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venerdì 12 ottobre 2012

Dashain: Durga e Kali

Arriva Dashain. Ogni anno mi fa piacere ricordarlo.
Anche quest'anno ci si appresta a festeggiare Durga.
Spesso si fa un po' di confusione tra Durga e Kali. Generalmente ci si riferisce a Parvati, la consorte o paredra di Shiva, incarnazione della Dea-Madre. Il ricorso alla divinità femminile intesa come madre è antichissimo. Quella hindu non è la Dea-Madre di tipo semitico venerata nell'Asia occidentale.
La Dea-Madre hindu ha però conservato il carattere di dea della guerra. E' la divinità che combatte e stermina gli Asura, nemici dei Deva. E' significativo il fatto che il culto di Durga, accompagnato da sacrifici animali, sia sopravvissuto  soltanto nelle regioni in cui era o è rintracciabile un'aristocrazia hindu come il Nepal o il Bengala.
Il culto della Dea-Madre si trova ben illustrato nel  Markandeya Purana.
Sul piano generico non esiste alcuna differenza tra Durga e Kali. Sono diversi l'iconografia e il culto.
Durga è spesso rappresentata con 10 armi e nell'atto di trafiggere il petto di Mahisha. Ha un'espressione benigna e il volto sorridente. Il corpo di solito è giallo o d'oro, arricchito da sontuosi abiti. In India si è soliti festeggiare la dea costruendone il simulacro e gettandolo poi in acqua, l'acqua che tutto trasporta e tutto purifica.
Kali è invece la "nera", la dea terrificante. Nel Rig Veda viene definita come una delle sette lingue nere di Agni, il dio del fuoco. Kali è la distruttrice, ma tale distruzione porta nuova vita, nuova generazione. E' rappresentata come dea nuda: l'assenza di abiti evidenzia la mancanza di ogni maya, di ogni illusione. Anche le sue 4 braccia reggono strumenti di morte.
Morte e vita. Distruzione e creazione. Come Durga, la Dea-Madre dispensa prosperità e cibo al genere umano. In questa veste diventa Annapurna, "Colei che è carica di cibo". Questa manifestazione è particolarmente sentita in Nepal.
Il culto di Kali è inoltre legato al tantrismo e alle pratiche esoteriche e sessuali. Si tratta di un culto particolarmente complesso.Alcuni testi antichi hindu del VIII sec d.C. parlano di sacrifici umani o di stupri virginali praticati presso le antiche comunità. Oggi tali pratiche sono vietate e scomparse. L'esoterismo tantrico  collegato a Kali fa riferimento alla divinità intesa come Chhinnamasta (la decapitata) che calpesta il corpo di Kama, il dio dell'amore, e di sua moglie Rati.
Durante il Dashain si festeggia Durga apportatrice di prosperità e Kali come assetata di sangue. I sacrifici animali servono a placare la sua sete.
Gli hindu nepalesi mi hanno sempre detto:"Kali, la nera, ascolta sempre le tue preghiere e le esaudisce. Ma bada a non ringraziarla mai, mai. Se la ringrazi si vendicherà!". Mi guardo bene dal farlo! Buon Dashain

venerdì 8 ottobre 2010

Nepal: Happy Dashain!


Oggi in Nepal (e in altre zone dell'Asia come India e Thailandia) comincia Dashain, una festa hindu molto importante, forse al pari del Natale cristiano, che dura per piu' di 2 settimane. In realta' ci sono molti e diversi nomi per questa ricorrenza: Dasara, Bada Dashain, Vijaya Dashain, Durga Puja: tutti identificano il giorno della vittoria sui demoni.
Una storia riferita a questa vittoria e' evocata nel Ramayana. Ram sconfigge Ravan solo dopo aver invocato Durga. Si tratta del trionfo del bene sul male. Durga e' la dea madre. Colei che porta fortuna e luce, oltre che vita: la distruttrice della morte.
La regina incondizionata di questa festa e' Durga.
I pimi nove giorni (nawa ratri) sono quelli piu' importanti ed evocano lo scontro tra Durga e il demone Mahisasur, in forma di bufalo. La vittoria sulle forze demoniache, simbolizzata dalla luce, viene evocata negli ultimi 5 giorni.

Cosa succede in Nepal in questi giorni?
-Praticamente si ferma tutto: qualsiasi attivita'. Dieci giorni di puro relax e riposo nei quali ci si ricongiunge con i cari e con gli dei.
-Ovviamente si prega intensamente, si visitano templi e si fanno molte puja collettive e familiari.

Si e' soliti, come per il Natale, scambiarsi doni. L'articolo piu' gettonato e tradizionale e' il vestiario: gli abiti nuovi sono utili e simboleggiano la veste nuova dell'anno che sta per aprirsi, una nuova stagione dopo il monsone, quella dei raccolti, che ci si augura sia ricca e prospera.
Il governo nepalese assicura un salario aggiuntivo in occasione di questi acquisti extra, un equivalente della nostra tredicesima.

La tradizione culinaria vuole la sua parte. Per questo evento il consumo di carne aumenta esponenzialmente in Nepal. Un bene di lusso durante il resto dell'anno. Anche quest'usanza ricorda la nostra antica tradizione contadina.
Gli animali, capretti, bufali, polli o anatre, vengono solitamente acquistati vivi in qualche importante bazaar come Kalanki e Bag, per poi essere sacrificati in casa o al tempio: l'importante e' che si tratti di un'esperienza condivisa a livello familiare o comunitario. Il momento della preparazione della carne, che puo' durare anche 3 giorni, e' di estrema aggregazione e condivisione. Ma i piu' moderni e impegnati preferiscono comprare le pietanze carnivore direttamente dal macellaio!

A Dashain, come a Natale, ci si reicontra: si visitano familiari e amici vicini e lontani. Molti dei nepalesi che vivono a Kathmandu o all'estero, si sforzano di tornare nei loro villaggi di origine per ricongiungersi con con quel nucleo originario che la necessita' e la poverta' hanno tristemente sciolto. Trovare i biglietti di Aerei, e autobus non e' affatto facile!

L'incontro con familiari e amici e' suggellato con un augurio di bona fortuna, la tika, il segno rosso che la tradizione hindu vuole posto da una persona cara in fronte, nello spazio tra gli occhi. Il segno piu' importante e' quello dato dagli anziani ai giovani, dalla saggezza alla speranza nel futuro. Il caro pensiero deve essere simbolicamente accompagnato da un piccolo regalo monetario, di solito di piccola taglia, dalle 2 alle 20 rupie.


Come in molti paese asiatici e mediorientali, anche in Nepal i bambini fanno volare gli aquiloni. Quale miglior momento se non Dashain! Quando il celo e' tornato azzurro dopo il lungo monsone, l'umidita' sembra aver dato una tregua e il freddo ancora non e' giunto ad abbracciare tutta la valle di Kathmandu insieme alle sue vette vicine e lontane.

Accanto all'innocente gioco dei bambini c'e' anche quello meno lecito e pulito dei grandi: il gioco d'azzardo! Ovviamente non legale neanche in Nepal ma, alla fine il pokerino al tavolo verde del Natale lo facciamo anche noi! E non usiamo solo le la pasta a tubetti!

E se i cristiani fanno le cosiddette “pulizie di Pasqua, quello di Dashain e' il momento giusto per dare una spazzata DECISIVA in casa; alcune famiglie benestanti sono addirittura solite ridipingere totalmente le mura interne ed esterne della loro abitazione. Altri si limitano a decorare gli ingressi e il colore prevalente, ovviamente, e' il rosso.. In realta' queste pulizie hanno un significato religioso: la Devi entrera' piu' volentieri in una casa ben tenuta e agghindata, cosi' potra' portare piu' fortuna e prosperita'.

Oggi si celebra Ghatasthapana, la cerimonia del vaso. Un contenitore di argilla o terracotta viene messo in una stanza, riempito di acqua che rappresenta Durga, e coperto con sementi. Il vaso deve essere illuminato direttamente dal sole e posto a terra in un rettangolo di sabbia. I bramino, o il capo famiglia, visitano la stanza tutti i giorni. Le onne sono invitate a stare alla larga, cosi' come nelle cerimonie funebri. Si aspetteranno 15 giorni e la fine della festa che dovrebbe coincidere con il germogliare dei “Jamara”, i filamenti gialli che simbolizzano il raccolto che sta per arrivare.

Tra poco piu' di una settimana, l'ottavo giorno, sara' la volta di Maha Asthami, il giorno dei sacrifici animali in onore di Kali. I vegetariani e animalisti detestano questo giorno sanguinario!

Giornate intense attendono i nepalesi. Tanti Auguri!

mercoledì 19 maggio 2010

Il ruolo delle donne tra India e Torino: oltre i romanzi..













Una piccola stanza aperta ad ogni tipo di interferenza da parte dei più di 300.000 visitatori di tutta la manifestazione. E'stato questo lo sfondo dedicato all'India, paese ospite del salone internazionale del libro di Torino. Molti i nomi importanti, i libri presentati e commentati, le conferenze e gli incontri.
L'India, paese spesso associato unicamente a Gandhi e alle spezie, sta entrando lentamente all'interno di un nuovo immaginario collettivo. Non ci stupisce dunque se Ambarish Satwik, autore di Il basso ventre dell'Impero, chiede direttamente al pubblico: "Cosa vi interessa tanto di noi indiani? del nostro modo di vivere, delle nostre religioni, della nostra sessualità?".
Forse le curiosità del giovane e malizioso Ambarish non sono state soddisfatte dal Salone di Torino.
Ma il pubblico era realmente interessato. Un pubblico selezionato e fedele, quello degli eventi legati all'India; un pubblico che rimaneva volentieri in piedi, pressato e infastidito dalle mille voci estranee dei visitatori di passaggio davanti al PUNTO INDIA.
Gli ospiti, con più o meno fama, sono stati pazienti anche nelle occasioni limite di spazio e organizzazione: microfoni non funzionanti, traduttori che reinterpretavano liberamente (a volte cambiando le trame dei romanzi)o che si addossavano fisicamente agli autori per parlare al microfono, moderatori delle conferenze che non avevano letto il libro da presentare o si dimostravano scortesi con il pubblico che interveniva. Anche questo è Torino....
Tra le tante conferenze sono emerse prospettive interessanti: quella del rapporto con il potere, delle grandi megalopoli indiane ricche di ricchezze, miseria e contraddizioni e, non meno importante, quella delle donne.
Le donne indiane di Torino sono autrici emergenti come Tishani Doshi (Il piacere non può aspettare )e
Anuradha Roy (autrice del suo primo romanzo per Bompiani, L'atlante del desiderio) o già note al pubblico italiano, come Namita Devidayal (La stanza della musica)o Anita Nair,Radhika Jha ( L'odore del mondo e Il dono della dea), Anita Nair e Shobhaa Dé.
Autrici sicure e determinate.
L'idea che ci si costruisce di alcuni personaggi di un libro viene spesso smentita dai loro stessi inventori. R.Jha e A.Roy non definiscono infatti i loro personaggi femminili, espressioni della moderna India in continua evoluzione. La figura energica delle donne del villaggio descritte nei loro romanzi non è metafora universale di una nuova donna indiana che, in qualsiasi contesto, riesce ad emanciparsi ed affermare se stessa. Nessuna eco metaforica della nuova legge che vedrà, nell'India dei prossimi anni, il 33% del seggi del Parlamento assegnato di diritto alle donne. Le donne di Jha e Roy sono dunque, a loro stesso dire, solo donne non istruite ma molto forti. Con un po' di amaro in bocca preferiamo immaginare la possibilità di un riscatto generico e vincente che forse può trovare più spazio nell'onda rosa di Sampat Pal. Nel nuovo testo pubblicato da Piemme, Il sari rosa, un gruppo di donne, la Pink gang, porta avanti un movimento che dalle campagne, difende energicamente i diritti femminili.
Per quanto più acerba e tragica, la prospettiva femminile indiana presentata da Carlo Buldrini con Nel segno di Kali, sconvolge lo spettatore e fa riflettere.
Le parole del premio Nobel per l'economia A.Sen sono più che mai attuali e veritiere: "Qualsiasi cosa dici dell'India... è anche il suo contrario". La donna indiana è quellaforte e poco istruita dei romanzi di R.Jha; è quella griffata e sfacciata di Shobhaa Dé, è quella determinata e combattiva di Sampat Pal, ma è anche quella di cui ci parla Boldrini. Una donna che manifesta tutte le contraddizioni dell'India, che arriva ai vertici del potere ma che, ancora oggi, nel 2010, viene discriminata.
La diseguaglianza femminile indiana è quella della "natalità" (con gli aborti selettivi) e della "sopravvivenza" (con la malnutrizione e la preclusione all'istruzione). Nella prospettiva sociale e antropologica di Baldrini la donna indiana non è "un personaggio" da costruire, più o meno rispendente alle metafore economico-sociali che ognuno di noi può creare. Kali, la dea contraddittoria come la stessa India, la dea che crea e distrugge, nutre e uccide, è espressione di una donna che, pur non essendo personaggio, è rinchiusa all'interno di ruoli precostituiti, quelli di figlia (della quale liberarsi, sulla quale non si può contare per l'avvenire; per la quale la famiglia dovrà spendere una fortuna per la dote), di moglie e di madre (preferibilmente di un figlio maschio).
Ma l'India di Torino non è solo femminile.
Ci piace ricordare la simpatia di Swarlup, la dolcezza di Indra Sinha, la determinazione e la coerenza di Tarun Tejpal,l'ironico e crudo sarcasmo di Kiran Nagarkar e in fine, perchè no, la profondità dello sguardo di Altaf Tyrewala.
Anche questa è India..........