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venerdì 11 settembre 2015

Le caste ieri e oggi

Quando si parla di caste anche i più ignoranti pensano all’ India. Il termine casta significa “puro”  e viene definito per nascita, per jati. Chi appartiene ad una famiglia hindu appartiene anche alla sua casta, al suo varna, il suo colore.
Secondo il Manu smirti, l’Esposizione dottrinale del dharma attribuita al progenitore della stirpe umana Manu, le caste si sarebbero determinate dallo smembramento di Parusa, l’uomo primordiale, l’uomo cosmico che, recitano i  i Veda, fu sacrificato per dare origine al mondo manifesto. Le caste principali sono essenzialmente quattro.
1- I Brahmani sono l’emanazione della bocca di Parusa. A loro è affidato il potere della parola. Equivalgono generalmente alla  casta sacerdotale  e/o che detiene il potere politico. Hanno diritto di dare, ricevere, sacrificare, studiare e trasmettere. Genericamente praticano il vegetarianesimo. Il loro varna, colore di riferimento, è il bianco.
2-Gli Ksatriya sono l’emanazione delle braccia di Parusa. Rappresentano la nobiltà guerriera e sono destinati alla protezione del popolo. Il loro varna di riferimento è il rosso.
3- I Vaisya sono l’emanazione delle cosce di Parusa e corrispondono alla casta dei contadini e degli artigiani. Il loro varna di riferimento è il giallo
4- I Sudra  sono l’emanazione dei piedi di Parusa. Sono addetti alle mansioni più umili e il loro compito è servire per sempre.
Al di fuori di questa quadripartizione troviamo i fuori casta, gli avarna, detti anche dalit (oppresso) intoccabili o paria. Essi rappresentano circa il 24% della popolazione e comprendono genericamente le comunità tribali originarie, gli  adivasi, gli omosessuali, gli eunuchi, gli zingari, gli handicappati o coloro che hanno alterazioni mentali insieme a coloro che hanno malattie infettive gravi. Vengono inoltre considerati paria anche tutti i an-arya, nati fuori dall’India. Gli intoccabili hanno una serie di divieti e preclusioni come quella di entrare nei templi, portare i sandali davanti a coloro cha appartengono ad una casta alta, bere nello stesso contenitore di un brahmano e così via.
Il sistema castale è noto come vanashrama dharma o sistema dei quattro colori. In india ci sono circa 4000 caste e sottocaste. Solitamente si identifica l’appartenenza dal cognome paterno, ma tale sistema non è sempre valido.
I tratti distintivi dell’appartenenza ad una casta sono: l’endogamia, l’ereditarietà della professionalità, la commensalità espressa in norme e tabù. Ogni hindu deve rispettare la propria casta tramite l’osservanza (achara)  e avere sempre il giusto discernimento nell’agire ( vichara). Nascere in una casta inferiore è cansiderata una punizione per le cattive azioni, e dunque il cattivo karma, accumulato nelle vite precedenti. Se i sudra si ribellano alla loro condizione rischiano di peggiorare il ciclo del loro samsara, delle loro reincarnazioni: la loro condizione di svantaggio sociale potrebbe peggiorare nelle vite successive.
Dal 1950 l’India ha introdotto una legge (l’Articolo 17) che vieta il concetto di intoccabilità e ciò che ne deriva.  Nel 2007 è stata fatta una proposta di legge per alzare al 27% la quota gli impieghi pubblici riservati agli appartenenti alle caste basse. Anche se la legge indiana proibisce la discriminazione di casta, il sistema castale è ancora molto forte. Secondo l’India human development survey, nel 2014 i matrimoni tra persone di caste diverse sono stati solo il 5% del totale. Oggi, in India, un dalit subisce un sopruso da una casta superiore ogni quindici minuti: stupri, assassini, sevizie o totale mancanza di rispetto e sicurezza. Ovviamente nelle comunità di villaggio questi episodi sono molto più comuni, ma le grandi città non sono esenti da tali fenomeni. I membri del panchyat, il consiglio di villaggio, infliggono spesso punizioni disumane verso i dalit che hanno trasgredito qualche norma di casta o hanno assunto atteggiamenti non adeguati. Spesso queste punizioni sono estreme e si concludono tragicamente. I fuori casta sono genericamente esclusi dalla vita sociale ma ciò non si verifica sempre, soprattutto negli ultimi anni. Basti ricordare che il dalit K.R.Narayan è stato presidente dell’India dal 1997 al 2002, così come sono dalit molti politici e uomi influenti indiani. Dagli anni 80’ il Bsp, il Partito della società maggioritaria si batte per il riconoscimento dei diritti delle sottocaste le quali, effettivamente, non sono una minoranza in India, tutt’altro!
Il quadro occupazionale legato alle caste oggi è un po’ cambiano. I brahmani non sono più solo sacersoti ed intellettuali. Spesso ricoprono ruoli politici importanti o sono inseriti preponderatamente nel sistema giudiziario e burocratico amministrativo. A detenere il potere economico sembrano invece essere i vaisya. Le norme a favore dei dalit funzionano solo marginalmente. Si tratta spesso di persone che non hanno terra in proprietà (70%) o che non hanno accesso all’istruzione superiore (solo il 30% può permettersi studi universitari). Va dunque da sé che l’accesso a incarichi lavorativi importanti risulta a prescindere difficoltoso, se non impossibile. Gandhi riteneva che il sistema delle caste indiano garantisse ordine e armonia; voleva un sistema castale senza gerarchie e aborriva l’intoccabilità. E’ davvero impossibile eliminare la gerarchia dal concetto di casta stesso?


mercoledì 2 ottobre 2013

Gandhi Jayanti

Gandhi Smirti, Delhi, Agosto 2013
Il 2 Ottobre 1869 nasceva Mohandas Karamchand Gandhi, la grande anima dell'India; guardava per la prima volta la sua terra a Porbandar, una cittadina del Gujarat
L'impronta che questo piccolo, grande uomo ha lasciato è profonda e importante. Ancora oggi, per gli indiani, Gandhi è Bapu, il padre della nazione.
Ma non sempre i figli ascoltano il loro padre. Nel 2009 Bhikhu Parekh scriveva su Limes: Cosa penserebbe Bapu se tornasse oggi in India? Lo Stato per il quale il Mahatma si era battuto e che aveva tanto amato oggi calpesta i principi del maestro. Corruzione, povertà, indifferenza e ignoranza rispecchiano il fallimento del progetto originario. 
La spartizione, le violenze, i massacri del Gajarat, della sua terra di origine.
E un mese fa è tornato anche l'incubo di Ayodhya: 38 persone sono morte negli scontri tra musulmani e indù a Muzaffarnagar, nell'Uttar Pradesh.



Dove sono i principi di pace e non violenza? Dove è finita oggi la memoria di Gandhi?
Rimaniamo fiduciosi per il futuro, quello di un grande popolo che sa sempre ripartire e mettersi in discussione.

mercoledì 30 gennaio 2013

Gandhi ki jai!




"Non c'è occasione in cui le donne debbano considerarsi subordinate agli uomini. Le lingue proclamano che la donna è la metà dell'uomo e, a sua parità di ragionamento, l'omo è la metà della donna. Essi non sono due entità separate, ma la metà di una sola cosa." (Harijan, 23 marzo 1947, p.80)
Cosa sarebbe oggi l'India o il mondo intero se ci fossero realmente tanti piccoli Gandhi come questi?
"Le donne sono le speciali custodi di tutto ciò che vi è di puro e religioso  nella vita. Conservatrici per natura, se sono lente  a liberarsi dalle abitudini superstiziose, sono anche lente a rinunciare a tutto ciò che è puro e nobile nella vita" (Harijan, 25 marzo 1933, p.2)

Mahatma Gandhi. 30 Gennaio 1948. 30 Gennaio 2013


lunedì 3 dicembre 2012

Moderni Satyagraha. Gandhi e la letteratura

Il Satyagraha di Kudankulam
Il tempo dei Satyagraha gandhiani sembra essere ormai lontano. Eppure talvolta qualche eco sembra riaffiorare. Basti ricordare le recenti manifestazioni di dissenso della popolazione  in Tamil Nadu per la costruzione di una centrale nucleare  a Kudankulam. Ad Ottobre la popolazione locale ha inscenato momenti di disobbedienza civile i quali hanno richiesto l'intervento di 5000 guardie di sicurezza.Qui le immagini di un recente Satyagraha indiano. Qui gli aggiornamenti delle proteste.
Le proteste dal basso, l'organizzazione di semplici villaggi di contadini e pescatori riportano alla mente i tempi dell'Indipendenza e gli animi accesi dalle parole del Mahatma Gandhi.
In Kanthapura, romanzo di Raja Rao del 1938, si rintracciano gli stessi moti del cuore e dello spirito.
 Kanthapura è un villaggio del Karnataka  gestito da un patel ed intriso di una forte religiosità e da una forte  divisione castale. Qui la diffusione della protesta gandhiana assume sfumature religiose. I racconti del Mahabarata e del Ramayana  sembrano sovrapporsi a quelli di una lotta presente per la libertà e l'indipendenza. Le caste, inizialmente in opposizione tra di loro, si uniscono in un solo grido: Mahatma Gandhi ki jai!  E' una rivoluzione femminile quella del villaggio. I braccialetti di vetro, le sari e le loro labbra sono rotte nel tumulto di una protesta che si vuole pacifica e che il potere non riesce e vuole capire. La protesta pacifica è quella della marcia silenziosa, della iarda di cotone filato in casa con il charka, la ruota per filare, per determinare lo swadeshi, per boicottare i prodotti dei "visi rossi". La strada per la libertà è quella della non violenza, dell'ahimsa. Dopo la battaglia silenziosa appare una luce, quella dello swaraj, quella di un lontano Nerhu, "il sostenitore della distribuzione egualitaria".
La liberazione dll'India diventa la liberazione di Sita. Ram, libero, tornerà dall'esilio e Sita  sarà con lui, non più nelle grinfie del perfido Ravana. Ma in quel tempo l'India avrebbe dovuto attaversare una nuova bufera, uno scontro nel quale il nemico sarebbe stato il "fratello vicino".
Il primo romanzo indiano sull'indipennza è Murugan the tiller scritto nel 1927 da K.S. Venkataramani insieme a  Kandan the patriot. La figura di Gandhi e il suo impatto sulla storia dell'India comapare anche in Intoccabile di M.R. Anand, dove un giovane spazzino finisce inavvertitamente   tra la folla che attende l'arrivo del Mahatma  tornando poi verso casa con la coscienza della sua identità, una coscienza che  prima non sapeva neanche di possedere. Anche R.K. Narayan, in Aspettando il Mahatma mette in luce i difficili anni dell'Indipendenza e la figura gandhiana. La prospettiva è sempre quella di un giovane, un ventenne pigro e sognatore che si avvicina a Gandhi per un capriccio amoroso; la sua conversione ai principi di  verità e non violenza è dunque piuttosto superficiale. Non ci si sorprende infatti nel vederlo virare verso le idee e i principi più materialistici e violenti di Chandra Bose. Uno degli ultimi romanzi aventi Gandhi come protagonista, diretto o indiretto, è sicuramente Mira e il Mahatma di Sudhir Kakar . Si tratta della  vera storia di Madeline Slane, una giovane inglese che assunse il nome di Mira quando venne ammessa nell'ashram di Gandhi presso il  fiume Sabarmati. Il romanzo, magistralmente scritto, è in verità un collage di lettere, pagine di diario e testimonianze dirette dei più stretti collaboratori del Mahatma.

lunedì 26 novembre 2012

Per gli operai bangladesi

DHAKA, Bangladesh 


"Non taccio una distinzione netta o di qualsiasi tipo tra economia ed etica. L'economia che leda il benessere morale di un individuo o di una Nazione è immorale e, perciò, minacciosa. Così l'economia che permetta ad un paese di depredarne un altro è immorale. E' peccaminoso comprare e usare articoli fatti da lavoratori sfruttati"
Gandhi, Young India, 13 Ott 1921, p. 344

martedì 6 marzo 2012

Elezioni in India: il tramonto di una dinastia?

Grande flop per il Congress Party in India. Sembra proprio che Rahul, il rampollo della famiglia Gandhi, più che un delfino sia una trota o un salmone che tenta di risalire affannosamente la corrente. Ma la meta con la quale si confronta è quella di tre grandi natanti politici: il bisnonno Nerhu, la nonna Indira e la madre Sonia.
Questa mattina si è ufficializzato il risultato per il rinnovo della Camera bassa dei Parlamenti regionali in 5 stati: Goa, Manipur, Punjab, Uttar Pradesh e Uttarakhand.  In uno degli stati più popolosi dell’India, l’Uttar Pradesh, il Congress arriva fiaccamente solo in quarta posizione!  Davanti sfilano il Samajwady Party (socialisti), il Bahujan Samaj Party (centro –sinistra degli intoccabili) e BJB (centrodestra secondo partito in India). L’unico luogo dove il partito dei Gandhi sembra brillare è il lontano Manipur, uno stato remoto vicino il confine orientale con la Birmania.
Rahul ha preso solo qualche decina di seggi su 403 in Uttar Pradesh, lo stato dove ha fatto più campagna elettorale. Il partito è in difficoltà a causa dell’inflazione e della corruzione dilaganti.
Siamo forse al tramonto di una dinastia? In cosa ha sbagliato Rahul? Forse non ha il temperamento e la forza della nonna Indira. Forse è troppo vicino alla moderazione del padre Rajiv? Forse il “meticciato” italo-indiano piace poco al popolo hindustano, soprattutto dopo gli ultimi episodi con i marò indiani?
I risultati elettorali in Uttar Pradesh sono importanti perché anticipano le proiezioni per quelli federali nell’appuntamento ai seggi previsto per il 2014. Il governo Singh è debole e Sonia Gandhi malata.


Perché la dinastia Gandhi ha stancato gli indiani? Forse perché lo scintillante progresso fa credere alla popolazione di non aver più bisogno di un guru che li segua e protegga. Sono finiti i tempi in cui Indira veniva associata a Durga che cavalca una tigre. Dall’Indipendenza ad oggi questo non è certo il primo momento buio per la famiglia Gandhi, ma qualcosa sembra essere cambiato. In India si muore sempre di fame, c’è sempre l’analfabetismo e una povertà aberrante, ma negli animi si guarda avanti, si guarda al cambiamento.
I giornali indiani di partito attribuiscono la sconfitta a incomprensioni interne. Rahul viene definito non responsabile. La sua campagna elettorale è durata più di 3 anni. Ma forse si vuole troppo giustificare il rampollo Gandhi. In verità la famiglia avrebbe già pronto un sostituto, la sorella Priyanca. A quanto pare la giovane Gandhi sarebbe più apprezzata dall’elettorato indiano. Negli anni passati si è distinta per l’appoggio dato alla madre Sonia nelle ultime campagne elettorali. Ma i figli maschi, i primogeniti, hanno sempre la precedenza. Ma anche nelle famiglie importanti ci sono preferenze.E' il caso di Sanjay, fratello minore di Rajiv. Indira Gandhi era forse consapevole delle sue  dubbie doti politiche, basti ricordare lo sgombro di uno slum musulmano presso la moschea Jama Masjid o la politica di sterilizzazioni nel 1976. Dietro la dichiarazione dello Stato di Emergenza del 1975 molti vedono l'impronta del giovane figlio di Indira.


Forse anche  Rahul non ha la stoffa per fare il politico, così come non la aveva il padre assassinato dalle Tigri Tamil. Fino al 2004 il rampollo era un imprenditore che al massimo prestava la faccia e il nome per campagne di beneficienza o missioni diplomatiche. Anche a quel tempo le elezioni in Uttar Pradesh andarono maluccio: 10 seggi su 80!
La campagna elettorale di Rahul si basava sul favore alle classi meno privilegiate. Sembra di sentire l’eco della lotta alla povertà incoraggiata da Indira negli anni 70’. E’ di famiglia anche il vizio di essere arrestati: a maggio scorso Rahul è stato incarcerato per aver manifestato con dei contadini dell’Uttar Pradesh contro le multinazionali agricole. Il bisnonno Nerhu, in carcere per 9 anni, ne sarebbe stato fiero! Probabilmente le poche ore di carcere di Rahul non hanno avuto la stessa risonanza dei sacrifici di Nerhu. Il tema della povertà sembra inoltre superato. Le masse prestano forse più interesse al problema della corruzione sponsorizzato da Anna Hazare.


Forse la figura carismatica di Sonia è troppo difficile da eguagliare per Rahul. Troppo amata, quasi divinizzata. Quando sono in India il mio solo nome, l’unica cosa che ho in comune con la Maino oltre alla provenienza veneta, suscita ammirazione, adorazione.
Ma l’italianità di Sonia potrebbe essere uno dei fattori della disfatta elettorale del Congresso. 


L’episodio dei marò italiani è stato da molti collegato a questa tornata elettorale. Fare presa sulla negatività degli italiani “assassini di poveri marinai indiani” a molti è parsa una strategia politica. Molti ricorderanno le bandiere del BJP, il partito di destra nazionalista, sventolate davanti alla petroliera italiana. A sostegno di questa tesi ci sarebbe l’insistenza del governo locale affinchè il caso venga gestito da un tribunale indiano nonché la strana dinamica di tutto l’accaduto. E’ vero che il BJP ha attenuto un risultato migliore rispetto al Congress ma è anche vero che in Kerala si deve ancora votare.  Tutta la faccenda non è comunque una buona pubblicità per la dinastia italo-indiana Gandhi. In molti pensano ad un complotto politico ordito ad arte. Se ciò fosse avvalorabile dovremmo parlare di governi locali così corrotti da orchestrare omicidi e casi diplomatici internazionali per meri risultati elettorali. Ciò equivarrebbe inoltre a supporre che il governo locale del Kerala ha più influenza e potere di quello centrale. Ricordiamo che Delhi, nell’imminenza dell’accaduto, aveva minimizzato la portata dell’incidente. Dopo la presa di posizione del Kerala si è però cambiata opinione e le contrattazioni con il governo italiano sono diventate più difficili. E’ arrivata dunque a questa debolezza il potere di Delhi? Una cosa è vera: attualmente in Kerala la maggioranza del Congress è minima, irrisoria. Questi risultati, uniti alla questione dei marò, non preparano certo un buon campo elettorale e politico per la famiglia Gandhi. Il 18 Marzo il Kerala avrà comunque elezione suppletive per un seggio del Parlamento locale. Un’altra prova per il Congress, ma meno risonante rispetto a quella appena conclusasi in Uttar Pradesh.
Forse i Gandhi dovrebbero preoccuparsi di un altro pericolo per le prossime elezioni politiche. L’India va forse alla ricerca di una nuova aria politica, se di novità si può parlare, con il BJP. E’ infatti probabile che si determini una situazione  “Gandhi contro Gandhi”. Proprio così. Che sia Rhaul o che sia Priyanca a rappresentare il Congresso, all’opposizione potrebbe esserci il giovane cugino Varun, il figlio di Sanjay. Arriveremo a questo o la dinastia Gandhi si spegnerà prima (magari con meno spargimenti di sangue), come quella Kennedy?

martedì 11 gennaio 2011

Sincretismo impossibile

In occasione dei recenti attentati ai cristiani copti si è discusso molto a proposito delle intolleranze religiose, delle persecuzioni  di questi ultimi tempi.
Con una sommaria interpretazione sembrerebbe quasi che l'unica religione il cui culto è ostacolato sia quella cristiana, in tutte le sue forme.
In verità è opportuno riflettere sul fatto che il sincretismo pacifico è un qualcosa di profondamente difficile da realizzare, e non solo oggi.
La difficoltà da parte dell'uomo di vivere pacificamente rispettando le differenze altrui si è spesso nascosta dietro apparenti motivazioni di carattere territoriale, politico ed economico.
E' opportuno ricordare che a soffrire la persecuzione non sono solo i cristiani.
Gli esempi vicini e lontani sono innumerevoli. Si va dal genocidio alla "semplice" intolleranza, più o meno violenta.
Lo sterminio degli ebrei è solo il mesto e tragico finale di una diffidenza verso i semiti perpetrata per secoli da popolazioni in  tempi e loghi diversi.
Che dire poi delle crociate? Possiamo dire, oggi, che le motivazioni fossero solo di carattere economico -territoriale? Come interpretare la prospettiva di salvezza  eterna, per chi moriva in battaglia, proposta da Urbano II nel 1095.?
E gli armeni? Una minoranza tristemente sgradita ai turchi!
Ancora oggi il conflitto tra israeliani e palestinesi infiamma l'Oriente.
Per rimanere in ambito islamico, l'opposizione tra sciiti e sunniti non ha certo una valenza solo politica!
Dal 2007 si sottolinea la tragica condizione dei cristiani in India. In stati come l'Orissa, il Gujarat e il Karnataka gli episodi di intolleranza sono numerosissimi.
Ma chi è veramente "il cattivo"?
Il contrasto tra hindu e musulmani insanguina il paese da anni.
Le ingerenze dell'estrema destra hindu (e non solo) nel paese non sono certo un mistero.


  • Le migliaia di morti hindu e musulmane al momento dell'Indipendenza indiana
  • Il massacro sikh nel 1984
  • La distruzione della Babri Masjid nel 1992 ( fomentata dal BJP) e il massacro di musulmani del 1993 che ne è seguito
  • Il Pogrom musulmano in Gujarat nel 2002: la vendetta per il presunto attentato contro un treno che trasportava pellegrini hindu (53!)determinò la morte di 2.000 musulmani, lo stupro collettivo di centinaia di donne e lo sfollamento di 150.000 persone

Non ci sono buoni e cattivi. La verità è che non esiste una religione più perseguitata delle altre. Non esiste una religione più aggressiva o più terroristica. La verità sta nel fatto che l'uomo, per natura, vuole affermare se stesso.
Salman Rushdie, in una recente intervista, ha auspicato la possibilità di un mondo pacifico solo nell'eventualità che vengano eliminate le religioni. Ma l'uomo ha bisogno di Dio, quasi geneticamente, a qualsiasi longitudine. Fino a quando il nostro Dio, qualsiasi esso sia, vincerà sul "Dio-denaro", dobbiamo sforzarci di rendere la nostra convivenza il più possibile  tollerabile e tollerante.

Gandhi scriveva:

TUTTE LE FEDI SONO VERE E IMPERFETTE

mercoledì 19 maggio 2010

Il ruolo delle donne tra India e Torino: oltre i romanzi..













Una piccola stanza aperta ad ogni tipo di interferenza da parte dei più di 300.000 visitatori di tutta la manifestazione. E'stato questo lo sfondo dedicato all'India, paese ospite del salone internazionale del libro di Torino. Molti i nomi importanti, i libri presentati e commentati, le conferenze e gli incontri.
L'India, paese spesso associato unicamente a Gandhi e alle spezie, sta entrando lentamente all'interno di un nuovo immaginario collettivo. Non ci stupisce dunque se Ambarish Satwik, autore di Il basso ventre dell'Impero, chiede direttamente al pubblico: "Cosa vi interessa tanto di noi indiani? del nostro modo di vivere, delle nostre religioni, della nostra sessualità?".
Forse le curiosità del giovane e malizioso Ambarish non sono state soddisfatte dal Salone di Torino.
Ma il pubblico era realmente interessato. Un pubblico selezionato e fedele, quello degli eventi legati all'India; un pubblico che rimaneva volentieri in piedi, pressato e infastidito dalle mille voci estranee dei visitatori di passaggio davanti al PUNTO INDIA.
Gli ospiti, con più o meno fama, sono stati pazienti anche nelle occasioni limite di spazio e organizzazione: microfoni non funzionanti, traduttori che reinterpretavano liberamente (a volte cambiando le trame dei romanzi)o che si addossavano fisicamente agli autori per parlare al microfono, moderatori delle conferenze che non avevano letto il libro da presentare o si dimostravano scortesi con il pubblico che interveniva. Anche questo è Torino....
Tra le tante conferenze sono emerse prospettive interessanti: quella del rapporto con il potere, delle grandi megalopoli indiane ricche di ricchezze, miseria e contraddizioni e, non meno importante, quella delle donne.
Le donne indiane di Torino sono autrici emergenti come Tishani Doshi (Il piacere non può aspettare )e
Anuradha Roy (autrice del suo primo romanzo per Bompiani, L'atlante del desiderio) o già note al pubblico italiano, come Namita Devidayal (La stanza della musica)o Anita Nair,Radhika Jha ( L'odore del mondo e Il dono della dea), Anita Nair e Shobhaa Dé.
Autrici sicure e determinate.
L'idea che ci si costruisce di alcuni personaggi di un libro viene spesso smentita dai loro stessi inventori. R.Jha e A.Roy non definiscono infatti i loro personaggi femminili, espressioni della moderna India in continua evoluzione. La figura energica delle donne del villaggio descritte nei loro romanzi non è metafora universale di una nuova donna indiana che, in qualsiasi contesto, riesce ad emanciparsi ed affermare se stessa. Nessuna eco metaforica della nuova legge che vedrà, nell'India dei prossimi anni, il 33% del seggi del Parlamento assegnato di diritto alle donne. Le donne di Jha e Roy sono dunque, a loro stesso dire, solo donne non istruite ma molto forti. Con un po' di amaro in bocca preferiamo immaginare la possibilità di un riscatto generico e vincente che forse può trovare più spazio nell'onda rosa di Sampat Pal. Nel nuovo testo pubblicato da Piemme, Il sari rosa, un gruppo di donne, la Pink gang, porta avanti un movimento che dalle campagne, difende energicamente i diritti femminili.
Per quanto più acerba e tragica, la prospettiva femminile indiana presentata da Carlo Buldrini con Nel segno di Kali, sconvolge lo spettatore e fa riflettere.
Le parole del premio Nobel per l'economia A.Sen sono più che mai attuali e veritiere: "Qualsiasi cosa dici dell'India... è anche il suo contrario". La donna indiana è quellaforte e poco istruita dei romanzi di R.Jha; è quella griffata e sfacciata di Shobhaa Dé, è quella determinata e combattiva di Sampat Pal, ma è anche quella di cui ci parla Boldrini. Una donna che manifesta tutte le contraddizioni dell'India, che arriva ai vertici del potere ma che, ancora oggi, nel 2010, viene discriminata.
La diseguaglianza femminile indiana è quella della "natalità" (con gli aborti selettivi) e della "sopravvivenza" (con la malnutrizione e la preclusione all'istruzione). Nella prospettiva sociale e antropologica di Baldrini la donna indiana non è "un personaggio" da costruire, più o meno rispendente alle metafore economico-sociali che ognuno di noi può creare. Kali, la dea contraddittoria come la stessa India, la dea che crea e distrugge, nutre e uccide, è espressione di una donna che, pur non essendo personaggio, è rinchiusa all'interno di ruoli precostituiti, quelli di figlia (della quale liberarsi, sulla quale non si può contare per l'avvenire; per la quale la famiglia dovrà spendere una fortuna per la dote), di moglie e di madre (preferibilmente di un figlio maschio).
Ma l'India di Torino non è solo femminile.
Ci piace ricordare la simpatia di Swarlup, la dolcezza di Indra Sinha, la determinazione e la coerenza di Tarun Tejpal,l'ironico e crudo sarcasmo di Kiran Nagarkar e in fine, perchè no, la profondità dello sguardo di Altaf Tyrewala.
Anche questa è India..........