Visualizzazione post con etichetta hindu. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta hindu. Mostra tutti i post

venerdì 11 settembre 2015

Le caste ieri e oggi

Quando si parla di caste anche i più ignoranti pensano all’ India. Il termine casta significa “puro”  e viene definito per nascita, per jati. Chi appartiene ad una famiglia hindu appartiene anche alla sua casta, al suo varna, il suo colore.
Secondo il Manu smirti, l’Esposizione dottrinale del dharma attribuita al progenitore della stirpe umana Manu, le caste si sarebbero determinate dallo smembramento di Parusa, l’uomo primordiale, l’uomo cosmico che, recitano i  i Veda, fu sacrificato per dare origine al mondo manifesto. Le caste principali sono essenzialmente quattro.
1- I Brahmani sono l’emanazione della bocca di Parusa. A loro è affidato il potere della parola. Equivalgono generalmente alla  casta sacerdotale  e/o che detiene il potere politico. Hanno diritto di dare, ricevere, sacrificare, studiare e trasmettere. Genericamente praticano il vegetarianesimo. Il loro varna, colore di riferimento, è il bianco.
2-Gli Ksatriya sono l’emanazione delle braccia di Parusa. Rappresentano la nobiltà guerriera e sono destinati alla protezione del popolo. Il loro varna di riferimento è il rosso.
3- I Vaisya sono l’emanazione delle cosce di Parusa e corrispondono alla casta dei contadini e degli artigiani. Il loro varna di riferimento è il giallo
4- I Sudra  sono l’emanazione dei piedi di Parusa. Sono addetti alle mansioni più umili e il loro compito è servire per sempre.
Al di fuori di questa quadripartizione troviamo i fuori casta, gli avarna, detti anche dalit (oppresso) intoccabili o paria. Essi rappresentano circa il 24% della popolazione e comprendono genericamente le comunità tribali originarie, gli  adivasi, gli omosessuali, gli eunuchi, gli zingari, gli handicappati o coloro che hanno alterazioni mentali insieme a coloro che hanno malattie infettive gravi. Vengono inoltre considerati paria anche tutti i an-arya, nati fuori dall’India. Gli intoccabili hanno una serie di divieti e preclusioni come quella di entrare nei templi, portare i sandali davanti a coloro cha appartengono ad una casta alta, bere nello stesso contenitore di un brahmano e così via.
Il sistema castale è noto come vanashrama dharma o sistema dei quattro colori. In india ci sono circa 4000 caste e sottocaste. Solitamente si identifica l’appartenenza dal cognome paterno, ma tale sistema non è sempre valido.
I tratti distintivi dell’appartenenza ad una casta sono: l’endogamia, l’ereditarietà della professionalità, la commensalità espressa in norme e tabù. Ogni hindu deve rispettare la propria casta tramite l’osservanza (achara)  e avere sempre il giusto discernimento nell’agire ( vichara). Nascere in una casta inferiore è cansiderata una punizione per le cattive azioni, e dunque il cattivo karma, accumulato nelle vite precedenti. Se i sudra si ribellano alla loro condizione rischiano di peggiorare il ciclo del loro samsara, delle loro reincarnazioni: la loro condizione di svantaggio sociale potrebbe peggiorare nelle vite successive.
Dal 1950 l’India ha introdotto una legge (l’Articolo 17) che vieta il concetto di intoccabilità e ciò che ne deriva.  Nel 2007 è stata fatta una proposta di legge per alzare al 27% la quota gli impieghi pubblici riservati agli appartenenti alle caste basse. Anche se la legge indiana proibisce la discriminazione di casta, il sistema castale è ancora molto forte. Secondo l’India human development survey, nel 2014 i matrimoni tra persone di caste diverse sono stati solo il 5% del totale. Oggi, in India, un dalit subisce un sopruso da una casta superiore ogni quindici minuti: stupri, assassini, sevizie o totale mancanza di rispetto e sicurezza. Ovviamente nelle comunità di villaggio questi episodi sono molto più comuni, ma le grandi città non sono esenti da tali fenomeni. I membri del panchyat, il consiglio di villaggio, infliggono spesso punizioni disumane verso i dalit che hanno trasgredito qualche norma di casta o hanno assunto atteggiamenti non adeguati. Spesso queste punizioni sono estreme e si concludono tragicamente. I fuori casta sono genericamente esclusi dalla vita sociale ma ciò non si verifica sempre, soprattutto negli ultimi anni. Basti ricordare che il dalit K.R.Narayan è stato presidente dell’India dal 1997 al 2002, così come sono dalit molti politici e uomi influenti indiani. Dagli anni 80’ il Bsp, il Partito della società maggioritaria si batte per il riconoscimento dei diritti delle sottocaste le quali, effettivamente, non sono una minoranza in India, tutt’altro!
Il quadro occupazionale legato alle caste oggi è un po’ cambiano. I brahmani non sono più solo sacersoti ed intellettuali. Spesso ricoprono ruoli politici importanti o sono inseriti preponderatamente nel sistema giudiziario e burocratico amministrativo. A detenere il potere economico sembrano invece essere i vaisya. Le norme a favore dei dalit funzionano solo marginalmente. Si tratta spesso di persone che non hanno terra in proprietà (70%) o che non hanno accesso all’istruzione superiore (solo il 30% può permettersi studi universitari). Va dunque da sé che l’accesso a incarichi lavorativi importanti risulta a prescindere difficoltoso, se non impossibile. Gandhi riteneva che il sistema delle caste indiano garantisse ordine e armonia; voleva un sistema castale senza gerarchie e aborriva l’intoccabilità. E’ davvero impossibile eliminare la gerarchia dal concetto di casta stesso?


mercoledì 21 novembre 2012

Chhath



एष ब्रम्हा च विष्णुष्च शिव: स्कन्द: प्रजापती: । 
महेन्द्रोधनद: कालो यम: सोमो ह्यपाम्पति: ।। 
एनमापत्सु क्रिच्छेषु कन्तारेषु भयेषु च । 
किर्तयन पुरुष्: कष्चिन्नवसिदती राघव ।।। 
आदित्य्म सर्बकर्तंरं कलाद्वदाद्शम्युतमं । 
पद्महस्त्द्वयं वन्दे सर्वलोकैकभस्करमं ।।


Ancora un'altra festa hindu. Ieri tutta l'attenzione era per Surya, per il Chhath festival (o Surya Shashti) dedicato al sole. Il ringraziamento alla luce di ogni giorno comincia alle prime luci dell'alba. Surya è ringraziato per il suo tepore e per la forza che dà alla terra. Si sta per avviare la stagione dei raccolti e un ruolo fondamentale è stato sicuramente quello del sole. Il Chhath festival è anche un'occasione per chiedere perdono.Gli indiani celebrano la puja sulle rive del Gange o del Yamuna.
I nepalesi affollano il Bagmati e il Rani Pokhari a Kathmandu. Le celebrazioni durano circa 4 giorni (ieri l'ultima, il parva chhath) nei quali si alternano preghiere e rigorosi digiuni. L'usanza vuole che si facciano bagni purificatori, che si passi molto tempo in acqua (in Nepal le temperature cominciano però a farsi rigide nelle ore mattutine e serali) e che ci si astenga il più possibile dal bere acqua. Le astinenze sono necessarie per poter ricevere energia direttamente dai raggi del sole. Molti fedeli si limitano ad offrire prasad, offerte di fiori, incenso e frutta.
Il Nepal festeggia il chaath festival ,o Dala Chhath, specialmente nelle regioni del Terai e Mithila.
Si ha notizia di questi rituali già nei Veda e nei Rigveda. Anche Draupadi, nel Mahabharata, pratica  puja in offerta al sole per chiedere la benedizione dei suoi Pandava. Dal sole Draupadi riceve l'energia che le permette di essere una donna speciale. Per questo motivo la festività è particolarmente sentita dalle donne indiane e nepalesi.

Il desiderio di ricevere la benedizione del sole ha però creato problemi in Bihar dove, due giorni fa, 20 persone sono morte sulle rive del Gange a causa della calca per raggiungere le sacre acque.


lunedì 12 novembre 2012

Diwali e Tihar

La mia preghiera. 2009
Arriva Diwali. Domani iniziano i festeggiamenti in tutti i paesi hindu e non solo.
Il re divino Rama torna ad Ayodhya dopo 14 anni di esilio. Con lui la fedele sposa Sita.
Il termine  dipawali, dal quale diwali, proviene dal sanscrito dipa, lampade, e avali, file. La fila di luci è quella che accoglie il ritorno del re, il trionfo della luce della conoscenza sull'oscura ignoranza.
Il secondo giorno, il Choti diwali, piccolo diwali, si celebra il ritorno di Krisna da Pragyotishpur, in Nepal, dove il dio ha sconfitto il demone Narakasur. Al suo rientro il dio è lavato, oliato e profumato dalla sue donne. In ricordo di tali riti si è soliti svegliarsi all'alba per un bagno rituale e segnare la fronte con il sindur.In Nepal questo secondo giorno prende il nome di Vahada Bhairava e le particolari attenzioni vengono date ai cani agghindati e nutriti con affetto.
La vera festa delle luci ci sarà il terzo giorno di festeggiamenti, giovedì, quando la luce verrà esposta in ogni casa per segnare la strada alla dea Lakshmi. Il giorno successivo segna l'inizio del  Vikram-Samvat, il calendario introdotto dal re Vikramaditya. Tale calendario è valido tutt'oggi in Nepal.Secondo i Vishnu-purana in tale giorno si celebra la fine del monsone e la benedizione dei raccolti.
Il quinto giorno si celebra il bhav bij, il bhai tika in nepalese. Questa festa è particolarmente significativa: celebra la visita che Yama, il dio della morte, fece a sua sorella Yami. Per l'occasione Yami pose sulla sua fronte il tilak e preparò cibi deliziosi. In ricordo di questo lieto incontro  il dio decise che chiunque avesse ricevuto doni e benedizioni dalle sorelle non sarebbe mai stato colpito dalla sfortuna. La cerimonia della tika viene celebrata con grande enfasi, soprattutto in Nepal. L'estensione dell'identità di sorella viene data spesso anche in assenza di determinati rapporti sanguinei..
Il nome nepalese della festa di Diwali e Tihar. Se ne è parlato qui e qui
Le tradizioni nepalesi seguono i ritmi agricoli e danno molta importanza agli animali. Nei primi tre giorni festivi vengono ricordati con attenzione i corvi, i cani, le mucche.

Gar ma Laxmi ko baas hos
Satruko naas hos
 harek kamana fulfil hos
 beer ko karsat hos
  tihar ko shubhakamana khas  hos

Che Lakshmi  porti luce, prosperità e ricchezza a tutti


martedì 30 ottobre 2012

Gai Jatra: la festa colorata dei morti in Nepal


Si avvicinano le festività cristiane legate ai santi e ai morti. Fin dal Medioevo la morte è spesso stata vissuta e interpretata in un’ottica di angoscia e negazione.
Anche questa festa, come molte altre, ha un corrispettivo in Oriente. In Nepal, come in molte parti dell’Asia, si festeggia il Gai Jatra o Festival della mucca. La festività cade in estate  ma molte sono le affinità con le nostre ricorrenze novembrine.
I bambini, gli unici rappresentanti della purezza e dell’innocenza, si travestono da divinità . Chi da piccolo Krisna con il flauto, chi da novello sadhu, chi da Shiva in azzurra sembianza. Trucco marcato agli occhi, curiosi e colorati cappellini insieme a tante ghirlande di fiori. Ognuno si traveste come meglio può. Tra i bambini c’è anche qualche sadhu vero, prontamente cacciato via dalla polizia. Oggi la festa è per i bimbi e i defunti! Le offerte andranno solo a loro. Per le strade di Kathmandu centinaia di persone in processione seguono le mucche. Anche oggi è la loro giornata speciale: decorazioni, carezze e tanto cibo.
Le mucche, così come i bimbi, vengono nutriti in ogni angolo delle strade.  I bimbi si rimpinzano di dolciumi e le loro bocche sono riempite di  latte e miele dai passanti. Benedire loro significa benedire gli dei.
In questa giornata si ricordano i morti dell’anno passato. A partire dal Gai Jatra nessuna lacrima verrà più versata per il caro estinto; la sua anima ha preso una nuova direzione e i vivi non possono che rallegrarsene.
In questa folla disordinata e chiassosa, tra piedi scalzi e rulli di tamburi, i newari si distinguono per la loro regalità. Indossano cappellini neri e sfilano fieri e composti. Tra loro le bambine sono truccate come la Kumari, la dea vivente. Gli altri hindu nepalesi nutrono un profondo rispetto per la cultura newari; riconoscono la loro precisione nel culto e nella tradizione.
Non si piange per la morte. Le famiglie sfilano in processione con la foto del loro caro recentemente scomparso. Da oggi niente lacrime. La grazia degli dei, il tocco delle sacre mucche e le offerte ai bimbi divini cancellano ogni sofferenza.
Gai Jatra è una festa chiassosa, dolciastra e coloratissima. La morte lascia il posto alla vita. Le vite concluse rivivono entusiaste negli occhi dei bimbi festanti. Alla fine della giornata rimarrà un sorriso  e, molto spesso, qualche indigestione per i troppi dolci.

Le foto si riferiscono all'ultimo Gai Jatra al quale ho partecipato, il 5 Agosto 2013

martedì 9 ottobre 2012

Una cena nepalese

Le risaie vicino a  casa
Finalmente  nella mia casa nepalese. Ognuno di noi ha una casa, quella che portiamo dentro è quella che spesso è lontana da noi. La mia casa e la mia famiglia nepalese. C'è entusiasmo intorno a me. La luce del sole scopare rapida in Nepal, le montagne ne assorbono l'intensità e la coprono con la loro forte mole. Sul sentiero che porta alle risaie non c'è più nessuno. Sono rientrati tutti, anche Badur con il nuovo trattore.
In cucina ci  si siede sulle stuoiette  intrecciate da Laxmi. Stasera c'è un grande menù per il mio arrivo. Maya ha comprato la carne al bazar.
Mentre giro il dal sulla stufetta alimentata a torsoli di pannocchie, Deepak mi fa decine di domande in nepalese. E' lì di passaggio, ospite dalla famiglia degli zii: domani ha un esame al college e da Lamatar il bus locale parte ad un orario più accettabile. Il mio arrivo lo costringerà a dormire nel tea shop. Non importa; è troppo incuriosito da questa piccola donna dalla pelle olivastra che parla la sua lingua. Le domande si affastellano l'una all'altra. Non ho il tempo di rispondere. Maya sorride soddisfatta ma mi invita a non smettere di girare il dal che altrimenti si attacca alla pentola, l'unica pentola della famiglia che servirà per scaldare o cucinare il resto.

Lamatar, Agosto 2012
Ho portato i miei doni: la pasta Barilla,  le piadine romagnole, i taralli pugliesi, i funghi porcini secchi, i biscottini dolomitici ai frutti di bosco, l'olio extravergine d'oliva abruzzese, il panforte senese, un assaggio di pesto ligure e due vasi di conserva di pomodoro e di confettura di albicocche fatti con le mie mani. Meraviglia e tante risate davanti al mio imbarazzo nel tradurre in nepalese certi termini tipicamente italiani.

Si mangia insieme, tutti insieme. Ognuno con il suo stile. Laxmi composta e delicata. Surya un po' brutalmente. Maya un po' rumorosamente così come gli altri fratelli e il papà silenzioso con le parole.  Prima di cominciare Surya mi chiede quello che da nuovo  capofamiglia mi chiede sempre: laviamoci le mani insieme. Faccio parte della famiglia e userò la loro acqua. Lui sorride soddisfatto. Adesso sono pura.
Mi sento davvero a casa.

In alcune famiglie hindu del Nepal o dell'India una serata come questa non sarebbe tollerata dalla famiglia stessa e dalla comunità di villaggio limitrofa. Generalmente sarei una fuoricasta. Mangiare sotto lo stesso tetto è inconcepibile. Questa regola non vale solo per i brahmani; nelle comunità rurali il principio si estende a tutte le differenze castali. Quello che si rischia è la perdita dello status, il non riconoscimento sociale.
Tutte le regole della vita hindu traggono origine dalla legge sacra o Dharma Sastra contenuta negl iantichi testi come il Manhu Sambhita e il Parasara Sambita.
Il buon hindu, ancora oggi, rispetta l'achara, il buon comportamento e il vichara, il discernimento nell'agire.

Che gli hindu in passato non fossero prevalentemente vegetariani lo sappiamo di certo. Anche nel Mahabharata si fa spesso riferimento a banchetti  a base di carne. In una delle sue iscrizioni l'imperatore Asoka precisa che prima della sua conversione al buddhismo venivano macellati  migliaia di animali. In sanscrito il temine che designa il cuoco è supakara, colui che cucina il brodo. E il brodo, almeno nelle antiche scritture, non è quello vegetale, il brodo è di carne. La carne è anche il piatto migliore che si può offrire ad un rishi, un saggio. In molti racconti mitologici si racconta di queste visite e di come ci si dovesse prodigare per la preparazione di un banchetto adeguato.
Paradossalmente in passato la carne di pollo era un tabù. Oggi in India e in Nepal la carne di pollo, insieme a quella di bufalo, è invece una valida alternativa alla carne bovina.
Anche il pesce veniva disprezzato. Vishnu nella sua prima incarnazione era stato un pesce, e non si poeva certo mangiare il  Dio. Oggi invece il pesce è considerata prelibatezza in Nepal  e in  stati indiani come il Kerala, Goa o il Bengala. I nepalesi  sono ghiottissimi di pesce ma probabilmente molti di loro non ne hanno mai assaggiato di fresco oppure sono abituati a quello di fiume.
 In Nepal il vegetarianesimo puro si è poco sviluppato. I newari, convertiti al buddhismo, sono dei grandi mangiatori di carne. Le basse temperature e il lavoro duro nei campi richiedono  all'organismo un sostentamento adeguato. Ma la carne costa molto e si conserva male senza frigorifero così, come nella nostra Italia pre-boom economico, la si consuma raramente, per le occasioni speciali.

Il dharma sastra impone tante limitazioni. Davanti a membri di caste diverse non si potrebbe, in teoria, consumare cibo cotto o bere acqua o liquidi in genere. Solo il latte fa eccezione, purchè non sia bollito. Il cibo o l'acqua  si contaminano. Questa regola in Nepal, come già accennato, è valida in molte caste, anche in quelle medie. Molti brahmani, ancora oggi, preferiscono mangiare in stanze separate, anche nei ristoranti e negli alberghi. A volte vengono fatte delle purificazioni generiche prima del pasto spruzzando acqua intorno al  piatto o lanciando pezzetti di sacro tulsi, basilico.

Ma nella mia casa nepalese la mia purificazione è fatta insieme ai membri della mia famiglia, non per la mia famiglia. Mi purifico io come si purificano loro. Si mangia sotto lo stesso tetto, seduti sulla stessa terra battuta; si mangia con le mani e con lo stesso fumo negli occhi, il fumo provocato dall'assenza di quella canna  fumaria che non sono ancora riuscita a far fare nella mia casa nepalese.

martedì 6 dicembre 2011

Nepal: le risaie e il sogno dell'esercito in musica

Ormai possiamo dire che è sicuro. Gli ex guerriglieri maoisti sono stati assorbiti nell'esercito ufficiale.
Un processo lunghissimo quello per la pace. Un processo nel quale ha fallito l'ONU e che ha visto il successo  del neo-eletto  Baburam Bharattai. 
Ma cosa rappresenta l'esercito per un ragazzo nepalese? Me lo sono chiesta tante volte così come l'ho chiesto ai miei giovani amici nepalesi. In Nepal, in quel meraviglioso paese di terrazze verdi inondate di luce, la terra è la prima madre. Molti giovani possono avere come massima aspirazione quella di continuare il mestiere dei padri. L'agricoltura è la principale attività del paese. Tè, riso e canna da zucchero crescono tranquillamente sotto i 2000 mt. Ad altezze irrisorie per i canoni nepalesi. Non ci si può sorprendere nel vedere succose pesche a 3000  mt. In Nepal rientra negli standard di un sistema di culture che si sposta verso l'alto, verso le cime dove dormono  gli dei. A spostarsi con l'agricoltura c'è dunque anche il lavoro dei giovani. Ma la terra non basta a tutti.  Il lavoro nelle risaie è duro, scomodo e a volte poco redditizio.
Spesso le famiglie sono legate a sistemi fondiari dove il ricco padrone terriero vive da generazioni in città. 
Il contadino deve dunque sperare in un buon raccolto e in un prezzo di mercato generoso.
Negli ultimi anni però le importazioni dalla Cina e dall'India hanno reso sempre più difficile l'autosostentamento delle famiglie rurali. I prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità sono sempre più elevati. La mancanza di incentivi e sussidi da parte dello Stato rende i costi di produzione altissimi. Basta un monsone troppo violento o troppo mite, l'arrivo di un prodotto competitivo dai concorrenti e l'aumento dei carburanti per avere tutti gli ingredienti utili a realizzare la miseria.
Cosa può fare dunque il giovane nepalese? Rimanere nel villaggio o tentare la fortuna in città? E in città? Quale fortuna cercare? Ormai il settore del turismo è saturo. Kathmandu sembra esplodere.
L'esercito è il sogno dei giovani nepalesi: un lavoro sicuro, statale, ben retribuito, non troppo rischioso (in Nepal sono finiti i momenti di tensione estrema e, comunque, di solito l'esercito picchia duro, non viene picchiato) e che assicura una positiva immagine sociale. 


Gli Kshatriya nella religione hindu sono i guerrieri, coloro che assicurano il governo e la difesa. Nel sistema castale generico rappresentano la seconda posizione più importante  dopo i Brahamani. Oggi in Nepal il sistema delle caste non è rigido  come in alcune zone dell'India ma i requisiti per entrare nell'esercito sono duri e  selettivi. Forti, prestanti, in salute  e sicuri di sè. Quanti giovani nepalesi, confusi e speranzosi  in arrivo dai villaggi rurali hanno tutte queste caratteristiche? Pochi.


Vi posto il video di un gruppo musicale piuttosto noto in Nepal. Un gruppo giovane, gli AD 1974, attivo nella salvaguardia dei più deboli e impegnato in attività  di volontariato e sostegno. Gli U2 nepalesi secondo un mio giovane amico nepalese. Nel video è visibile il sogno dell'esercito. Triste ma vera realtà.

venerdì 29 aprile 2011

Nepal e intolleranza: dal Tibet agli hijras per il matrimonio del secolo

Con la bella stagione e il boom dei trekking per l’anno del turismo il Nepal rivede la sua politica interna ed esterna.Timoroso  delle ripercussioni del cambio di guardia politico dopo la rinuncia del Dalai Lama,il paese stringe nuovi accordi militari con Pechino per fermare eventuali azioni anti-cinesi presso la comunità tibetana composta da più di  20.000 esuli.
Il governo cinese ha inviato massicci finanziamenti . Questa politica repressiva era già evidente negli episodi di intolleranza e violenza verificatisi nella capitale  nei mesi scorsi. A cosa si deve tanto movimento? Si teme la nuova linea politica del futuro leader tibetano, Lobsang Sangay, un uomo dalle idee decise che però non ha mai visitato il suo paese; non è mai stato in Tibet!

Mentre i nepalesi preparavano gli “arsenali” sottomettendosi alla volontà cinese, proprio a Kathmandu si svolgeva, a fine Marzo, la conferenza internazionale dei buddhisti d’Asia.  Il Presidente Yadav ha aperto la manifestazione ricordando l’importanza del ruolo della religione nei processi di pace in corso in Nepal e nel resto del mondo. Ma il Buddha, nato in Nepal, non ha lasciato ai conterranei la stessa incondizionata predisposizione alla pace e alla fratellanza: i tibetani vengono repressi con la forza; i cristiani subiscono spesso attentati;  gli islamici lamentano una mancata rappresentazione politica  all’interno dell’Assemblea costituente, una scarsa partecipazione sociale e lavorativa nonché la mancata valorizzazione del loro culto e delle loro iniziative.
In fin dei conti dobbiamo ricordare che fino a pochi anni fa il Nepal si dichiarava apertamente “paese hindu”, religiosamente e politicamente. Per certi aspetti la corona reale aveva degli aspetti teocratici. Ancora oggi  gli hindu  rappresentano l’83% della popolazione. Va aggiunto,inoltre, che parte degli atti di intolleranza religiosa sono perpetrati da gruppi di estremisti e non dal governo.

Un altro gruppo fortemente represso in Nepal, gli  hijras, gli ermafroditi, hanno offerto la loro benedizione per le nozze reali di William e Kate.  Tradizionalemente il loro compito è quello di allietare feste quali matrimoni, fidanzamenti o cerimonie del nome, tramite canti e balli popolari. In virtù di tale tradizione, gli hijras nepalesi hanno scritto una lettera all’Ambasciata britannica in Nepal proponendo la loro partecipazione al matrimonio reale in simbolo di prosperità e augurio. Ovviamente la richiesta non è stata accettata. Peccato! I colori sgargianti  delle loro vesti tradizionali non avrebbero certo sfigurato accanto al giallo canarino sfoggiato  dalla Regina Elisabetta.

martedì 11 gennaio 2011

Sincretismo impossibile

In occasione dei recenti attentati ai cristiani copti si è discusso molto a proposito delle intolleranze religiose, delle persecuzioni  di questi ultimi tempi.
Con una sommaria interpretazione sembrerebbe quasi che l'unica religione il cui culto è ostacolato sia quella cristiana, in tutte le sue forme.
In verità è opportuno riflettere sul fatto che il sincretismo pacifico è un qualcosa di profondamente difficile da realizzare, e non solo oggi.
La difficoltà da parte dell'uomo di vivere pacificamente rispettando le differenze altrui si è spesso nascosta dietro apparenti motivazioni di carattere territoriale, politico ed economico.
E' opportuno ricordare che a soffrire la persecuzione non sono solo i cristiani.
Gli esempi vicini e lontani sono innumerevoli. Si va dal genocidio alla "semplice" intolleranza, più o meno violenta.
Lo sterminio degli ebrei è solo il mesto e tragico finale di una diffidenza verso i semiti perpetrata per secoli da popolazioni in  tempi e loghi diversi.
Che dire poi delle crociate? Possiamo dire, oggi, che le motivazioni fossero solo di carattere economico -territoriale? Come interpretare la prospettiva di salvezza  eterna, per chi moriva in battaglia, proposta da Urbano II nel 1095.?
E gli armeni? Una minoranza tristemente sgradita ai turchi!
Ancora oggi il conflitto tra israeliani e palestinesi infiamma l'Oriente.
Per rimanere in ambito islamico, l'opposizione tra sciiti e sunniti non ha certo una valenza solo politica!
Dal 2007 si sottolinea la tragica condizione dei cristiani in India. In stati come l'Orissa, il Gujarat e il Karnataka gli episodi di intolleranza sono numerosissimi.
Ma chi è veramente "il cattivo"?
Il contrasto tra hindu e musulmani insanguina il paese da anni.
Le ingerenze dell'estrema destra hindu (e non solo) nel paese non sono certo un mistero.


  • Le migliaia di morti hindu e musulmane al momento dell'Indipendenza indiana
  • Il massacro sikh nel 1984
  • La distruzione della Babri Masjid nel 1992 ( fomentata dal BJP) e il massacro di musulmani del 1993 che ne è seguito
  • Il Pogrom musulmano in Gujarat nel 2002: la vendetta per il presunto attentato contro un treno che trasportava pellegrini hindu (53!)determinò la morte di 2.000 musulmani, lo stupro collettivo di centinaia di donne e lo sfollamento di 150.000 persone

Non ci sono buoni e cattivi. La verità è che non esiste una religione più perseguitata delle altre. Non esiste una religione più aggressiva o più terroristica. La verità sta nel fatto che l'uomo, per natura, vuole affermare se stesso.
Salman Rushdie, in una recente intervista, ha auspicato la possibilità di un mondo pacifico solo nell'eventualità che vengano eliminate le religioni. Ma l'uomo ha bisogno di Dio, quasi geneticamente, a qualsiasi longitudine. Fino a quando il nostro Dio, qualsiasi esso sia, vincerà sul "Dio-denaro", dobbiamo sforzarci di rendere la nostra convivenza il più possibile  tollerabile e tollerante.

Gandhi scriveva:

TUTTE LE FEDI SONO VERE E IMPERFETTE