Visualizzazione post con etichetta violenza in India. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta violenza in India. Mostra tutti i post

venerdì 21 marzo 2014

Addio Khushwant Singh


Non è arrivato per poco a 100 anni lo scrittore Khushwant Singh morto ieri a Delhi. Lo ricordiamo per gli splendidi romanzi, tra cui l'indimenticabile Quel treno per il Pakistan, e i numerossissimi racconti editi per la Penguin . Singh era sicuramente uno degli scrittori più importanti dell'India  moderna. Attraversando un secolo ha potuto raccontare la tragedia della partizione e la decadenza di una cultura ( Delhi).
Con  lui se ne va una figura di spicco, caparbia e coraggiosa. Il coraggio di saper uscire dal coro, di saper raccontare la crudezza e il limite della violenza.  Come, e forse più di lui, a rendere la tragicità della parzizione è riuscito solo Saadat Hasan Manto (morto di alcolismo a soli 43 anni).
Nel paese che, a volte scioccamente e presuntuosamente, l'Occidente vede come solo "spirituale", Singh si dichiarava ufficialmente agnostico e rivendicava il suo disprezzo per ogni forma di religione organizzata.
"One can be a saintly person without believing in God and a detestable villain believing in him. In my personalised religion, There Is No God!" (The God, the bad and the ridicolous)
Ma è sua una staordinaria Storia dei sikh del 1967 e la volontà di affermare la necessità di uno stato laico. Quella di Singh, come  quella  di S. Rushdie, è la voce scomoda dell'intellettuale che sa usare una lingua diversa e accusare le false ideologie, l'idolatria e il perbenismo legato ad un'appartenenza comunitaria spesso falsa e perversa. In questi giorni di campagna elettorale, tra i toni del nazionalismo marcatamente intollerante e fondamentalista, scompare la voce saggia di chi ha visto con i propri occhi lo scorrere degli anni cruciali per l'India. E la sua oggettività, la sua reale conoscenza dei fatti,  si tace nei giorni che vedono riemergere antiche e profonde intolleranze di matrice religiosa.
In Train to Pakistan riecheggiavano le grida  e il silenzio di giorni altrettanto folli. Così apre il suo testo:

 "Muslims said the Hindus had planned and started the killing. According to the Hindus, the Muslims were to blame. The fact is, both sides killed. Both shot and stabbed and speared and clubbed. Both tortured. Both raped." (W. Singh, Train to Pakistan)

Ma Singh verrà ricordato anche per il coraggio dei temi affrontati, per l'esplicito riferimento a situazioni e fatti marcatamente erotici altrimenti visti come tabu nella società indiana (La compagnia delle donne). Con un linguaggio delicato e letterario, Singh descrive con naturalezza prostitute, amanti e travestiti. Non c'è volgarità, oscenità, pornografia delle sue parole. Le sue pagine raccontano la naturalezza di gesti e sensazioni umane.
Una produzione ricchissima, la vita, la morte, il piacere, la vecchiaia, la libertà, la violenza e l'ardore. Addio Khushwant Singh.

giovedì 23 gennaio 2014

Le donne che sopravvivono in India


Negare la nascita di una donna equivale a negare la vita stessa!
Le donne che oggi sopravvivono in Asia   hanno davanti un futuro sempre meno  roseo.
Qual è il futuro delle donne oggi? Arriva dall'India l'ennesima storia di violenza. Una giovane ragazza e l'amore proibito per un giovane di una religione differente. Gli anziani del villaggio decidono di punirli. Ma lei non ha 25000 rupie per pagare la sua colpa. Così la sua punizione viene convertita con lo stupro di gruppo da parte dei mebri della commissione accusatrice. Ogni commeto  a tutto ciò oggi appare inutile.

lunedì 20 gennaio 2014

Stupri, stupri, stupri! Ancora stupri!

Donne indiane, Delhi metro, Luglio 2013
Cosa succede in India?
Il caso di stupro di gruppo dello scorso anno sembrava aver mosso le coscienze dell'India. Sembrava quasi che il paese avesse preso consapevolezza del suo male. La commissione Verma, appositamente istituita per l'efferato evento, ha lavorato per mesi al fine di modificare la legge che punisce gli stupri. La pena di morte prevista per uno supro caratterizzato da un'accentuata brutalità è stata rigettata con la seguente giustificazione: una legge che punisce con la morte rischia di cadere lei stessa nella brutalità.
Siamo forse ai tempi di Cesare Beccaria? Stiamo ancora discutendo se sia lecito o illecito applicare la pena di morte, i miseri 7 anni di carcere  o l'ergastolo. E mentre perdiamo tempo  in queste discussioni i casi di stupro in India aumentano selvaggiamente.
Il più recente è quello di un'impiegata stuprata da un "branco" all'uscita dal lavoro presso un centro commerciale a Calcutta. Le 19.30 di sera, un taxi collettivo, una zona commerciale e affollata. In quale rischiosa situazione si è messa questa giovane donna di Calcutta?
E quale errore avrà mai commesso la donna danese di 51 anni che all'inizio di Gennaio è stata stuprata da 8 uomini perchè aveva chiesto informazioni per raggiungere il suo albergo nella zona di Paharganj? O la diciottenne tedesca che viaggiava in treno per raggiungere la onlus per la quale lavorava? O, ancora, quella polacca, anestetizzata e  violentata da un taxista davanti alla sua bambina di due anni?
Quale errore compie mai una donna che va a lavorare, che prende un taxi o che chiede un'informazione per strada? Dove stiamo arrivando?
Cosa c'è di così represso oggi nella società indiana? Da dove nasce tutta questa violenza?
Molti dicono che la responsabilità è attribuibile a quelle convenzioni sociali  e religiose che reprimono la spontaneità sessuale. Quale repressione sociale può giustificare una violenza? Come si può, in questi temini, giustificare violenze perpetrate ai danni di bambine di 12 anni? Non si può essere così repressi sessualmente da dover ad ogni costo violentare una ragazzina!
Quali sono i bisogni degli uomini indiani? Chi può credere che una delle più interessanti e profonde civiltà orientali sia finita in un vortice di volgarità e violenza così efferata?
Non possiamo credere neanche alla giustificazione portata dal fatto che gli aborti selettivi  e i femminicidi hanno fatto diminuire  così drasticamente il numero delle donne da rendere necessario il ricorso alla violenza per soddisfare i propri animaleschi bisogni.
Non possiamo credere di essere giunti in un'era nella quale lo scenario è quello di Matrubhoomi, il film di Manish Jha che sconvolse il paese nel  2003 perchè posto davanti alla sua mostruosità.
E non crediamo neanche a quelli che sostengono il non allarmismo; coloro per i quali in realtà non c'è nessuna emergenza perchè di stupri in India ce ne sono sempre stati, e numerosi. In questa ottica l'aumento di questi ultimi tempi sarebbe solo dato dall'attenzione data dai mezzi di comunicazione.
Non crediamo a questa posizione perchè significherebbe accettare come naturale una situazione inaccettabile. Non ci crediamo perchè i mezzi di comunicazione stanno solo facendo il loro lavoro, diventando l'unico strumento inalterato e incorrompibile di protesta.
In cosa crediamo? Crediamo che la società indiana abbia un problema e che il governo debba prendere provvedimenti. Seri provedimenti.
I blandi indurimenti delle pene hanno determinato un'inversione. I branchi si dirigono ancor più verso gruppi  socialmente inferiori, verso quelle donne che mai e poi mai denuncerebbero uno stupro. Quante volte abbiamo letto di donne di casta bassa violentate  ripetutamente dai palizziotti presso i quali avevano tentato di sporge la loro denuncia di stupro. Quegli stessi polizziotti si fanno corrompere e lavorano loscamente per far trovare tra le parti un accordo, una pacificazione. Come può una donna accettare una pacificazione con chi ha abusato di lei? Della sua dignità? della sua persona?
Accetterebbe mai un uomo, violentato con uno strumento doloroso, di perdonare il suo assalitore? Verrebbe messa a tacere la cosa?
Lo stupro è diventato tristemente arma di guerra e  ferita nel cuore della società odierna.
Una società dove succede tutto questo è la stessa dove la "mano morta" su un autobus, davanti a tutti, viene tollerta. Chi vede, spesso le stesse donne, si  girano dalla parte opposta e fanno finta di non vedere.Chi subisce rimane spesso in silenzio. Chi agisce rimane impunito. Rimane una ferita nell'anima nella prima e la sicurezza di poter agire come si vuole nel secondo. Con questi presupposti la società indiana rifiuta e sbeffeggia la maternità, la femminilità delle sue origini; la profonda essenza della madre terra India, che è femminile, fertile  e generosa. L'affronto alle donne indiane è l'affronto al cuore della terra madre che accoglie un popolo ora offuscato dal progresso economico  e dall'onnipotenza.

martedì 7 maggio 2013

La forza dell'unità e le donne indiane

Canto di guerra
"Il mondo intero sta cambiando, sorella mia, ma se tu non cambi, cosa accadrà?
Ora il governo ti aiuta a mandare i tuoi figli alla scuola, ma se non sali anche tu, sul treno dell'educazione, chi ti rispetterà?
Io ti ho mostrato molte strade, sorella mia, ma se non ne imbocchi alcuna cosa accadrà?
Oggi ci sono leggi che ti proteggono, non ci sono più caste, nè alte nè basse, le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, ma se ti insultano, ti molestano o ti picchiano e non dici nulla, chi protesterà per te?
Il mondo intero sta cambiando, sorella mia, ma se tu non cambi, cosa accadrà?
Io ti ho spiegato le nuove regole, ma se non le diffondi anche tu, chi le spiegherà alle tue figlie?
Io son qui per voi, sorelle mie, per darvi coraggio, ma se non fate di tutto per restare motivate, che posso fare , io sola, di più?"
                                                                                           Sampat Pal, Con il sari rosa, pag.120

L'India. l'Italia, gli Stati Uniti. che differenza c'è oggi tra questi paesi? Il femminicidio e la violenza sulle donne non hanno latitudine o longitudine. Ci nascondiamo dietro un falso progresso, una falsa istruzione, un intellettualismo esasperato che nasconde solo un'unica verità. La violenza. E non fa differenza se si tratta di uno schiaffo, uno stupro, un omicidio o un lento e perpetuo schiacciamento della dignità e integrità individuali. Il risultato è lo stesso. Ferite non rimarginabili. Madri, mogli, figlie, sorelle. Quanti compiti difficili.
Un passo indietro nella storia e compare una donna: Pandora, Eva, Elena di Troia, Draupadi, Sita. Di chi è la colpa? Chi vuole cercare una colpa? Perchè? Cosa si finge di proteggere? Quello che poi si vuole distruggere?


Gulabi in hindi significa rosa. Un colore prettamente femminile. Chissa poi perchè. Quello della Gulabi Gang in Uttar Pradesh non è il rosa sbiadito delle bambole o degli oggetti frivoli ma quello potente e vivo di un gruppo che ormai ha al suo seguito decine di migliaia di donne dal 2006 ad oggi. Un gruppo che crede nell'unità e nella forza, nei diritti e nell'autonomia femminile. Un gruppo che si batte contro i matrimoni delle bambine, gli abusi e  il dilagare della corruzione in India, quella spina che sembra entrare più vigorosamente nel fianco femminile. Un gruppo. Semplici donne che dicono basta. Che non chiacchierano ma agiscono. A capo di questo esercito rosa c'è una piccola donna con una forza inarrestabile.

venerdì 3 maggio 2013

Le donne in India. Matrubhoomi. A nation without woman


Matrubhoomi. a nation without woman (2003)
Negli ultimi 100 anni in India sono scomparse 35 milioni di donne, vittime di un'illogica violenza  decisa alla nascita.
Questo film, difficile da vedere in India, é il limite di una pratica ormai perpetrata da secoli
Il regista Manish Jha ha  ha avuto coraggio
L'estrema durezza della prima scena è l'overture di una tragica storia impietosamente vera  per milioni di donne in India..e non solo
Dedico  questo film a tutte le donne che hanno subito violenza, soprusi e oppressione, di qualsiasi genere


mercoledì 23 gennaio 2013

Donne nepalesi

Le figlie di Kisun Naue
Queste bimbe non vedranno più la loro mamma. Il peso di una cultura malvagia ha strappato loro l'attenzione di Kisun Naue, una donna di Nwalparasi (Lumbini). 26 anni, due figlie  e il peso di aver messo al mondo un'altra femminuccia. Il timore del commento negativo della comunità, le pressioni della famiglia, le preoccupazioni per la futura dote e la superstizione hanno portato Kisun a cospargersi di kerosene e a darsi fuoco. Ogni anno in Nepal migliaia di donne muoiono in circostanze tragiche, vittime di omicidio, misteriose scomparse o  forzati suicidi. La causa di tutto questo è tra le pieghe di una società che vede ancora la donna come essere inferiore. Le donne del Nepal, le donne dell'India, le donne del Bangladesh, le donne......

lunedì 7 gennaio 2013

Basta con la violenza!

Anche in Nepal, come in India, sono cominciate le proteste contro la violenza sulle donne. Qualche settimana fa, all'Aeroporto Interazionale di Kathmandu, una giovane ragazza migrante di ritorno nella sua terra è stata violentata da un poliziotto. Adescata con la scusa di un controllo di routine è stata violentata e picchiata. Tre giorni fa , a Nord di Kathmandu, un ragazzo di 23 anni ha provato a violentare una bimba di 6 anni. 6 ANNI! Ora gli attivisti chiedono giustizia e lo fanno usando la tecnologia; on line è disponibile la petizione da inviare al Primo Ministro. Su twitter si rincorrono i messaggi che propongono di occupare la  residenza di Bhattarai.

Quello delle violenze è un problema grave che non esiste certo solo da oggi o dal 18 Dicembre, quando l'India sembra essersi svegliata. Qui le immagini forti di uno stupro e omicidio ai danni di due donne dalit nel 2010