martedì 30 ottobre 2012

Gai Jatra: la festa colorata dei morti in Nepal


Si avvicinano le festività cristiane legate ai santi e ai morti. Fin dal Medioevo la morte è spesso stata vissuta e interpretata in un’ottica di angoscia e negazione.
Anche questa festa, come molte altre, ha un corrispettivo in Oriente. In Nepal, come in molte parti dell’Asia, si festeggia il Gai Jatra o Festival della mucca. La festività cade in estate  ma molte sono le affinità con le nostre ricorrenze novembrine.
I bambini, gli unici rappresentanti della purezza e dell’innocenza, si travestono da divinità . Chi da piccolo Krisna con il flauto, chi da novello sadhu, chi da Shiva in azzurra sembianza. Trucco marcato agli occhi, curiosi e colorati cappellini insieme a tante ghirlande di fiori. Ognuno si traveste come meglio può. Tra i bambini c’è anche qualche sadhu vero, prontamente cacciato via dalla polizia. Oggi la festa è per i bimbi e i defunti! Le offerte andranno solo a loro. Per le strade di Kathmandu centinaia di persone in processione seguono le mucche. Anche oggi è la loro giornata speciale: decorazioni, carezze e tanto cibo.
Le mucche, così come i bimbi, vengono nutriti in ogni angolo delle strade.  I bimbi si rimpinzano di dolciumi e le loro bocche sono riempite di  latte e miele dai passanti. Benedire loro significa benedire gli dei.
In questa giornata si ricordano i morti dell’anno passato. A partire dal Gai Jatra nessuna lacrima verrà più versata per il caro estinto; la sua anima ha preso una nuova direzione e i vivi non possono che rallegrarsene.
In questa folla disordinata e chiassosa, tra piedi scalzi e rulli di tamburi, i newari si distinguono per la loro regalità. Indossano cappellini neri e sfilano fieri e composti. Tra loro le bambine sono truccate come la Kumari, la dea vivente. Gli altri hindu nepalesi nutrono un profondo rispetto per la cultura newari; riconoscono la loro precisione nel culto e nella tradizione.
Non si piange per la morte. Le famiglie sfilano in processione con la foto del loro caro recentemente scomparso. Da oggi niente lacrime. La grazia degli dei, il tocco delle sacre mucche e le offerte ai bimbi divini cancellano ogni sofferenza.
Gai Jatra è una festa chiassosa, dolciastra e coloratissima. La morte lascia il posto alla vita. Le vite concluse rivivono entusiaste negli occhi dei bimbi festanti. Alla fine della giornata rimarrà un sorriso  e, molto spesso, qualche indigestione per i troppi dolci.

Le foto si riferiscono all'ultimo Gai Jatra al quale ho partecipato, il 5 Agosto 2013

lunedì 29 ottobre 2012

La corruzione e la burocrazia indiane

Questo vecchio film hindi racconta un'India rurale dove la semplicità non viene sempre ripagata.
Ottenere qualcosa di semplice significa fare file estenuanti, scontrarsi con persone che fanno finta di non capire, combattere con una politica corrotta dove ognuno fa i suoi interessi.
Gli uomini semplici non comprendono tali dinamiche. Una negazione, un disinteressamento, il frutto di una corruzione radicata possono significare perdere tutto quando si vive in povertà.
Ogni piccolo movimento diventa un fardello inestricabile della burocrazia e l'uomo semplice, il puro, non può che rimanere stupito davanti alla constatazione che esiste la possibilità di "non lavorare", di "far finta di lavorare". Per l'uomo semplice lavorare significa sopravvivere. La burocrazia complicata e la corruzione sono incomprensibili.
Un capolavoro lontano che rispecchia  parte del'India, e dell'Italia, anche di oggi.

lunedì 22 ottobre 2012

57...La primavera tibetana

57......................................................................................
da Asia news



"LA PRIMAVERA TIBETANA NON FINIRA'.. ANCHE SE I GOVERNI INTERNAZIONALI SCELGONO DI IGNORARLA"  (Free Tibet)

Addio Chopra!

La "malattia dei ricchi", l'epidemia di dengue che sta devastando Delhi e Bombay, ha ucciso il regista Yash Chopra. Un mostro sacro del cinema di Bollywood.
Chi conosce i suoi film ricorderà successi come "Deewar", "Silsila", "Chandni", "Darr". Il suo ultimo capolavoro è, a mio avviso, "Veer Zaara": un film che ha fatto un po' la nuova storia del cinema in India. Una storia d'amore ma anche una riflessione storica e sociale. Il film si trova poco in India.In Nepal è praticamente impossibile. Mi piace pensare che sia andato a ruba.....

domenica 21 ottobre 2012

Happy Dashain 2013

La veranda davanti casa
L'albero della preghiera e del riposo salendo verso Lamatar
Entrando nel pieno della festa auguro un sereno Dashain alla mia famiglia nepalese. Non posso che ricordare con piacere i luoghi dove tutto è semplicità e pace
Il tempio vicino al chai shop
Chori soddisfatto dopo la brucata mattutina

venerdì 12 ottobre 2012

Dashain: Durga e Kali

Arriva Dashain. Ogni anno mi fa piacere ricordarlo.
Anche quest'anno ci si appresta a festeggiare Durga.
Spesso si fa un po' di confusione tra Durga e Kali. Generalmente ci si riferisce a Parvati, la consorte o paredra di Shiva, incarnazione della Dea-Madre. Il ricorso alla divinità femminile intesa come madre è antichissimo. Quella hindu non è la Dea-Madre di tipo semitico venerata nell'Asia occidentale.
La Dea-Madre hindu ha però conservato il carattere di dea della guerra. E' la divinità che combatte e stermina gli Asura, nemici dei Deva. E' significativo il fatto che il culto di Durga, accompagnato da sacrifici animali, sia sopravvissuto  soltanto nelle regioni in cui era o è rintracciabile un'aristocrazia hindu come il Nepal o il Bengala.
Il culto della Dea-Madre si trova ben illustrato nel  Markandeya Purana.
Sul piano generico non esiste alcuna differenza tra Durga e Kali. Sono diversi l'iconografia e il culto.
Durga è spesso rappresentata con 10 armi e nell'atto di trafiggere il petto di Mahisha. Ha un'espressione benigna e il volto sorridente. Il corpo di solito è giallo o d'oro, arricchito da sontuosi abiti. In India si è soliti festeggiare la dea costruendone il simulacro e gettandolo poi in acqua, l'acqua che tutto trasporta e tutto purifica.
Kali è invece la "nera", la dea terrificante. Nel Rig Veda viene definita come una delle sette lingue nere di Agni, il dio del fuoco. Kali è la distruttrice, ma tale distruzione porta nuova vita, nuova generazione. E' rappresentata come dea nuda: l'assenza di abiti evidenzia la mancanza di ogni maya, di ogni illusione. Anche le sue 4 braccia reggono strumenti di morte.
Morte e vita. Distruzione e creazione. Come Durga, la Dea-Madre dispensa prosperità e cibo al genere umano. In questa veste diventa Annapurna, "Colei che è carica di cibo". Questa manifestazione è particolarmente sentita in Nepal.
Il culto di Kali è inoltre legato al tantrismo e alle pratiche esoteriche e sessuali. Si tratta di un culto particolarmente complesso.Alcuni testi antichi hindu del VIII sec d.C. parlano di sacrifici umani o di stupri virginali praticati presso le antiche comunità. Oggi tali pratiche sono vietate e scomparse. L'esoterismo tantrico  collegato a Kali fa riferimento alla divinità intesa come Chhinnamasta (la decapitata) che calpesta il corpo di Kama, il dio dell'amore, e di sua moglie Rati.
Durante il Dashain si festeggia Durga apportatrice di prosperità e Kali come assetata di sangue. I sacrifici animali servono a placare la sua sete.
Gli hindu nepalesi mi hanno sempre detto:"Kali, la nera, ascolta sempre le tue preghiere e le esaudisce. Ma bada a non ringraziarla mai, mai. Se la ringrazi si vendicherà!". Mi guardo bene dal farlo! Buon Dashain

mercoledì 10 ottobre 2012

Le grotte celesti del Nepal

dal National Geographic
da National Geographic
















E' finalmente in edicola il numero del National Geographic di cui avevo parlato qualche giorno fa.
Vale la pena di sfogliarlo e leggerlo.
Condivido qualche immagine della rivista e qualche scatto personale

Il Kaligandaki visto da Chusang 

Parte del percorso condiviso con National Geographic.
20 muli e decine di portatori solo per l'attrezzatura

martedì 9 ottobre 2012

Una cena nepalese

Le risaie vicino a  casa
Finalmente  nella mia casa nepalese. Ognuno di noi ha una casa, quella che portiamo dentro è quella che spesso è lontana da noi. La mia casa e la mia famiglia nepalese. C'è entusiasmo intorno a me. La luce del sole scopare rapida in Nepal, le montagne ne assorbono l'intensità e la coprono con la loro forte mole. Sul sentiero che porta alle risaie non c'è più nessuno. Sono rientrati tutti, anche Badur con il nuovo trattore.
In cucina ci  si siede sulle stuoiette  intrecciate da Laxmi. Stasera c'è un grande menù per il mio arrivo. Maya ha comprato la carne al bazar.
Mentre giro il dal sulla stufetta alimentata a torsoli di pannocchie, Deepak mi fa decine di domande in nepalese. E' lì di passaggio, ospite dalla famiglia degli zii: domani ha un esame al college e da Lamatar il bus locale parte ad un orario più accettabile. Il mio arrivo lo costringerà a dormire nel tea shop. Non importa; è troppo incuriosito da questa piccola donna dalla pelle olivastra che parla la sua lingua. Le domande si affastellano l'una all'altra. Non ho il tempo di rispondere. Maya sorride soddisfatta ma mi invita a non smettere di girare il dal che altrimenti si attacca alla pentola, l'unica pentola della famiglia che servirà per scaldare o cucinare il resto.

Lamatar, Agosto 2012
Ho portato i miei doni: la pasta Barilla,  le piadine romagnole, i taralli pugliesi, i funghi porcini secchi, i biscottini dolomitici ai frutti di bosco, l'olio extravergine d'oliva abruzzese, il panforte senese, un assaggio di pesto ligure e due vasi di conserva di pomodoro e di confettura di albicocche fatti con le mie mani. Meraviglia e tante risate davanti al mio imbarazzo nel tradurre in nepalese certi termini tipicamente italiani.

Si mangia insieme, tutti insieme. Ognuno con il suo stile. Laxmi composta e delicata. Surya un po' brutalmente. Maya un po' rumorosamente così come gli altri fratelli e il papà silenzioso con le parole.  Prima di cominciare Surya mi chiede quello che da nuovo  capofamiglia mi chiede sempre: laviamoci le mani insieme. Faccio parte della famiglia e userò la loro acqua. Lui sorride soddisfatto. Adesso sono pura.
Mi sento davvero a casa.

In alcune famiglie hindu del Nepal o dell'India una serata come questa non sarebbe tollerata dalla famiglia stessa e dalla comunità di villaggio limitrofa. Generalmente sarei una fuoricasta. Mangiare sotto lo stesso tetto è inconcepibile. Questa regola non vale solo per i brahmani; nelle comunità rurali il principio si estende a tutte le differenze castali. Quello che si rischia è la perdita dello status, il non riconoscimento sociale.
Tutte le regole della vita hindu traggono origine dalla legge sacra o Dharma Sastra contenuta negl iantichi testi come il Manhu Sambhita e il Parasara Sambita.
Il buon hindu, ancora oggi, rispetta l'achara, il buon comportamento e il vichara, il discernimento nell'agire.

Che gli hindu in passato non fossero prevalentemente vegetariani lo sappiamo di certo. Anche nel Mahabharata si fa spesso riferimento a banchetti  a base di carne. In una delle sue iscrizioni l'imperatore Asoka precisa che prima della sua conversione al buddhismo venivano macellati  migliaia di animali. In sanscrito il temine che designa il cuoco è supakara, colui che cucina il brodo. E il brodo, almeno nelle antiche scritture, non è quello vegetale, il brodo è di carne. La carne è anche il piatto migliore che si può offrire ad un rishi, un saggio. In molti racconti mitologici si racconta di queste visite e di come ci si dovesse prodigare per la preparazione di un banchetto adeguato.
Paradossalmente in passato la carne di pollo era un tabù. Oggi in India e in Nepal la carne di pollo, insieme a quella di bufalo, è invece una valida alternativa alla carne bovina.
Anche il pesce veniva disprezzato. Vishnu nella sua prima incarnazione era stato un pesce, e non si poeva certo mangiare il  Dio. Oggi invece il pesce è considerata prelibatezza in Nepal  e in  stati indiani come il Kerala, Goa o il Bengala. I nepalesi  sono ghiottissimi di pesce ma probabilmente molti di loro non ne hanno mai assaggiato di fresco oppure sono abituati a quello di fiume.
 In Nepal il vegetarianesimo puro si è poco sviluppato. I newari, convertiti al buddhismo, sono dei grandi mangiatori di carne. Le basse temperature e il lavoro duro nei campi richiedono  all'organismo un sostentamento adeguato. Ma la carne costa molto e si conserva male senza frigorifero così, come nella nostra Italia pre-boom economico, la si consuma raramente, per le occasioni speciali.

Il dharma sastra impone tante limitazioni. Davanti a membri di caste diverse non si potrebbe, in teoria, consumare cibo cotto o bere acqua o liquidi in genere. Solo il latte fa eccezione, purchè non sia bollito. Il cibo o l'acqua  si contaminano. Questa regola in Nepal, come già accennato, è valida in molte caste, anche in quelle medie. Molti brahmani, ancora oggi, preferiscono mangiare in stanze separate, anche nei ristoranti e negli alberghi. A volte vengono fatte delle purificazioni generiche prima del pasto spruzzando acqua intorno al  piatto o lanciando pezzetti di sacro tulsi, basilico.

Ma nella mia casa nepalese la mia purificazione è fatta insieme ai membri della mia famiglia, non per la mia famiglia. Mi purifico io come si purificano loro. Si mangia sotto lo stesso tetto, seduti sulla stessa terra battuta; si mangia con le mani e con lo stesso fumo negli occhi, il fumo provocato dall'assenza di quella canna  fumaria che non sono ancora riuscita a far fare nella mia casa nepalese.

giovedì 4 ottobre 2012

Gayatri aurorale

(Om, bhur-bhuvah-svar)
Tat Savitur-varenyam
bhargo-devasya dhimahi
dhiyo yo nah prachodayat

Sono le 4 e 08 quando sento Laxmi alzarsi dal letto in veranda; scosta la zanzariera e poggia delicatamente i piedi sul pavimento di terra battuta per non svegliare i fratelli. Fuori è ancora buio e la vegetazione tropicale  sembra non essersi ancora destata. Solo il bufalo,  Chori, è sveglio e biascica la sua erba con serena rassegnazione.
L'intero villaggio dorme ma tante piccole ombre si muovono furtivamente. Sono le donne di Lamatar.
Laxmi, insieme alle altre fanciulle della sua casta, si sveglia presto per lavarsi lontana da occhi indiscreti. Dopo la purificazione  giungerà il momento del lavoro: la preparazione del tè per la famiglia e la macinazione delle spezie fresche utili al pranzo.
Le donne di casta brahmana, separatamente rispetto agli uomini, recitano il loro Gayatri.

Nella mia traduzione :

Riceviamo lo splendore adorabile di Savitri (il sole)
Possa risvegliare le nostre menti

Si tratta di un invito alla mente affinchè possa essere aperta alla parola divina.
Nessun Sudra può pronunciare queste parole. Il brahmino le recita con la massima gravità e reverenza, attraverso  quello che in sancrito è definito sraddha.
Solo 2 donne a Lamatar conoscono il Gayatri
In Nepal, come in alcune zone dell'India, la divisione di casta è forte.
Ogni famiglia ha un'immagine divina in casa. I più ricchi hanno acquistato un piccolo quadretto di Shiva a  Trishuli Bazar. I più tradizionalisti o anziani pregano davanti ad un consunto lingam o un fossile di ammonite simbolo materiale di Visnu o Narayan.
Nel piccolo tempio di Lamatar non c'è nessuna immagine, il sindur confonde le forme e per un momento nessuna differenza di casta sembra possibile.

I Gayatri più intensi li ho visti in India, a Varanasi. Le prime luci dell'alba colpiscono la pelle lucida immersa nel Gange, nella madre Durga. Le donne, anche le più anziane, sfilano in processione con i loro piccoli orci in ottone. Anche le vedove  giungono al fiume per purificarsi. Fino a sera nessuno le potrà più toccare. Ogni tocco o sguardo indiscreto  renderà necessaria una nuova purificazione.
Un nuovo giorno sta per cominciare  in Nepal e in India. Lo stesso sole illuminerà quella terra. Quel sole che in queste settimane rimane visibile per tutta la giornata dopo la lunga stagione monsonica. La luce e il calore sono gli stessi ma i riti sono diversi. Quella di Laxmi è una preghiera rapida, cucita nel profondo del cuore. Quella della vedova  d brahmana è bagnata e solenne. Il sole  bacerà entrambe, con lo stesso calore