Visualizzazione post con etichetta Swarlup. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Swarlup. Mostra tutti i post

venerdì 15 aprile 2011

Letteratura indiana. K.Nagarkar: una piacevole chiacchierata a Venezia

Anche quest'anno Incroci di civilta' sbarca e Venezia con un calendario ricco di appuntamenti.  L'India ha il posto d'onore che ben merita.
Mercoledi' 13 ho avuto il piacere di partecipare all'incontro con Kiran Nagarkan presso la Fondazione Querini Stampalia.
Nagarkan e'noto al pubblico italiano per due romanzi di recente pubblicazione: Ravan & Eddie (per Metropoli d'Asia) e Piccolo soldato di Dio (per Rizzoli).

Un autore spesso scomodo per i temi affrontati, scomodo in India cosi' come in Italia. Molti dei suoi testi piu' belli non sono purtroppo tradotti in italiano, primo fra tutti  Cuckold, del 1997.
Con la consueta apparente timidezza, l'autore indiano ha sbaragliato il pubblico veneziano alternando momenti di sottile e gradevole ironia  a profonde e sagaci riflessioni sui temi piu' diversi.

Il mio ultimo incontro con Nagarkan risale al maggio scorso, al Salone Internazionale del libro di Torino dove ebbi modo di discutere con lui sulle ragioni del successo di un autore come Vikas Swarlup.

Anche quest'anno la crescita scintillante dell'India e' stata al centro delle riflessioni dell'autore: una visione ironica e al tempo stesso amara. L'india di oggi, la shining India- dice l'autore- non dovrebbe cercare fuori dai propri confini modelli sraordinari di cultura e santita'. I poeti e i santi indiani non hanno bisogno di esseri riconosciuti all'alto con lunghi processi di canonizzazione. Sono uomini normali che fanno cose sraordnarie.
Cosi come sono normali e straordinari i personaggi dei suoi libri: bambini o piccoli uomini che si pongono enormi domande sulla vita e su chi possa essere Dio. La risposa a queste domande non e' mai scontata e falsamente rassicurante. Al noto poeta indiano  Kabir,uno dei protagonisti di Piccolo soldato di Dio, non interessa conoscere realmente Dio, sapere se e' hindu o musulmano. Dio c'e' o potrebbe esserci e questo puo' bastare.

L'India di oggi non e' dunque spiritualismo esasperato, crescita economica ruggente o films bolliwodiani ricchi di musica e masala. Non e' solo questo.
L'India di oggi, dice Nagarkar, deve guardare  anche indietro e fare i conti con il proprio passato. L'Indipendenza, iniziata come reale lotta non violenta, non ha saputo perpetrare gli ideali che si era prefissata. Scrittori come lui fanno parte di quella generazione, si tratta dei figli della mezzanotte di Rusdhie, di coloro che avrebbero dovuto recuperare le origine indiane nascoste dalla soffocante presenza inglese. Si doveva allora scegliere e cambiare radicalmente il paese. Tenere il meglio, dimenticare il male. saper distinguere cio' che fu importante da cio' che fu degradante. Questo sguardo all'indietro, questa ricerca dell'autentico, e' processo non facile da realizzare pienamente. L'analisi  non e' stata pero' sempre soddisfacente e profiqua. Il limite dell'India attuale e' pero' quello di non riuscire a prendere coscienza di questo errore. Lo scintillio moderno dovrebbe impegnarsi nel superare alcune inaccettabili condizioni persistenti.
Le divisioni tra comunita' religiose, i fondamentalismi e le differenze sociali alla base dei testi di Nagarkan, descrivono un paese che porta su di se' i limiti del passato e dello slancio verso il futuro. Le sue sono "parabole senza messaggio"  he lasciano al lettore il tempo per capire e giudicare.


La letteratura-dice Nagarkan- e' una specie in via di estinzione che deve saper essere tagliente sui temi del vivere moderno, non solo su quello indiano. Il nostro limite maggiore e' quello di aver perso la capacita' di dialogare. Possiamo "incrociare le civilta' e le culture"  ma dobbiamo, al tempo stesso, riprendere il vero dialogo, quello della comunicazione, della parola, della reciproca empatia. Situazioni come quelle dell'India e del Pakistan,del Kashmir, della Palestina e di Isralele, sono il frutto della mancanza di coraggio, quello di riconoscere il limite della forza della nostra parola. Nel mondo-dice Ngarkar-c'e' troppa misantropia.

E in dulcis in fundo un'anticipazione: da poco l'autore ha finito di scrivere il suo nuovo libro, il seguito di Ravan & Eddie. L'autore non si lascia scappare molto sulla trama, si limita a definire il suo testo "strepitosamente ironico" e "ingannevole". Sappiamo per certo che  uno dei protagonisti principali, insieme ai due ragazzini, sara' Bollywood, il cinema indiano, definito amabilmente dallo scrittore "impossibile da imitare, perche' gia' parodia di se stesso". Ricordiamo che Nagarkan e' anche un critico cinematografico, drammaturgo e sceneggiatore. Lo stesso Ravan & Eddie era nato, nel 1994, come una sceneggiatura.

Nella lunga e piacevole discussione in privato che ho avuto con l'autore ho avuto qualche anticipazione ulteriore che, per ovvi motivi, non posso rilevare. Come al solito colpiscono, di questo "umile artigiano della parola", la semplicita' e spontaneita', il suo interesse verso la diversita' e complessita' umana, il suo volere conoscere meglio chi ha di fronte a se'.
E' questa attenzione verso l'altro che gli permette di descrivere cosi' bene la realta' nei suoi romanzi: il tempo e la parola non hanno confini.

mercoledì 19 maggio 2010

Il ruolo delle donne tra India e Torino: oltre i romanzi..













Una piccola stanza aperta ad ogni tipo di interferenza da parte dei più di 300.000 visitatori di tutta la manifestazione. E'stato questo lo sfondo dedicato all'India, paese ospite del salone internazionale del libro di Torino. Molti i nomi importanti, i libri presentati e commentati, le conferenze e gli incontri.
L'India, paese spesso associato unicamente a Gandhi e alle spezie, sta entrando lentamente all'interno di un nuovo immaginario collettivo. Non ci stupisce dunque se Ambarish Satwik, autore di Il basso ventre dell'Impero, chiede direttamente al pubblico: "Cosa vi interessa tanto di noi indiani? del nostro modo di vivere, delle nostre religioni, della nostra sessualità?".
Forse le curiosità del giovane e malizioso Ambarish non sono state soddisfatte dal Salone di Torino.
Ma il pubblico era realmente interessato. Un pubblico selezionato e fedele, quello degli eventi legati all'India; un pubblico che rimaneva volentieri in piedi, pressato e infastidito dalle mille voci estranee dei visitatori di passaggio davanti al PUNTO INDIA.
Gli ospiti, con più o meno fama, sono stati pazienti anche nelle occasioni limite di spazio e organizzazione: microfoni non funzionanti, traduttori che reinterpretavano liberamente (a volte cambiando le trame dei romanzi)o che si addossavano fisicamente agli autori per parlare al microfono, moderatori delle conferenze che non avevano letto il libro da presentare o si dimostravano scortesi con il pubblico che interveniva. Anche questo è Torino....
Tra le tante conferenze sono emerse prospettive interessanti: quella del rapporto con il potere, delle grandi megalopoli indiane ricche di ricchezze, miseria e contraddizioni e, non meno importante, quella delle donne.
Le donne indiane di Torino sono autrici emergenti come Tishani Doshi (Il piacere non può aspettare )e
Anuradha Roy (autrice del suo primo romanzo per Bompiani, L'atlante del desiderio) o già note al pubblico italiano, come Namita Devidayal (La stanza della musica)o Anita Nair,Radhika Jha ( L'odore del mondo e Il dono della dea), Anita Nair e Shobhaa Dé.
Autrici sicure e determinate.
L'idea che ci si costruisce di alcuni personaggi di un libro viene spesso smentita dai loro stessi inventori. R.Jha e A.Roy non definiscono infatti i loro personaggi femminili, espressioni della moderna India in continua evoluzione. La figura energica delle donne del villaggio descritte nei loro romanzi non è metafora universale di una nuova donna indiana che, in qualsiasi contesto, riesce ad emanciparsi ed affermare se stessa. Nessuna eco metaforica della nuova legge che vedrà, nell'India dei prossimi anni, il 33% del seggi del Parlamento assegnato di diritto alle donne. Le donne di Jha e Roy sono dunque, a loro stesso dire, solo donne non istruite ma molto forti. Con un po' di amaro in bocca preferiamo immaginare la possibilità di un riscatto generico e vincente che forse può trovare più spazio nell'onda rosa di Sampat Pal. Nel nuovo testo pubblicato da Piemme, Il sari rosa, un gruppo di donne, la Pink gang, porta avanti un movimento che dalle campagne, difende energicamente i diritti femminili.
Per quanto più acerba e tragica, la prospettiva femminile indiana presentata da Carlo Buldrini con Nel segno di Kali, sconvolge lo spettatore e fa riflettere.
Le parole del premio Nobel per l'economia A.Sen sono più che mai attuali e veritiere: "Qualsiasi cosa dici dell'India... è anche il suo contrario". La donna indiana è quellaforte e poco istruita dei romanzi di R.Jha; è quella griffata e sfacciata di Shobhaa Dé, è quella determinata e combattiva di Sampat Pal, ma è anche quella di cui ci parla Boldrini. Una donna che manifesta tutte le contraddizioni dell'India, che arriva ai vertici del potere ma che, ancora oggi, nel 2010, viene discriminata.
La diseguaglianza femminile indiana è quella della "natalità" (con gli aborti selettivi) e della "sopravvivenza" (con la malnutrizione e la preclusione all'istruzione). Nella prospettiva sociale e antropologica di Baldrini la donna indiana non è "un personaggio" da costruire, più o meno rispendente alle metafore economico-sociali che ognuno di noi può creare. Kali, la dea contraddittoria come la stessa India, la dea che crea e distrugge, nutre e uccide, è espressione di una donna che, pur non essendo personaggio, è rinchiusa all'interno di ruoli precostituiti, quelli di figlia (della quale liberarsi, sulla quale non si può contare per l'avvenire; per la quale la famiglia dovrà spendere una fortuna per la dote), di moglie e di madre (preferibilmente di un figlio maschio).
Ma l'India di Torino non è solo femminile.
Ci piace ricordare la simpatia di Swarlup, la dolcezza di Indra Sinha, la determinazione e la coerenza di Tarun Tejpal,l'ironico e crudo sarcasmo di Kiran Nagarkar e in fine, perchè no, la profondità dello sguardo di Altaf Tyrewala.
Anche questa è India..........