristiani mi hanno parlato di un viaggio del profeta in Asia. Nelle bilbioteche di Kathmandu ho visto molti libri sull'argomento.
Riuscirà, il nuovo colossal, a tenere incollati al video milioni di indiani come fa attualmente il Mahabarata?
I cristiani indiani hanno pensato un grande colossal sulla vita di Gesù, Cristaayan. Verrà trasmesso in televisione a puntate, così come il Ramayana o il Mahabarata ma lo stile, dalle prime notizie in circolazione, sembra essere quello bollywoodiano. Già dal trailer è evidente il rimando alle saghe hindu: le musiche, il montaggio, le prediche sotto l'albero della bodhy e, diciamolo, seppur con rispetto, Cristo sembra proprio un Baba di Varanasi!
Il film è girato in stati a prevalenza cristiana anche se gli attori non lo sono.
Non si tratta del primo esperimento indiano sulla vita di Cristo. Per la prossima primavera dovrebbe uscire un film in 3D per il cinema intitolato "Trenta pezzi d'argento", del regista Johny Sagarika.
L'attenzione indiana per il cristianesimo ha origini antiche, origini che si riferiscono ad un passato più remoto di quello della dominazione occidentale. Molti indiani del sud ritengono, con una certa convinzione, che il sepolcro di Cristo, morto e non risorto, si trovi in Kerala. Più di una volta in Nepal alcuni cristiani mi hanno parlato di un viaggio del profeta in Asia. Nelle bilbioteche di Kathmandu ho visto molti libri sull'argomento.
Riuscirà, il nuovo colossal, a tenere incollati al video milioni di indiani come fa attualmente il Mahabarata?
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domenica 9 dicembre 2012
Gli sposi baby del Nepal
Nuwakot, luglio 2008 |
Esistono numerose motivazioni religiose al matrimonio in tenera età. Secondo le leggi di Manu se all'arrivo del menarca la bambina non è sposata, questo finirà nella bocca degli antenati e-o defunti. Per questo motivo le bambine sono di solito piccolissime, tra gli 8 e i 14 anni. In tutto il paese la percentuale dei matrimoni giovanili è del 23% per le bambine e dell'8% per i bambini. Altri dati forniti da Central Child Welfare Board parlano del 34% per le bambine. Nella zona di Rupandhei, nel distretto di Lumbini, le percentuali arrivano addirittura all'85% dei matrimoni per i ragazzi sotto i 18 anni.
Secondo l'UNICEF i matrimoni infantili nel mondo riguardano 10 milioni di bambini o giovani.La limitazione dell'istruzione, il maltrattamento e la malnutrizione, il non accesso al lavoro sono solo alcune delle conseguenze di questo fenomeno. Molte giovani madri non sono in grado di portare avanti gravidanze. A seguito di parti precoci si manifestano inoltre profonde lacerazioni vaginali che spesso risultano incurabili. Secondo i dati dell'International Centre of Research on Woman, le donne sotto i 15 anni hanno superiore di 5 volte la possibilità di non riuscire a portare a termine una gravidanza.
In India un detto dice : "Tirar su una bambina è come annaffiare il giardino di uno sconosciuto".
In Nepal il padre di 6 figlie femmine mi ha detto: "My doughters are like someone else's property"
Meglio darle in spose che venderle al mercato della prostituzione. Ma questa è un'altra storia
martedì 4 dicembre 2012
Il Guru dall'India a Venezia
Future India Colloquia
Lunedì 10 Dicembre 2012, dalle ore 10.30, presso la Sala A di Palazzo Vendramin di Venezia, si terrà un'interessante conferenza sulla figura del Guru in India. L'iniziativa è inserita nel ciclo di incontri organizzati dal Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa mediterranea dell'Università Ca' Foscari.
I relatori saranno Stefano Pellò, Antonio Rigopoulos e Federico Squarcini.
Lunedì 10 Dicembre 2012, dalle ore 10.30, presso la Sala A di Palazzo Vendramin di Venezia, si terrà un'interessante conferenza sulla figura del Guru in India. L'iniziativa è inserita nel ciclo di incontri organizzati dal Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa mediterranea dell'Università Ca' Foscari.
I relatori saranno Stefano Pellò, Antonio Rigopoulos e Federico Squarcini.
lunedì 3 dicembre 2012
Moderni Satyagraha. Gandhi e la letteratura
Il Satyagraha di Kudankulam |
Le proteste dal basso, l'organizzazione di semplici villaggi di contadini e pescatori riportano alla mente i tempi dell'Indipendenza e gli animi accesi dalle parole del Mahatma Gandhi.
In Kanthapura, romanzo di Raja Rao del 1938, si rintracciano gli stessi moti del cuore e dello spirito.
Kanthapura è un villaggio del Karnataka gestito da un patel ed intriso di una forte religiosità e da una forte divisione castale. Qui la diffusione della protesta gandhiana assume sfumature religiose. I racconti del Mahabarata e del Ramayana sembrano sovrapporsi a quelli di una lotta presente per la libertà e l'indipendenza. Le caste, inizialmente in opposizione tra di loro, si uniscono in un solo grido: Mahatma Gandhi ki jai! E' una rivoluzione femminile quella del villaggio. I braccialetti di vetro, le sari e le loro labbra sono rotte nel tumulto di una protesta che si vuole pacifica e che il potere non riesce e vuole capire. La protesta pacifica è quella della marcia silenziosa, della iarda di cotone filato in casa con il charka, la ruota per filare, per determinare lo swadeshi, per boicottare i prodotti dei "visi rossi". La strada per la libertà è quella della non violenza, dell'ahimsa. Dopo la battaglia silenziosa appare una luce, quella dello swaraj, quella di un lontano Nerhu, "il sostenitore della distribuzione egualitaria".
La liberazione dll'India diventa la liberazione di Sita. Ram, libero, tornerà dall'esilio e Sita sarà con lui, non più nelle grinfie del perfido Ravana. Ma in quel tempo l'India avrebbe dovuto attaversare una nuova bufera, uno scontro nel quale il nemico sarebbe stato il "fratello vicino".
Il primo romanzo indiano sull'indipennza è Murugan the tiller scritto nel 1927 da K.S. Venkataramani insieme a Kandan the patriot. La figura di Gandhi e il suo impatto sulla storia dell'India comapare anche in Intoccabile di M.R. Anand, dove un giovane spazzino finisce inavvertitamente tra la folla che attende l'arrivo del Mahatma tornando poi verso casa con la coscienza della sua identità, una coscienza che prima non sapeva neanche di possedere. Anche R.K. Narayan, in Aspettando il Mahatma mette in luce i difficili anni dell'Indipendenza e la figura gandhiana. La prospettiva è sempre quella di un giovane, un ventenne pigro e sognatore che si avvicina a Gandhi per un capriccio amoroso; la sua conversione ai principi di verità e non violenza è dunque piuttosto superficiale. Non ci si sorprende infatti nel vederlo virare verso le idee e i principi più materialistici e violenti di Chandra Bose. Uno degli ultimi romanzi aventi Gandhi come protagonista, diretto o indiretto, è sicuramente Mira e il Mahatma di Sudhir Kakar . Si tratta della vera storia di Madeline Slane, una giovane inglese che assunse il nome di Mira quando venne ammessa nell'ashram di Gandhi presso il fiume Sabarmati. Il romanzo, magistralmente scritto, è in verità un collage di lettere, pagine di diario e testimonianze dirette dei più stretti collaboratori del Mahatma.
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sabato 1 dicembre 2012
Il principe nepalese di nuovo nei guai
Paras Shah |
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giovedì 29 novembre 2012
lunedì 26 novembre 2012
ICCG THINK FORWARD FILM FESTIVAL
Mentre Doha si prepara ad accogliere il meeting più importante dell'anno, Venezia dibatte sui cambiamenti climatici senza le passerelle e gli sfarzi del Festival del cinema settembrino
30 novembre e 1 dicembre 2012
THINK FORWARD FILM FESTIVALL’International Center for Climate Governance (ICCG) presenta la seconda edizione del Think Forward Film Festival. Nato a Venezia nel 2011, ha l’obiettivo di approfondire, discutere e divulgare, attraverso cortometraggi e lungometraggi, il tema dei cambiamenti climatici e le questioni legate all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili. L’International Center for Climate Governance è un’iniziativa congiunta della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e della Fondazione Giorgio Cini. ICCG è oggi un centro di ricerca di fama internazionale sui cambiamenti climatici e sulle tematiche legate alla governance del clima. Qui il Programma |
Per gli operai bangladesi
DHAKA, Bangladesh |
"Non taccio una distinzione netta o di qualsiasi tipo tra economia ed etica. L'economia che leda il benessere morale di un individuo o di una Nazione è immorale e, perciò, minacciosa. Così l'economia che permetta ad un paese di depredarne un altro è immorale. E' peccaminoso comprare e usare articoli fatti da lavoratori sfruttati"
Gandhi, Young India, 13 Ott 1921, p. 344
sabato 24 novembre 2012
Lo schiaffeggiatore nepalese
Quello che ha guadagnato è stato però un linciaggio. I social networks nepalesi lo proclamano eroe mentre i politici lo vogliono condannato per terrorismo. Ieri il padre di Padam è andato a trovarlo in carcere ma non è stato possibile vederlo. Pare sia stato trasferito per motivi di sicurezza.
venerdì 23 novembre 2012
Nepali dogs
presa da qui |
Un amico nepalese dal 2008..... |
Si chiude anche la stagione del turismo e il freddo comincia a farsi pungente. Nell'aria aleggia anche la possibilità di un accordo politico dopo i recenti fallimenti dell'Assemblea costituente. Il Presidente Yadav ha convocato tutti i partiti per venerdì al fine di costituire un governo di unità nazionale.
Questo è il periodo dei "buoni propositi" in Nepal. Possiamo augurare al paese un po' più di prosperità e pace.
mercoledì 21 novembre 2012
Chhath
एष ब्रम्हा च विष्णुष्च शिव: स्कन्द: प्रजापती: ।
महेन्द्रोधनद: कालो यम: सोमो ह्यपाम्पति: ।।
एनमापत्सु क्रिच्छेषु कन्तारेषु भयेषु च ।
किर्तयन पुरुष्: कष्चिन्नवसिदती राघव ।।।
आदित्य्म सर्बकर्तंरं कलाद्वदाद्शम्युतमं ।
पद्महस्त्द्वयं वन्दे सर्वलोकैकभस्करमं ।।
Ancora un'altra festa hindu. Ieri tutta l'attenzione era per Surya, per il Chhath festival (o Surya Shashti) dedicato al sole. Il ringraziamento alla luce di ogni giorno comincia alle prime luci dell'alba. Surya è ringraziato per il suo tepore e per la forza che dà alla terra. Si sta per avviare la stagione dei raccolti e un ruolo fondamentale è stato sicuramente quello del sole. Il Chhath festival è anche un'occasione per chiedere perdono.Gli indiani celebrano la puja sulle rive del Gange o del Yamuna.
Il Nepal festeggia il chaath festival ,o Dala Chhath, specialmente nelle regioni del Terai e Mithila.
Si ha notizia di questi rituali già nei Veda e nei Rigveda. Anche Draupadi, nel Mahabharata, pratica puja in offerta al sole per chiedere la benedizione dei suoi Pandava. Dal sole Draupadi riceve l'energia che le permette di essere una donna speciale. Per questo motivo la festività è particolarmente sentita dalle donne indiane e nepalesi.
Il desiderio di ricevere la benedizione del sole ha però creato problemi in Bihar dove, due giorni fa, 20 persone sono morte sulle rive del Gange a causa della calca per raggiungere le sacre acque.
lunedì 19 novembre 2012
Come essere o non essere felici
Kathmandu, Luglio 2012 |
(Amartya Sen, Il tenore di vita, Marsilio, pag.29)
giovedì 15 novembre 2012
Amma: la forza di un abbraccio
In questi giorni Mata Amritanandamayi, detta Amma, è in Italia. La forza di un abbraccio può scaldare il mondo. Qui il sito italiano che organizza gli eventi e qui il video tratto dal Corriere della sera inerente l'incontro lombardo di stamane.
Amma ha dato vita ad un movimento, l'Embracing the world, partendo da un piccolo villaggio del Kerala. La forza empatica dell'abbraccio contiene la volontà di accettare l'altro e riscaldarlo di un calore materno.
mercoledì 14 novembre 2012
La Trasmigrazione e il tulku a Venezia
Tibet, Agosto 2011 |
La dottrina tibetana
della trasmigrazione e il tulku
Fondazione Querini Stampalia, Veneziagiovedì 15 novembre 2012, dalle ore 17.45
Un’occasione per esplorare, attraverso la dottrina della trasmigrazione e del tulku, un’antica civiltà che dal “Tetto del Mondo”, il lontano altipiano del Tibet, giunge fino alla città di Venezia dove di recente il Dalai Lama è stato insignito della cittadinanza onoraria.
Appuntamento giovedì 15 novembre dalle 17.45 a Palazzo Querini Stampalia con La dottrina tibetana della trasmigrazione e il tulku, l’incontro organizzato da International Dzogchen Community Gyamtsholing Venezia e Shang Shung International Institute for Tibetan Studies, con la collaborazione della Fondazione Querini Stampalia e di Ca’Foscari Cinema. Ad introdurre il tema Fabian Sanders, docente di Lingua e Letteratura Tibetana all’Università Ca’Foscari di Venezia e Direttore Accademico dell'Istituto Shang Shung per gli Studi tibetani (Regno Unito).L’intervento analizzerà le particolari modalità di trasmigrazione attraverso le quali i Tulku, Maestri spirituali tibetani, decidono di “rimanifestarsi per prestar soccorso agli esseri che impotenti navigano nell’oceano del divenire”, come afferma Sanders. Nell’occasione si parlerà de La lampada che rischiara le menti ristrette, di Chögyal Namkhai Norbu (Shang Shung edizioni, Arcidosso 2012).A seguire, alle 18.30, la proiezione del film My reincarnation, introdotto da Roberta Novielli,
Professore Associato di Storia del Cinema Giapponese e Delegata del Rettore alle Attività
Cinematografiche di Ca' Foscari Cinema e di Ca' Foscari Short Film Festival.Firmato dalla regista statunitense Jennifer Fox, My reincarnation è un documentario sulla vita di Namkhai Norbu Rinpoche, uno dei principali maestri viventi del buddismo tibetano, e del figlio primogenito Yeshe che, nato in Italia, si distanzia in qualche modo dalle orme paterne seguite per alcuni anni, proponendo con un linguaggio alternativo e filosoficamente affine agli schemi occidentali, i principi del buddismo tibetano.
Vent’anni di riprese documentano il rapporto complesso tra padre e figlio in una storia universale sull’amore, la trasformazione e il destino. Film multilingue (italiano, inglese, tibetano) con sottotitoli in italiano.
L’incontro si terrà nell’Auditorium Giannina Piamonte
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Seguirà un piccolo rinfresco offerto dalla Comunità Dzog Chen Venezia - Gyamtsholing
La Comunità Dzog Chen di Venezia organizza sabato 17 e domenica 18 novembre, alla Bottega del
Tintoretto di Venezia, un Corso di pittura Thangka per imparare a disegnare secondo la pittura tradizionale
tibetana su tele arrotolabili.
http://www.tibetanthangkapainting.com
gyamtsholing.venezia@gmail.com
Per informazioni
Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252, 30122 Venezia
tel 041 2711411 fax 041 2711445
www.querinistampalia.it
ufficiostampa@querinistampalia.org
martedì 13 novembre 2012
La prima volta in India?
da un mio viaggio indiano |
lunedì 12 novembre 2012
Diwali e Tihar
La mia preghiera. 2009 |
Il re divino Rama torna ad Ayodhya dopo 14 anni di esilio. Con lui la fedele sposa Sita.
Il termine dipawali, dal quale diwali, proviene dal sanscrito dipa, lampade, e avali, file. La fila di luci è quella che accoglie il ritorno del re, il trionfo della luce della conoscenza sull'oscura ignoranza.
Il secondo giorno, il Choti diwali, piccolo diwali, si celebra il ritorno di Krisna da Pragyotishpur, in Nepal, dove il dio ha sconfitto il demone Narakasur. Al suo rientro il dio è lavato, oliato e profumato dalla sue donne. In ricordo di tali riti si è soliti svegliarsi all'alba per un bagno rituale e segnare la fronte con il sindur.In Nepal questo secondo giorno prende il nome di Vahada Bhairava e le particolari attenzioni vengono date ai cani agghindati e nutriti con affetto.
La vera festa delle luci ci sarà il terzo giorno di festeggiamenti, giovedì, quando la luce verrà esposta in ogni casa per segnare la strada alla dea Lakshmi. Il giorno successivo segna l'inizio del Vikram-Samvat, il calendario introdotto dal re Vikramaditya. Tale calendario è valido tutt'oggi in Nepal.Secondo i Vishnu-purana in tale giorno si celebra la fine del monsone e la benedizione dei raccolti.
Il quinto giorno si celebra il bhav bij, il bhai tika in nepalese. Questa festa è particolarmente significativa: celebra la visita che Yama, il dio della morte, fece a sua sorella Yami. Per l'occasione Yami pose sulla sua fronte il tilak e preparò cibi deliziosi. In ricordo di questo lieto incontro il dio decise che chiunque avesse ricevuto doni e benedizioni dalle sorelle non sarebbe mai stato colpito dalla sfortuna. La cerimonia della tika viene celebrata con grande enfasi, soprattutto in Nepal. L'estensione dell'identità di sorella viene data spesso anche in assenza di determinati rapporti sanguinei..
Il nome nepalese della festa di Diwali e Tihar. Se ne è parlato qui e qui
Le tradizioni nepalesi seguono i ritmi agricoli e danno molta importanza agli animali. Nei primi tre giorni festivi vengono ricordati con attenzione i corvi, i cani, le mucche.
Gar ma Laxmi ko baas hos
Satruko naas hos
harek kamana fulfil hos
beer ko karsat hos
tihar ko shubhakamana khas hos
Che Lakshmi porti luce, prosperità e ricchezza a tutti
lunedì 5 novembre 2012
Shining India, Alka Saraogi
Shining in inglese significa lucente. Quello che
brilla in questo nuovo libro di Alka Saraogi tradotto da Marco Zolli, è il volto di un’India nuova, abbagliata dal
progresso, dalla tecnologia, dalla sete di successo e dall’arrivismo sul
mercato. Ma l’India nuova e scintillante avverte l’inadeguatezza all’interno di
questa corsa senza vinti e vincitori.
Il
lucente abbaglio è anche quello del ruolo che si riveste nella società. Quelli
che sembrano facilmente collocati in una dinamica di ruggente crescita si scoprono inadeguati,
spogliati di ogni riconoscimento umano, sociale, sentimentale. Il top manager
con la soluzione sempre pronta è anche l’uomo che si mette in discussione, che
si scopre incapace ad amare o troppo coinvolto da un sentimento del quale non
conosceva l’esistenza. Non c’è tempo per il cuore in un’India che avanza
ruggente come “tigre sul mercato”.
Ma
il lucente abbaglio è anche quello che offusca la nostra vista rispetto al
conoscere realmente chi abbiamo davanti.
L’amico, la compagna di una vita, il confidente: chi conosciamo?Chi ci conosce?
Cosa sveliamo di noi stessi? Qual è il vero volto delle persone che
consideriamo importanti nella nostra vita? Quanto li conosciamo e quanto loro
conoscono noi? In alcuni momenti la lucentezza delle nostre convinzioni viene
meno e il bagliore fa spazio a scoperte inaspettate. Quella nuova luce ci
acceca, ci stordisce fino a farci negare l’evidenza, perché le nuove scoperte,
il crollo delle certezze, può essere doloroso e ferire il nostro ego.
Il
volto naturalistico e sognante dell’India fa spazio a scenari industriali dove
un bacino d’acqua coperto di vegetazione
si trasforma nel luogo che accoglie la spazzatura di Calcutta. Ma
Saraogi fa scintillare tutti i volti dell’India e volge lo sguardo verso la
montagna e i luoghi di fuga dell’uomo moderno. La fuga arriva fino al Nepal,
fino alle strade di Kathmandu, al lago di Pokhara e ai tramonti di Muganling. Il Nepal rappresenta quell’esotismo e quella
primordiale dimensione dove quell’uomo moderno sicuro di sé può perdere se
stesso. In queste fughe nella natura si avverte la necessità di una ricerca. Il
destino dell’uomo sembra essere quello
di “cercare di rimediare alla mancanza di qualcosa sostituendola con qualcos’altro.
Ma non sempre funziona”.
Bangalore,
Hyderabad, Chennai, Tirupur scintillano nel loro fulgente progresso. Anche l’ecologia
diventa mercato e le multinazionali elaborano un modo per ottenere carbon
credit da vendere all’Occidente riducendo le emissioni di monossido di carbonio.
Idee scintillanti che guardano avanti. “L’India è una paese di un miliardo di
persone che sogna all’unisono. Chi in piccolo e chi troppo in grande”. “L’elefante
indiano si è rimesso in piedi da un bel po’”. “Sono lontani i giorni in cui,
incatenato, lo si poteva tener buono con una banana ed altri espedienti del
genere”.”Un giorno l’India sarà una gallina dalle uova d’oro”.
Come
in molti romanzi di Saraogi la storia parte lentamente, i personaggi si
delineano in fugaci pennellate e sembrano arrivare a compimento solo nelle
ultime pagine. L’India scintillante è quella dei club, della crescita economica,
delle multinazionali, ma è anche quella degli uomini, delle loro debolezze, del
rispetto della tradizione e della religiosità.
Gli uomini della shining India cambiano lavoro, città e certezze.
Il manager spregiudicato è al tempo stesso il brahmino tamil legato alle
tradizioni. Il successo e la sicurezza si dissolvono davanti alla semplicità
dei più elementari sentimenti umani,
quelle luci che non sono sul mercato e
che il denaro non può comprare.
La
riflessione sul senso dell’amore, che va
oltre i canoni sociali imposti, si alterna all’aridità di una dinamica
relazionale nella quale ogni rapporto è fugace, dove non ci si può fidare di
nessuno perché colui che ti è accanto invidia il tuo successo e le tue
capacità. Il timore dell’attacco e del
tradimento determina una chiusura alla libertà di amare e capire l’altro.
Dentro
ogni uomo se ne cela una altro. L’eccesso di autocontrollo non fa che nascondere
le fragilità; altri fuggono da loro stessi, dalle loro stesse capacità o cercano conforto in punti di riferimenti
esterni così che Guruchan diventa Guru, il maestro inconscio di una vita che si
vuole vivere laicamente.
L’India
scintilla nella sua nuova fiammante dimensione capitalistica. AL suo interno,
tra quel bagliore, ogni anima cerca di trovare se stessa e forse la troppa luce impedisce un percorso
senza ostacoli.
Alka
Saraogi, Shining India, Neri Pozza 2012
Traduzione
dall’hindi di Marco Zolli
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martedì 30 ottobre 2012
Gai Jatra: la festa colorata dei morti in Nepal
Si
avvicinano le festività cristiane legate ai santi e ai morti. Fin dal Medioevo
la morte è spesso stata vissuta e interpretata in un’ottica di angoscia e
negazione.
Anche
questa festa, come molte altre, ha un corrispettivo in Oriente. In Nepal, come
in molte parti dell’Asia, si festeggia il Gai Jatra o Festival della mucca. La
festività cade in estate ma molte sono
le affinità con le nostre ricorrenze novembrine.
I
bambini, gli unici rappresentanti della purezza e dell’innocenza, si travestono
da divinità . Chi da piccolo Krisna con il flauto, chi da novello sadhu, chi da
Shiva in azzurra sembianza. Trucco marcato agli occhi, curiosi e colorati
cappellini insieme a tante ghirlande di fiori. Ognuno si traveste come meglio
può. Tra i bambini c’è anche qualche sadhu vero, prontamente cacciato via dalla
polizia. Oggi la festa è per i bimbi e i defunti! Le offerte andranno solo a
loro. Per le strade di Kathmandu centinaia di persone in processione seguono le
mucche. Anche oggi è la loro giornata speciale: decorazioni, carezze e tanto
cibo.
Le
mucche, così come i bimbi, vengono nutriti in ogni angolo delle strade. I bimbi si rimpinzano di dolciumi e le loro
bocche sono riempite di latte e miele
dai passanti. Benedire loro significa benedire gli dei.
In
questa giornata si ricordano i morti dell’anno passato. A partire dal Gai Jatra
nessuna lacrima verrà più versata per il caro estinto; la sua anima ha preso
una nuova direzione e i vivi non possono che rallegrarsene.
In
questa folla disordinata e chiassosa, tra piedi scalzi e rulli di tamburi, i
newari si distinguono per la loro regalità. Indossano cappellini neri e sfilano
fieri e composti. Tra loro le bambine sono truccate come la Kumari, la dea
vivente. Gli altri hindu nepalesi nutrono un profondo rispetto per la cultura
newari; riconoscono la loro precisione nel culto e nella tradizione.
Non
si piange per la morte. Le famiglie sfilano in processione con la foto del loro
caro recentemente scomparso. Da oggi niente lacrime. La grazia degli dei, il
tocco delle sacre mucche e le offerte ai bimbi divini cancellano ogni
sofferenza.
Gai
Jatra è una festa chiassosa, dolciastra e coloratissima. La morte lascia il
posto alla vita. Le vite concluse rivivono entusiaste negli occhi dei bimbi
festanti. Alla fine della giornata rimarrà un sorriso e, molto spesso, qualche indigestione per i
troppi dolci.
Le foto si riferiscono all'ultimo Gai Jatra al quale ho partecipato, il 5 Agosto 2013
Le foto si riferiscono all'ultimo Gai Jatra al quale ho partecipato, il 5 Agosto 2013
lunedì 29 ottobre 2012
La corruzione e la burocrazia indiane
Ottenere qualcosa di semplice significa fare file estenuanti, scontrarsi con persone che fanno finta di non capire, combattere con una politica corrotta dove ognuno fa i suoi interessi.
Gli uomini semplici non comprendono tali dinamiche. Una negazione, un disinteressamento, il frutto di una corruzione radicata possono significare perdere tutto quando si vive in povertà.
Ogni piccolo movimento diventa un fardello inestricabile della burocrazia e l'uomo semplice, il puro, non può che rimanere stupito davanti alla constatazione che esiste la possibilità di "non lavorare", di "far finta di lavorare". Per l'uomo semplice lavorare significa sopravvivere. La burocrazia complicata e la corruzione sono incomprensibili.
Un capolavoro lontano che rispecchia parte del'India, e dell'Italia, anche di oggi.
lunedì 22 ottobre 2012
57...La primavera tibetana
57......................................................................................
"LA PRIMAVERA TIBETANA NON FINIRA'.. ANCHE SE I GOVERNI INTERNAZIONALI SCELGONO DI IGNORARLA" (Free Tibet)
da Asia news |
"LA PRIMAVERA TIBETANA NON FINIRA'.. ANCHE SE I GOVERNI INTERNAZIONALI SCELGONO DI IGNORARLA" (Free Tibet)
Addio Chopra!
La "malattia dei ricchi", l'epidemia di dengue che sta devastando Delhi e Bombay, ha ucciso il regista Yash Chopra. Un mostro sacro del cinema di Bollywood.
Chi conosce i suoi film ricorderà successi come "Deewar", "Silsila", "Chandni", "Darr". Il suo ultimo capolavoro è, a mio avviso, "Veer Zaara": un film che ha fatto un po' la nuova storia del cinema in India. Una storia d'amore ma anche una riflessione storica e sociale. Il film si trova poco in India.In Nepal è praticamente impossibile. Mi piace pensare che sia andato a ruba.....
domenica 21 ottobre 2012
Happy Dashain 2013
La veranda davanti casa |
L'albero della preghiera e del riposo salendo verso Lamatar |
venerdì 12 ottobre 2012
Dashain: Durga e Kali
Arriva Dashain. Ogni anno mi fa piacere ricordarlo.
Anche quest'anno ci si appresta a festeggiare Durga.
Spesso si fa un po' di confusione tra Durga e Kali. Generalmente ci si riferisce a Parvati, la consorte o paredra di Shiva, incarnazione della Dea-Madre. Il ricorso alla divinità femminile intesa come madre è antichissimo. Quella hindu non è la Dea-Madre di tipo semitico venerata nell'Asia occidentale.
La Dea-Madre hindu ha però conservato il carattere di dea della guerra. E' la divinità che combatte e stermina gli Asura, nemici dei Deva. E' significativo il fatto che il culto di Durga, accompagnato da sacrifici animali, sia sopravvissuto soltanto nelle regioni in cui era o è rintracciabile un'aristocrazia hindu come il Nepal o il Bengala.
Il culto della Dea-Madre si trova ben illustrato nel Markandeya Purana.
Sul piano generico non esiste alcuna differenza tra Durga e Kali. Sono diversi l'iconografia e il culto.
Durga è spesso rappresentata con 10 armi e nell'atto di trafiggere il petto di Mahisha. Ha un'espressione benigna e il volto sorridente. Il corpo di solito è giallo o d'oro, arricchito da sontuosi abiti. In India si è soliti festeggiare la dea costruendone il simulacro e gettandolo poi in acqua, l'acqua che tutto trasporta e tutto purifica.
Kali è invece la "nera", la dea terrificante. Nel Rig Veda viene definita come una delle sette lingue nere di Agni, il dio del fuoco. Kali è la distruttrice, ma tale distruzione porta nuova vita, nuova generazione. E' rappresentata come dea nuda: l'assenza di abiti evidenzia la mancanza di ogni maya, di ogni illusione. Anche le sue 4 braccia reggono strumenti di morte.
Morte e vita. Distruzione e creazione. Come Durga, la Dea-Madre dispensa prosperità e cibo al genere umano. In questa veste diventa Annapurna, "Colei che è carica di cibo". Questa manifestazione è particolarmente sentita in Nepal.
Il culto di Kali è inoltre legato al tantrismo e alle pratiche esoteriche e sessuali. Si tratta di un culto particolarmente complesso.Alcuni testi antichi hindu del VIII sec d.C. parlano di sacrifici umani o di stupri virginali praticati presso le antiche comunità. Oggi tali pratiche sono vietate e scomparse. L'esoterismo tantrico collegato a Kali fa riferimento alla divinità intesa come Chhinnamasta (la decapitata) che calpesta il corpo di Kama, il dio dell'amore, e di sua moglie Rati.
Durante il Dashain si festeggia Durga apportatrice di prosperità e Kali come assetata di sangue. I sacrifici animali servono a placare la sua sete.
Gli hindu nepalesi mi hanno sempre detto:"Kali, la nera, ascolta sempre le tue preghiere e le esaudisce. Ma bada a non ringraziarla mai, mai. Se la ringrazi si vendicherà!". Mi guardo bene dal farlo! Buon Dashain
Anche quest'anno ci si appresta a festeggiare Durga.
Spesso si fa un po' di confusione tra Durga e Kali. Generalmente ci si riferisce a Parvati, la consorte o paredra di Shiva, incarnazione della Dea-Madre. Il ricorso alla divinità femminile intesa come madre è antichissimo. Quella hindu non è la Dea-Madre di tipo semitico venerata nell'Asia occidentale.
La Dea-Madre hindu ha però conservato il carattere di dea della guerra. E' la divinità che combatte e stermina gli Asura, nemici dei Deva. E' significativo il fatto che il culto di Durga, accompagnato da sacrifici animali, sia sopravvissuto soltanto nelle regioni in cui era o è rintracciabile un'aristocrazia hindu come il Nepal o il Bengala.
Il culto della Dea-Madre si trova ben illustrato nel Markandeya Purana.
Sul piano generico non esiste alcuna differenza tra Durga e Kali. Sono diversi l'iconografia e il culto.
Durga è spesso rappresentata con 10 armi e nell'atto di trafiggere il petto di Mahisha. Ha un'espressione benigna e il volto sorridente. Il corpo di solito è giallo o d'oro, arricchito da sontuosi abiti. In India si è soliti festeggiare la dea costruendone il simulacro e gettandolo poi in acqua, l'acqua che tutto trasporta e tutto purifica.
Kali è invece la "nera", la dea terrificante. Nel Rig Veda viene definita come una delle sette lingue nere di Agni, il dio del fuoco. Kali è la distruttrice, ma tale distruzione porta nuova vita, nuova generazione. E' rappresentata come dea nuda: l'assenza di abiti evidenzia la mancanza di ogni maya, di ogni illusione. Anche le sue 4 braccia reggono strumenti di morte.
Morte e vita. Distruzione e creazione. Come Durga, la Dea-Madre dispensa prosperità e cibo al genere umano. In questa veste diventa Annapurna, "Colei che è carica di cibo". Questa manifestazione è particolarmente sentita in Nepal.
Il culto di Kali è inoltre legato al tantrismo e alle pratiche esoteriche e sessuali. Si tratta di un culto particolarmente complesso.Alcuni testi antichi hindu del VIII sec d.C. parlano di sacrifici umani o di stupri virginali praticati presso le antiche comunità. Oggi tali pratiche sono vietate e scomparse. L'esoterismo tantrico collegato a Kali fa riferimento alla divinità intesa come Chhinnamasta (la decapitata) che calpesta il corpo di Kama, il dio dell'amore, e di sua moglie Rati.
Durante il Dashain si festeggia Durga apportatrice di prosperità e Kali come assetata di sangue. I sacrifici animali servono a placare la sua sete.
Gli hindu nepalesi mi hanno sempre detto:"Kali, la nera, ascolta sempre le tue preghiere e le esaudisce. Ma bada a non ringraziarla mai, mai. Se la ringrazi si vendicherà!". Mi guardo bene dal farlo! Buon Dashain
mercoledì 10 ottobre 2012
Le grotte celesti del Nepal
dal National Geographic |
da National Geographic |
E' finalmente in edicola il numero del National Geographic di cui avevo parlato qualche giorno fa.
Vale la pena di sfogliarlo e leggerlo.
Condivido qualche immagine della rivista e qualche scatto personale
Il Kaligandaki visto da Chusang |
Parte del percorso condiviso con National Geographic.
20 muli e decine di portatori solo per l'attrezzatura
martedì 9 ottobre 2012
Una cena nepalese
Le risaie vicino a casa |
In cucina ci si siede sulle stuoiette intrecciate da Laxmi. Stasera c'è un grande menù per il mio arrivo. Maya ha comprato la carne al bazar.
Mentre giro il dal sulla stufetta alimentata a torsoli di pannocchie, Deepak mi fa decine di domande in nepalese. E' lì di passaggio, ospite dalla famiglia degli zii: domani ha un esame al college e da Lamatar il bus locale parte ad un orario più accettabile. Il mio arrivo lo costringerà a dormire nel tea shop. Non importa; è troppo incuriosito da questa piccola donna dalla pelle olivastra che parla la sua lingua. Le domande si affastellano l'una all'altra. Non ho il tempo di rispondere. Maya sorride soddisfatta ma mi invita a non smettere di girare il dal che altrimenti si attacca alla pentola, l'unica pentola della famiglia che servirà per scaldare o cucinare il resto.
Lamatar, Agosto 2012 |
Si mangia insieme, tutti insieme. Ognuno con il suo stile. Laxmi composta e delicata. Surya un po' brutalmente. Maya un po' rumorosamente così come gli altri fratelli e il papà silenzioso con le parole. Prima di cominciare Surya mi chiede quello che da nuovo capofamiglia mi chiede sempre: laviamoci le mani insieme. Faccio parte della famiglia e userò la loro acqua. Lui sorride soddisfatto. Adesso sono pura.
Mi sento davvero a casa.
In alcune famiglie hindu del Nepal o dell'India una serata come questa non sarebbe tollerata dalla famiglia stessa e dalla comunità di villaggio limitrofa. Generalmente sarei una fuoricasta. Mangiare sotto lo stesso tetto è inconcepibile. Questa regola non vale solo per i brahmani; nelle comunità rurali il principio si estende a tutte le differenze castali. Quello che si rischia è la perdita dello status, il non riconoscimento sociale.
Tutte le regole della vita hindu traggono origine dalla legge sacra o Dharma Sastra contenuta negl iantichi testi come il Manhu Sambhita e il Parasara Sambita.
Il buon hindu, ancora oggi, rispetta l'achara, il buon comportamento e il vichara, il discernimento nell'agire.
Che gli hindu in passato non fossero prevalentemente vegetariani lo sappiamo di certo. Anche nel Mahabharata si fa spesso riferimento a banchetti a base di carne. In una delle sue iscrizioni l'imperatore Asoka precisa che prima della sua conversione al buddhismo venivano macellati migliaia di animali. In sanscrito il temine che designa il cuoco è supakara, colui che cucina il brodo. E il brodo, almeno nelle antiche scritture, non è quello vegetale, il brodo è di carne. La carne è anche il piatto migliore che si può offrire ad un rishi, un saggio. In molti racconti mitologici si racconta di queste visite e di come ci si dovesse prodigare per la preparazione di un banchetto adeguato.
Paradossalmente in passato la carne di pollo era un tabù. Oggi in India e in Nepal la carne di pollo, insieme a quella di bufalo, è invece una valida alternativa alla carne bovina.
Anche il pesce veniva disprezzato. Vishnu nella sua prima incarnazione era stato un pesce, e non si poeva certo mangiare il Dio. Oggi invece il pesce è considerata prelibatezza in Nepal e in stati indiani come il Kerala, Goa o il Bengala. I nepalesi sono ghiottissimi di pesce ma probabilmente molti di loro non ne hanno mai assaggiato di fresco oppure sono abituati a quello di fiume.
In Nepal il vegetarianesimo puro si è poco sviluppato. I newari, convertiti al buddhismo, sono dei grandi mangiatori di carne. Le basse temperature e il lavoro duro nei campi richiedono all'organismo un sostentamento adeguato. Ma la carne costa molto e si conserva male senza frigorifero così, come nella nostra Italia pre-boom economico, la si consuma raramente, per le occasioni speciali.
Il dharma sastra impone tante limitazioni. Davanti a membri di caste diverse non si potrebbe, in teoria, consumare cibo cotto o bere acqua o liquidi in genere. Solo il latte fa eccezione, purchè non sia bollito. Il cibo o l'acqua si contaminano. Questa regola in Nepal, come già accennato, è valida in molte caste, anche in quelle medie. Molti brahmani, ancora oggi, preferiscono mangiare in stanze separate, anche nei ristoranti e negli alberghi. A volte vengono fatte delle purificazioni generiche prima del pasto spruzzando acqua intorno al piatto o lanciando pezzetti di sacro tulsi, basilico.
Ma nella mia casa nepalese la mia purificazione è fatta insieme ai membri della mia famiglia, non per la mia famiglia. Mi purifico io come si purificano loro. Si mangia sotto lo stesso tetto, seduti sulla stessa terra battuta; si mangia con le mani e con lo stesso fumo negli occhi, il fumo provocato dall'assenza di quella canna fumaria che non sono ancora riuscita a far fare nella mia casa nepalese.
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giovedì 4 ottobre 2012
Gayatri aurorale
(Om, bhur-bhuvah-svar)
Tat Savitur-varenyam
bhargo-devasya dhimahi
dhiyo yo nah prachodayat
Sono le 4 e 08 quando sento Laxmi alzarsi dal letto in veranda; scosta la zanzariera e poggia delicatamente i piedi sul pavimento di terra battuta per non svegliare i fratelli. Fuori è ancora buio e la vegetazione tropicale sembra non essersi ancora destata. Solo il bufalo, Chori, è sveglio e biascica la sua erba con serena rassegnazione.
L'intero villaggio dorme ma tante piccole ombre si muovono furtivamente. Sono le donne di Lamatar.
Laxmi, insieme alle altre fanciulle della sua casta, si sveglia presto per lavarsi lontana da occhi indiscreti. Dopo la purificazione giungerà il momento del lavoro: la preparazione del tè per la famiglia e la macinazione delle spezie fresche utili al pranzo.
Le donne di casta brahmana, separatamente rispetto agli uomini, recitano il loro Gayatri.
Nella mia traduzione :
Riceviamo lo splendore adorabile di Savitri (il sole)
Possa risvegliare le nostre menti
Si tratta di un invito alla mente affinchè possa essere aperta alla parola divina.
Nessun Sudra può pronunciare queste parole. Il brahmino le recita con la massima gravità e reverenza, attraverso quello che in sancrito è definito sraddha.
Solo 2 donne a Lamatar conoscono il Gayatri
In Nepal, come in alcune zone dell'India, la divisione di casta è forte.
Ogni famiglia ha un'immagine divina in casa. I più ricchi hanno acquistato un piccolo quadretto di Shiva a Trishuli Bazar. I più tradizionalisti o anziani pregano davanti ad un consunto lingam o un fossile di ammonite simbolo materiale di Visnu o Narayan.
Nel piccolo tempio di Lamatar non c'è nessuna immagine, il sindur confonde le forme e per un momento nessuna differenza di casta sembra possibile.
I Gayatri più intensi li ho visti in India, a Varanasi. Le prime luci dell'alba colpiscono la pelle lucida immersa nel Gange, nella madre Durga. Le donne, anche le più anziane, sfilano in processione con i loro piccoli orci in ottone. Anche le vedove giungono al fiume per purificarsi. Fino a sera nessuno le potrà più toccare. Ogni tocco o sguardo indiscreto renderà necessaria una nuova purificazione.
Un nuovo giorno sta per cominciare in Nepal e in India. Lo stesso sole illuminerà quella terra. Quel sole che in queste settimane rimane visibile per tutta la giornata dopo la lunga stagione monsonica. La luce e il calore sono gli stessi ma i riti sono diversi. Quella di Laxmi è una preghiera rapida, cucita nel profondo del cuore. Quella della vedova d brahmana è bagnata e solenne. Il sole bacerà entrambe, con lo stesso calore
Tat Savitur-varenyam
bhargo-devasya dhimahi
dhiyo yo nah prachodayat
Sono le 4 e 08 quando sento Laxmi alzarsi dal letto in veranda; scosta la zanzariera e poggia delicatamente i piedi sul pavimento di terra battuta per non svegliare i fratelli. Fuori è ancora buio e la vegetazione tropicale sembra non essersi ancora destata. Solo il bufalo, Chori, è sveglio e biascica la sua erba con serena rassegnazione.
L'intero villaggio dorme ma tante piccole ombre si muovono furtivamente. Sono le donne di Lamatar.
Laxmi, insieme alle altre fanciulle della sua casta, si sveglia presto per lavarsi lontana da occhi indiscreti. Dopo la purificazione giungerà il momento del lavoro: la preparazione del tè per la famiglia e la macinazione delle spezie fresche utili al pranzo.
Le donne di casta brahmana, separatamente rispetto agli uomini, recitano il loro Gayatri.
Nella mia traduzione :
Riceviamo lo splendore adorabile di Savitri (il sole)
Possa risvegliare le nostre menti
Si tratta di un invito alla mente affinchè possa essere aperta alla parola divina.
Nessun Sudra può pronunciare queste parole. Il brahmino le recita con la massima gravità e reverenza, attraverso quello che in sancrito è definito sraddha.
Solo 2 donne a Lamatar conoscono il Gayatri
In Nepal, come in alcune zone dell'India, la divisione di casta è forte.
Ogni famiglia ha un'immagine divina in casa. I più ricchi hanno acquistato un piccolo quadretto di Shiva a Trishuli Bazar. I più tradizionalisti o anziani pregano davanti ad un consunto lingam o un fossile di ammonite simbolo materiale di Visnu o Narayan.
Nel piccolo tempio di Lamatar non c'è nessuna immagine, il sindur confonde le forme e per un momento nessuna differenza di casta sembra possibile.
I Gayatri più intensi li ho visti in India, a Varanasi. Le prime luci dell'alba colpiscono la pelle lucida immersa nel Gange, nella madre Durga. Le donne, anche le più anziane, sfilano in processione con i loro piccoli orci in ottone. Anche le vedove giungono al fiume per purificarsi. Fino a sera nessuno le potrà più toccare. Ogni tocco o sguardo indiscreto renderà necessaria una nuova purificazione.
Un nuovo giorno sta per cominciare in Nepal e in India. Lo stesso sole illuminerà quella terra. Quel sole che in queste settimane rimane visibile per tutta la giornata dopo la lunga stagione monsonica. La luce e il calore sono gli stessi ma i riti sono diversi. Quella di Laxmi è una preghiera rapida, cucita nel profondo del cuore. Quella della vedova d brahmana è bagnata e solenne. Il sole bacerà entrambe, con lo stesso calore
mercoledì 26 settembre 2012
Per chi ama il Nepal
Per gli amanti del Nepal segnalo in uscita il numero di Ottobre del National Geographic.
Il numero propone un interessante percorso in Mustang, a Lo Mantang. Inoltre ci sono belle immagini delle blue sheep mountains, così le chiamano i nepalesi.
Il Mustang è un luogo fuori dal tempo. Dal Piano degli eterni sospiri, il cui nome dovrebbe già trasmettervi l'intensità del luogo, si scorge in lontananza il Tibet.
Sono particolarmente interessata a questo numero del National Geographic perchè mi è capitato di condividere alcune tappe con la troupe. Aspettavo da tempo questa uscita perchè in fondo è stato anche uno dei miei viaggi in Nepal.
Buona lettura. Qui il link.
Il numero propone un interessante percorso in Mustang, a Lo Mantang. Inoltre ci sono belle immagini delle blue sheep mountains, così le chiamano i nepalesi.
Il Mustang è un luogo fuori dal tempo. Dal Piano degli eterni sospiri, il cui nome dovrebbe già trasmettervi l'intensità del luogo, si scorge in lontananza il Tibet.
Sono particolarmente interessata a questo numero del National Geographic perchè mi è capitato di condividere alcune tappe con la troupe. Aspettavo da tempo questa uscita perchè in fondo è stato anche uno dei miei viaggi in Nepal.
Buona lettura. Qui il link.
martedì 25 settembre 2012
Essere rifugiati e oppressi
Kathmndu, festival tibetano, luglio 2011 |
" Qui in Buthan non ci sono forme di schiavitù e sfruttamento, tutte le etnie sono considerate allo stesso livello".
Ma forse si accorge di aver fatto un passo falso perchè la mia domanda arriva più rapida della consapevolezza del suo errore.
"E cosa mi dici dei rifugiati nepalesi?"
"E' un problema che non esiste più, il governo lo ha risolto da anni".
E invece il problema c'è ancora. Ci sono i campi di buthanesi di origine nepalese in Nepal e ci sono i problemi diplomatatici tra i paesi che si occupano di questa interminabile vicenda.
Il Nepal, da buon stato cuscinetto, gestisce anche i rifugiati tibetani.
I rapporti di amicizia tra governo cinese e Nepal non sono certo un mistero; non ci sorprende quindi sapere che l'incontro più o meno segreto tra il segretario di Stato Usa per gli affari in Asia e il leader dei tibetani a Kathmandu venga visto malamente.
Alcuni nepalesi sono fermamente convinti del fatto che la CIA sia ancora operativa in Nepal e che il paese venga utilizzato come palestra di addestramento "politico" in vista di una possibile rivolta tibetana.
Ho avuto modo di parlare con vari giovani nepalesi, dall'estrazione culturale medio-alta, convinti del fatto che i monasteri tibetani nella valle di Kathmandu siano popolati da falsi monaci mandati dalla CIA, o addirittura dal governo indiano (forse con un piano sovversivo del Dalai Lama), per controllare la situazione dei tibetani in Nepal e gestire possibili azioni di rivolta. La vicinanza del Nepal con il Tibet è sicuramente un fatto innegabile ma l'ipotesi dei "finti monaci" sembra tratta da una spy-story di basso livello.
La situazione dei rifugiati nepalesi è spesso dura come quella dei rifugiati indiani: non possono avere documenti e cercare un lavoro è molto difficile.
Una cosa è certa: la Cina non starà certamente con le braccia conserte ad aspettare una rivolta di finti monaci.
Per il momento, purtroppo, una decisiva azione di rivolta sembra utopica.
Quello che rimane concreto è il numero di monaci che hanno scelto le fiamme piuttosto che la schiavitù del loro paese.
venerdì 21 settembre 2012
Bazar mein: la protesta in India
Dil ke bazar mein daulat nahi dekhi jaati,
Pyaar ho jaya to surat nahi dekhi jaati,
Ek hi insaan pe luta do sab kuch,
Kyoki pasand ho cheez to kimmat nahi dekhi jaati.
Così recita una nota canzone hindi. Eh si...il bazar, il mercato è il luogo dei tanti incontri e della vita attiva e brulicante dell'India. In questi giorni gli indiani manifestano il loro dissenso all'avanzare della globalizzazione e degli iper-mercati. Chi è stato in India o in oriente sa cosa rappresentano quei pittoreschi negozi, grandi o piccoli che siano, dove si vende un po' di tutto. Il bazar è il negozio, il dukan per eccellenza. E' il luogo dell'acquisto ma anche quello della chiacchierata mattutina, del chai di mezza giornata o del consiglio chiesto a quello che è il tuo dukandar da una vita.
L'apertura del mercato alle grandi multinazionali commerciali è una doccia fredda per i piccoli esercenti indiani. Ma la protesta non ha l'odore pungente delle spezie di un bazar, bensì quello di una cattiva aria politica riguardo un governo la cui stabilità è ormai agli sgoccioli. Il povero Singh riuscirà difficilmente a placare gli animi; gli indiani fanno poco affidamento su di lui, soprattutto dopo le accuse del Bjp secondo cui lo stato indiano avrebbe perso più di 30 miliardi di dollari svendendo le miniere di carbone nazionali tra il 2005 e il 2009; Singh a quei tempi era ministro del carbone.
Le proteste indiane non colpiscono solo i probabili Walmart. Voci accorate si levano anche su temi qualli il salario e il prezzo dell gasolio. Autunno caldo anche in India in vista di nuove ed anticipate elezioni?
Pyaar ho jaya to surat nahi dekhi jaati,
Ek hi insaan pe luta do sab kuch,
Kyoki pasand ho cheez to kimmat nahi dekhi jaati.
Così recita una nota canzone hindi. Eh si...il bazar, il mercato è il luogo dei tanti incontri e della vita attiva e brulicante dell'India. In questi giorni gli indiani manifestano il loro dissenso all'avanzare della globalizzazione e degli iper-mercati. Chi è stato in India o in oriente sa cosa rappresentano quei pittoreschi negozi, grandi o piccoli che siano, dove si vende un po' di tutto. Il bazar è il negozio, il dukan per eccellenza. E' il luogo dell'acquisto ma anche quello della chiacchierata mattutina, del chai di mezza giornata o del consiglio chiesto a quello che è il tuo dukandar da una vita.
L'apertura del mercato alle grandi multinazionali commerciali è una doccia fredda per i piccoli esercenti indiani. Ma la protesta non ha l'odore pungente delle spezie di un bazar, bensì quello di una cattiva aria politica riguardo un governo la cui stabilità è ormai agli sgoccioli. Il povero Singh riuscirà difficilmente a placare gli animi; gli indiani fanno poco affidamento su di lui, soprattutto dopo le accuse del Bjp secondo cui lo stato indiano avrebbe perso più di 30 miliardi di dollari svendendo le miniere di carbone nazionali tra il 2005 e il 2009; Singh a quei tempi era ministro del carbone.
Le proteste indiane non colpiscono solo i probabili Walmart. Voci accorate si levano anche su temi qualli il salario e il prezzo dell gasolio. Autunno caldo anche in India in vista di nuove ed anticipate elezioni?
martedì 18 settembre 2012
Teej in rosso
Questa mattina ci si è alzate al sorgere del sole e ci si è lavate per essere pure. Le donne sposate si sono vestite di rosso e hanno indossato i loro monili, il tilhari verde o la semplice mala verde-rossa e gialla. Il sindur deve essere ben visibile e preciso tra i capelli, segue la linea che dalla fronte sale verso la testa, un percorso deciso come quello dei pensieri rivolti all'amato.
Comincia il digiuno, ne avevamo già parlato qui.
Oggi le donne nepalesi ammorbidiscono la rigidità del digiuno: qualche frutto e un bicchiere di latte sono concessi ma non riso e, soprattutto, sale. Il sale dà sapore e oggi le donne fanno rinuncia per il bene e la salute del marito mentre le fanciulle non sposate attendono il futuro Shiva dei loro sogni, un uomo che sappia appagarle come il Dio.
Il pensiero oggi va a Lhaxmi e a Maya che danzano e cantano nel piccolo tempio davanti ai chya shop della piccola Lamatar.
martedì 11 settembre 2012
Dall'India di ieri all'Itala di oggi
"Oggi, democrazia significa inevitabilmente sicurezza sociale, uguaglianza d'opportunità, livelli di vita tollerabili e dignità dell'individuo. L'uomo non vive di solo pane, ma di pane ha certo bisogno per poter godere della propria libertà"
Indira Gandhi
Indira Gandhi
domenica 26 agosto 2012
Nepal: ferito da cobra,lo uccide a morsi. Uomo di 55 anni: ''ero troppo arrabbiato"
Era stato morso da un cobra. Preso dalla rabbia, lo ha inseguito e lo ha morso a sua volta fino ad ucciderlo. L'incredibile vicenda, raccontata oggi dal quotidiano Annapurna Post, è avvenuta in un villaggio a 200 km a sudest della capitale del Nepal, Kathamandu. A raccontarla, lo stesso malcapitato: l'uomo, Mohamed Salmo Miya, 55 anni, è stato morso dal serpente, ma invece di farsi subito curare lo ha inseguito, catturato e morso a sua volta fino a quando il rettile non è morto. "Potevo colpirlo con un bastone, ma ho preferito morderlo con i denti perché ero arrabbiato", ha raccontato al giornale. La polizia ha fatto sapere che Miya, che nel frattempo è stato curato e non è in pericolo di vita, non sarà incriminato per l'uccisione del cobra perché il rettile da lui ucciso non é nella lista delle specie a rischio estinzione in Nepal
(ansa.it)
Quello dei cobra è un grave problema in Nepal. A Lamatar, nel distretto di Nuwakot, ce ne sono molti. In questi giorni i giornali nepalesi riportano spesso la notizia riguardante persone morse dal temuto serpente, soprattutto bambini.
Il cobra è un animale sacro in Asia, soprattutto in Nepal. Morire morsi da un serpente non richiede la cremazione nel credo hindu. Ma incontrare un cobra mentre si passeggia tra le verdi e incantevoli risaie nepalesi non è di certo piacevole.
(ansa.it)
Quello dei cobra è un grave problema in Nepal. A Lamatar, nel distretto di Nuwakot, ce ne sono molti. In questi giorni i giornali nepalesi riportano spesso la notizia riguardante persone morse dal temuto serpente, soprattutto bambini.
Il cobra è un animale sacro in Asia, soprattutto in Nepal. Morire morsi da un serpente non richiede la cremazione nel credo hindu. Ma incontrare un cobra mentre si passeggia tra le verdi e incantevoli risaie nepalesi non è di certo piacevole.
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