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domenica 16 febbraio 2014

Tibet blindato: per far finta di non vedere e non sapere


Confine Nepal-Tibet, Agosto 2011
Come ogni anno, a poche settimane dal Losar, il governo cinese limita gli accessi al Tibet. Togliersi dai piedi turisti e occidentali curiosi appare l'unica cosa da fare in un periodo nel quale la tensione sta tornando alta. Il TTB, il Tibetan Tourist Bureau, non rilascerà visti e permessi dal 20 Febbraio al 20 Marzo.
La nuova limitazione coincide con l'ennesima immolazione, quella di un ex monaco di 25 anni del monastero di Kirti. I sacrifici salgono così a 127. Ma le torce umane tibetane non sembrano essere il problema fondamentale per i cinesi.
Sempre in questi giorni, l'Alta Corte di Giustizia spagnola ha emesso un'accusa di genocidio e reati contro l'umanità nei confronti del Tibet , chiedendo l'arresto dell'ex presidente cinese Jiang Zemin, dell'ex premier Li Peng altri tre ex dirigenti del partito comunista cinese.

La Spagna, oggi Stato dalla svolta conservatrice, ha riconosciuto il reato di genocidio dal 1971.
L'imminenete modifica del sistema giudiziario spagnolo potrebbe mettere a tacere questa presa di posizione europea rispetto ad una questione tanto importante.
Mentre l'Europa resta a guardare muta, le  porte del Tibet si chiudono e l'incessante pioggia degli ultimi mesi inonda  e spazza via la storia e il ricordo di un popolo che non ha più voce per farsi ascoltare.
La Cina, nel frattempo, continua ad allungare i suoi tentacoli e annuncia l'imminente conclusione dei lavori infrastrutturali per il collegamento stradale tra il Mustang, in Nepal, e il Tibet. Una nuova strada che forse, con la svolta democratica apportata dalla vittoria del Nepali Congress e la proclamazione di Koidara, non potrà essere battezzata amichevolmente come "friendship road", come il già esistente passaggio nei pressi di Kodari, nel Nepal nord orientale. Ma il nuovo premier deve fare i conti con il secondo partito più importante in Nepal, quello maoista, i cui legami con il governo cinese non sono stati mai un mistero.


lunedì 10 febbraio 2014

Il nuovo Primo ministro nepalese

Sushil Koirala  è il nuovo Primo Ministro nepalese, il trentasettesimo della storia  del paese himalayano. Dopo la vittoria del Congress Party nelle elezioni del Novembre 2013, il Nepal si avvicina timidamente al traguardo della Costituzione.
Il tettantacinquenne celibe ha promesso di raggiungere questo importante risultato entro 12 mesi; per farlo è disposto a fare coalizioni di ogni genere,  anche con i partiti meno rappresentati tra i 601 membri del Parlamento nepalese. La scelta di Koirala è stata possibile grazie al contributo del secondo grande partito del paese, l'UML.
Sushil Koirala e Sonia Gandhi
La famiglia Koirala ricorda vagamente la dinastia gandhiana al potere in India. Prima di lui altri 3 membri della famiglia hanno ricoperto importanti titoli politici in Nepal. Sushil, come Nehru, è anche stato in carcere. Una storia rocambolesca che gli ha procurato tre anni di detenzione: il dirottamento di un aereo della Nepal Airline che trasportava denaro utile al finanziamento del partito.
Oltre alle esperienze galeotte, Koirala  ha avuto modo di approfondire una formazione umanistica a Varanasi. Nato nel Nepal orientale, si è infatti trasferito con la sua famiglia in India nel 1960.
Probabilmete, già mercoledì, il Primo Ministro giurerà davanti al Presidente della Repubblica Yadav, sostituendo Khil Raj Regmi, giudice della Corte suprema al quale era stato affidato il governo ad interim . 
Tra le priorità della sua agenda del "nuovo" politico, oltre la Costituzione, appare il tentativo di voler ridurre l'inflazione del paese. Altro problema da affrontare è quello della disoccupazione. Sono infatti sempre di più i giovani nepalesi che lasciano il paese per cercare un'occupazione all'estero. 27 milioni di persone e meno di 2 dollari al giorno non sono certo una rosea prospettiva per la gioventù nepalese. In bocca al lupo Koirala! Chissà che il sesto Primo ministro dopo la fine della guerra civile nel 2008 riesca finalmente a portre a termine il suo obiettivo?

giovedì 21 novembre 2013

Nepali Congress. Un "nuovo" volto per il Nepal

Con sorpresa e stupore il Congress party nepalese si garantisce la maggioranza ( per ora parziale)  alle elezioni svolte il 19 Novembre. Non sembrano crederci neanche gli stessi nepalesi. Il partito maoista sembrava, tra alti e bassi, quello favorito. E' giunto invece solo in terza posizione preceduto dal  Communist Party of Nepal (Ulm). 

La bandiera del Nepali Congress
Il leader maoista Prachanda denuncia illeciti e minaccia di boicottare il voto in Assemblea costituente. Le tribolazioni  nepalesi non sembrano dunque essere finite. La commissione elettorale ha però rigettato le accuse e continua le operazioni di spoglio dei voti.

Il nuovo volto per il Congress è il cinquattottenne Rajendra Kumar KC, conosciuto  meglio come Rajan, attivo nel Congress dagli anni '90, esperto di economia e rappresentante della municipalità della graziosa Kirtipur.

Sarà stata la supervisione internazionale dell’ex presidente statunitense Carter a portare fortuna al Nepali Congress?

All’indignato Prachanda invece, dopo 6 governi fallimentari, possiamo chiedere di fare un passo indietro. A fare infuriare il leader maoista sarà  anche l'umiliazione per la sconfitta politica delle figlia Renu Dahal  spavaldamente "scesa in campo"?

L'elezione porterà alla formazione di una Costituente  con 601 membri , tra cui 240 eletti con un sistema di votazione diretta . Il voto proporzionale eleggerà i membri di 335 seggi;  i restanti 26 membri saranno nominati dal governo .

sabato 7 settembre 2013

Nepal, vento di elezioni

Kathamndu  Luglio 2011
Il cielo sembra essersi fatto più limpido. I fetz, i tipici cappellini nepalesi, sembrano tutti piegati verso l'alto a volersi sincerare che la pioggia, così violenta quest'anno, sia veramente finita. La fine del monsone significa nuova frenetica attività nei campi e inizio della stagione turistica. La fine della pioggia significa lavoro, pane.

Quest'anno l'autunno porta in Nepal anche nuove possibilità. Dopo i fallimenti del 2012 ci si prepara alle elezioni per l'Assemblea costituente previste per il 19 Novembre 2013.
La forte preoccupazione del popolo nepalese riguarda una questione particolare: la possibilità e composizione dello stato federale. Dopo gli anni  difficili della guerra civile, che ha determinato  quasi 16.000 morti, si vuole scongiurare uno scontro etnico.
La data novembrina non è certa. Il partito maoista continua a fare polemiche così da non escludere ulteriori rinvii per mantenere il potere più a lungo. In polemeica e in minaccia di possibili boicottaggi sono anche i partiti minori.
I partiti che si contendono la poltrona sono l'UCPN, i maoisti di Prachanda che nelle ultime elezioni hanno ottenuto 229 seggi; il Nepali Congress di Sushil Koirala che ottennero 115 seggi e l'ULM, il partito comunista di J.Nath Khanal  che ottenne i rimanenti 108 seggi.
In questi giorni, per non fare pressioni sui sondaggi, i principali partiti rifiutano di parlare di possibili coalizioni.
In Nepal il Presidnete e il Primo ministro sono eletti dal Parlamento composto da 601 membri.
Il Sambidhan Sabha, l'Assemblea costituente,sarà composto da 491 membri e avrà  una durata di 5 anni.
Le elezioni sono attese con ansia anche da altri paesi, i vicini Cina e India  insieme ai possibili investitori esteri che potrebbero apportare un miglioramento nella difficile situazione economica nepalese che ha visto quest'anno una crescita di appenna il 3,5%, il livello più basso in 5 anni.

mercoledì 6 giugno 2012

Nepal: la Costituzione in frantumi e l’arlecchinata etnica


Kathmandu, Luglio 2008

Anni di speranze per un nuovo progetto  civile e politico sfumati in pochi istanti. Il progetto della Costituzione nepalese è fallito. Da settimane ormai non si fa che parlare d’altro. Del futuro del paese. C’è chi parla di nuove elezioni a Novembre e chi, nostalgicamente, auspica un ritorno alla monarchia.
Accantonando i progetti utopistici, vale la pena di fermarsi per riflettere sull’accaduto. Il progetto di dividere il Nepal su base etnica non poteva che essere un flop. La visione federalista su base castale non poteva che essere un delirio prontamente contestato dai vari gruppi che si sono sentiti emarginati. La mappa costituzionale era piuttosto complessa. Attualmente il Nepal è diviso in 75 distretti, in ognuno di questi è presente un gruppo etnico-castale più o meno prevalente. Pensare ad un federalismo che accontenti tutti significa  decidere a monte di  deludere i più. A questa difficile situazione si aggiunga la moltitudine di nazionalità diverse presenti nel paese: indiani, tibetani, mongoli. A loro volta i nepalesi non sono semplicemente “nepalesi” ma troviamo diversi gruppi con tradizioni e spesso lingue completamente diverse: madhesi, newari, tamang, limbu, tarhu, gurung, magar e così via; 60 gruppi etnici e più di 100 caste. Non c’è da sorprendersi se un tamag non riesca a comunicare con un newari. In Nepal vengono parlate un centinaio di varietà linguistiche.  Realtà così diversificate sono presenti anche in India ma gli indiani non ipotizzerebbero mai di dividere lo Stato in base a tali differenze. Sarebbe una follia! La situazione indiana è già abbastanza complessa così e gli attriti non hanno mai tardato a manifestarsi.
Vadasi per il federalismo, ma con giusto criterio. Decentrare il potere in uno stato nato da così poco e con una classe politica a volte  incerta o incompetente può essere un’interessante prospettiva a patto che questa non inneschi, come ha fatto fino ad ora, sommosse popolari.
Il dilemma non è da poco conto. La divisione territoriale creerebbe mescolanza e convivenza tra gruppi molto diversi. La divisione su base etnico-castale creerebbe degli squilibri e delle forti minoranze che non avrebbero voce in capitolo dal punto di vista politico e sociale. La prima soluzione sembrerebbe la meno rischiosa perché quella più vicina alla consuetudine degli ultimi secoli.
Ma la decisione era troppo importante e difficile e il governo maoista si è tirato indietro lasciando il paese alla deriva, nonostante la predisposizione verso un progetto etnico che prevedeva 14 territori dominati dai gruppi che si sono maggiormente distinti durante la guerra civile.
 Le cose non sono così semplici: anche con la prospettiva delle elezioni di novembre gli animi sembrano non volersi chetarre. Il Congress Party, rappresentato in larga misura dalle prime due caste, i bahun e chhetri, non scenderà facilmente a compromessi con i maoisti. La loro, diciamolo, è una scelta conveniente:  si rifiuta la prospettiva maoista per far rimanere più o meno inalterata una divisione territoriale nella quale hanno sempre dominato, in ogni campo. Il Congress accusa inoltre il governo maoista di aver deliberatamente aizzato le rivolte civili per timore di perdere il potere guadagnato con le elezioni del 2008.
Una soluzione sarebbe quella di una possibile coalizione di tutti i gruppi etnici minori. Ciò significa però coordinamento, consapevolezza, obiettivi comuni, spirito di sacrificio e abilità politica. Come si può pretendere tutto questo da uno stato così giovane e inesperto? Sarebbe come affidare un liceo alle mani di un gruppo nutrito di studenti dei primi anni. Un’esperienza interessante ma rischiosa. Il Nepal ha sofferto troppo e da troppo poco tempo. Nei ricordi dei nepalesi ci sono ancora i massacri della guerra civile, un fantasma che non si può cancellare così facilmente. Forse la salvezza è in questo timore, nell’insicurezza  e nella ponderatezza che scongiurano violenze troppo efferate.

giovedì 19 maggio 2011

Nepal:il ritardo della Costituzione e la fame del popolo

Gli amici nepalesi, pur nell'entusiasmo di una buona stagione turistica, fanno giungere la loro preoccupazione per l'attuale situazione politica. Il 28 Maggio scadrebbe teoricamente il limite per redigere la nuova Costituzione. In realtà la Commissione della nazione montana è paradossalmente in alto mare. Le proposte di estensione del limite si rincorrono e si fanno sempre più concrete. Le divisioni all'interno dei partiti sono  troppo forti ed evidenti. Le forze politiche sembrano non essere in grado di elevarsi al di sopra dei singoli interessi. Fino ad ora, rispetto al processo di pace, sembra scontato solo il reintegro degli ex guerriglieri, in una percentuale di almeno il 50%. Dopo tanto baccano sembra si sia giunti ad un risultato che i maoisti ritengono accettabile, se non addiritturasoddisfacente.
Il Rastriya Prajatantra Party (RPP-N) ha manifestato apertamente il suo dissenso alla proposta di un ulteriore ritardo delle operazioni riguardanti la Costituzione. Nella capitale Kathmandu si susseguono manifestazioni e cortei che spesso provocano blocchi stradali  e lo sbigottimento dei turisti occidentali.
Il presidente Khanal sollecita il Nepali Congress a sostenere l'iniziativa di prolungamento dei termini e rimprovera il governo per la mancata collaborazione. La polemica del presidente arriva velenosa anche a riguardo l'inettitudine del governo rispetto all'adempimento di un progetto che prevedeva un 33% di quote rosa nepalesi nell'esecutivo.
Mentre la politica arranca, il paese rischia l'ennesima crisi alimentare. Il PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell'ONU, ridurrà a breve, per mancanza di fondi, l'approvvigionamento di cibo per  molte zone del Nepal Occidentale. Queste zone sono difficilmente raggiungibili, le strade hanno una cattiva manutenzione e il monsone, pesantemente in arrivo, infierisce sempre con una particolare efferatezza su questa parte della popolazione. A rischio sono più di un milione di nepalesi. Su vasta scala si teme, in primo luogo, per l'aumento dei tassi di mortalità infantile. Ci si augura che la politica segua al più presto la via del buon senso per appoggiare il paese e le sue difficoltà