domenica 26 agosto 2012

Nepal: ferito da cobra,lo uccide a morsi. Uomo di 55 anni: ''ero troppo arrabbiato"

Era stato morso da un cobra. Preso dalla rabbia, lo ha inseguito e lo ha morso a sua volta fino ad ucciderlo. L'incredibile vicenda, raccontata oggi dal quotidiano Annapurna Post, è avvenuta in un villaggio a 200 km a sudest della capitale del Nepal, Kathamandu. A raccontarla, lo stesso malcapitato: l'uomo, Mohamed Salmo Miya, 55 anni, è stato morso dal serpente, ma invece di farsi subito curare lo ha inseguito, catturato e morso a sua volta fino a quando il rettile non è morto. "Potevo colpirlo con un bastone, ma ho preferito morderlo con i denti perché ero arrabbiato", ha raccontato al giornale. La polizia ha fatto sapere che Miya, che nel frattempo è stato curato e non è in pericolo di vita, non sarà incriminato per l'uccisione del cobra perché il rettile da lui ucciso non é nella lista delle specie a rischio estinzione in Nepal
 (ansa.it)

Quello dei cobra è un grave problema in Nepal. A Lamatar, nel distretto di Nuwakot, ce ne sono molti. In questi giorni i giornali nepalesi riportano spesso la notizia riguardante persone morse dal temuto serpente, soprattutto bambini.
Il cobra è un animale sacro in Asia, soprattutto in Nepal. Morire morsi da un serpente non richiede la cremazione nel credo hindu. Ma incontrare un cobra mentre si passeggia tra le verdi e incantevoli risaie nepalesi non è di certo piacevole.

lunedì 13 agosto 2012

Bhutan: Il popolo della montagna



I bhutanesi, come molti popoli himalayan, sono tutti un sorriso. Si stanno progressivamente adeguando ai cambiamenti della societa'. Non ci sorprende dunque vedere delle bandiere di preghiera sui ripetitori telefonici posti su un passo montano.
Gli uomini indossano il gho, l'abito tradizionale simile al chuba tibetano; le donne il kira, un pezzo di stoffa lungo fino ai piedi avvolto intorno al una camicia di seta. Il tessuto e' fermato da una cintura e delle fibbie d'argento. Fino a qualche tempo fa il re imponeva tale costume a tutto il popolo. Oggi e' prescritto ai funzionari pubblici e ai membri della famiglia reale.  Le kabne, una sciarpa con un complesso sistema di pieghe, indica lo stato sociale.
I lotshampa, l'etnia nepalese del sud, hanno protestato aspramente, tra le altre cose, in merito all'utilizzo di tali abiti  tradizionali, pubblici o da cerimonia. Una curiosita': i motivi floreali non sono ben visti; da evitare anche il rosso, il giallo (riservati ai monaci) e le tinte unite in genere. Da prediligere sono i motivi geometrici, spesso con significato simbolico. Il Bhutan vanta un'ottima produzione di tessuti di qualita', anche se il commercio indiano e cinese sta giungendo prepotentemente anche nel mercato di Thimphu.

Nonostante il progresso della medicina, i bhutanesi seguono ancora quella  tradizionale. La varieta' floristica del paese permette lo sviluppo di cure alternative. Ogni anno arrivano medici da tutto il mondo per studiare i progressi e i segreti di questo incredibile popolo. Molti medici occidentali, spesso tedeschi o americani, hanno addirittura aperto delle piccole “cliniche” per studiare sul posto le erbe e i rimedi naturali applicati. Tra questi il piu' diffuso e' la moxabustione, un sorta di agopuntura  nella quale viene usato un ago d'oro  bruciato su un'erba chiamata moxa dagli incredibili effetti curativi. La scienza medica viene chiamata So-ba Rig pa e vede l'incrocio di alcuni elementi ayurvedici indiani insieme ai principi fondamentali della medicina tradizionale cinese. Vengono riprese le teorie degli umori del corpo e delle pulsazioni. La cura universale dei bhutanesi sembra pero' essere il tsha-chhu, il bagno termale, diffuso in molte case e alberghi oltre che in luoghi naturali; un momento di relax per dimenticare ogni disturbo e tornare felici.

I bhutanesi, come molti asiatici, sono un po' approssimativi in alcuni campi: pesi, misure, datazioni. E' difficile stabilire con esattezza quanto sia alto un monte o quanti anni abbia effettivamente una persona. La difficolta' del calcolo degli anni non deriva solo dal fatto che i bhutanesi, come i tibetani e molti altri buddhisti, fanno partire la vita dal giorno del concepimento. Il calendario bhutanese e' abbastanza complesso. Mediamente una data di riferimento stabile e sicura   coincide con il Loshar, il capodanno tibetano.
Anche nei nomi c'e' approssimazione. Nelle regioni settentrionali non vengono usati i cognomi. Ogni bambino riceve dai monaci 2 o 3 nomi di origine tibetana in base ai quali e' spesso molto difficile stabilire se ci si riferisce ad un uomo o ad una donna. Dove vivono le etnie nepalesi o indiane il sistema dei cognomi torna regolare. Non e' dunque raro incontrare nomi legati alle caste come Sharma, Rai o Gurung.
Chi sta a contatto con i bhutanesi non puo' che sorridere. Forse il sorriso viene meno quando si sta a tavola. Il peperoncino, verde e rosso, e' cucinato e servito come se fosse una qualsiasi verdura. Gli indiani amanti dei piu' piccanti masala sono dei dilettanti a confronto!

I Lhotshampa, i nepalesi del Bhutan




Lhotshampa significa letteralmente “ la gente del confine meridionale”, si tratta di immigrati nepalesi che cominciarono ad insediarsi nel sud del Bhutan all'inizio del 900. Le etnie nepali formano il 25% della popolazione bhutanese e il nepali e' la seconda lingua piu' parlata e la terza insegnata nelle scuole elementari.

Le prime, evidenti, difficolta' di integrazione si sono avute  partire dagli anni 50' quando, sull'onda del successo indiano e nepalese, anche in Bhutan sorse un Congress Party. I nepalesi vedevano nel partito un alleato per ottenere piu' diritti. Ma le cose non andarono esattamente come si era previsto. Il partito si sciolse presto e i nepalesi cominciarono ad accusare il governo bhutanese di discriminazione gonfiando spesso incredibilmente il numero di feriti o di morti ( in verita' sono 2 sono stati accertati) causati  negli scontri e nelle manifestazioni di protesta.

Oggi gli oriundi nepalesi hanno la cittadinanza, una rappresentanza nell'Assemblea nazionale e  liberta' di culto ma le differenze con i drupka,  i bhutanesi, sono ancora fortissime. Tali differenze hanno portato a rivolte civili di una certa consistenza nel corso degli anni 80' quando il Bhutan ha cominciato ad applicare il driglam namzha, un rigido sistema di norme per le autorita' monastiche e i funzionari pubblici che impone l'uso di abiti tradizionali, i tempi di visita degli dzong, le formule di cortesia da usare, la postura per mangiare. Tali norme furono adottate per preservare le tradizioni bhutanesi ma, come e' ben intuibile, risultarono sgradite alla minoranza nepalese a maggioranza hindu. In quegli stessi anni venne anche  abolita la lingua nepali nelle scuole.
Per rimarcare la tradizione drupka,nel 1988 venne promosso un censimento volto ad accertare la presenza di clandestini nel paese o piu' semplicemente di coloro che non potevano attestare la loro presenza nel paese prima del 1958. Per avere pienamente la cittadinanza era necessario dimostrare di aver pagato le tasse anche prima del 1958.  La guerra civile scatenata da queste premesse determino' l'emigrazione di decine di migliaia di bhutanesi di origine nepalese. In verita' i  lhotshampa non lasciarono il Bhutan spontaneamente; furono spinti verso il confine indiano dagli ufficiali bhutanesi. Un esodo forzato di 80000 persone, circa il 15 % della totale popolazione  di allora del paese, una vera e propria pulizia etnica che, confrontata con quelle balcaniche di quegli anni, non ebbe nessuna risonanza.  L'Unhcr, in accordo con il governo nepalese, organizzo' sette campi profughi nei distretti sudorientali di Jhapa e Morang.
 Tra le migliaia dei campi profughi, un'inchiesta dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Politici, una piccolissima percentuale ha rivelato le caratteristiche di “rifugiati in buona fede”, quindi liberi di rientrare in Bhutan o di risiedervi senza condizioni. Oltre il 70 % dei “rifugiati” di Khudunabari  rientra nella categoria di “emigrati di propria volonta'”. Questo secondo gruppo, rientrando in Bhutan potrebbe, in teoria, risiedere in campi speciali e avere un lavoro (nella costruzione di strade). Per riottenere la cittadinanza dovrebbero essere “in prova” per due anni al termine dei quali dovrebbero dimostrare di parlare la lingua dzongkha, di non aver mai parlato male del Bhutan e della famiglia reale e di non aver lasciato il paese nel periodo di prova. Dal 2007 circa 60000 rifugiati sono stai accolti da altri paesi occidentali come Stati Uniti,Canada, Australia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Gran Bretagna.
Fino ad oggi il Bhutan ha respinto 15 tentativi di negoziato inoltrati dal governo nepalese.
Un fil alto coadiuvato da 4,3 miliardi di dollari  e un reddito pro capite di quasi 2000 dollari ma l'ombra della pulizia etnica rimane sul regno del drago tonante.