Visualizzazione post con etichetta Kathmandu. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Kathmandu. Mostra tutti i post

giovedì 7 novembre 2013

Chhath festival 2013. Il sole che purifica.

Rani Pokhari, Kathmandu 2008-2009
E dopo la luce e la speranza di ricchezza  di Diwali arriva  prosperità anche dal sole purificatore.  Il Chhat festival è un evento importante in Nepal  e in molti altri paesi del subcontinenete. Una festa hindu che ha tanti interessanti significati.
Siamo nel mese di Kartik in Nepal. Il festival, della durata di tre giorni, prevede la preparazioni di cibi speciali, non contaminat e l'offerta di prasad presso i principali templi posti nei pressi di acqua. L'offerta mattutina al sole coincide con la fine di un digiuno di purificazione. Le richieste fatte a Surya sono quelle di ricchezza, salute e purificazione, soprattutto della pelle. Moltissimi adolescenti tormentati dall'acne si recano all'alba presso il Rani Pokhari, रानी पोखरी (il lago della regina), uno stagno con un tempietto storico di epoca Malla costruito a Kathamndu dal  re Pratap per la sua regina disperata per la perdita del giovane figlio Chackrawotendra. Il Rani Pokhari è aperto solo per 2 giorni l'anno e in esso viene celebrata la Bhai tika, la benedizione delle sorelle ai fratelli.
Questi riti hanno origini antichissime. La prima a pregare il sole per ottenere la salute dei cari sembra sia
stata Draupadi nel Mahabharata.
Intristisce sapere che, a pochi giorni dalle elezioni in Nepal, i partiti abbiano litigato tra loro per l'organizzazione dell'evento e per la raccolta fondi legata ad esso. Pochi giorni e il Nepal saprà il suo destino politico e costituzionale. Che Surya possa illuminarne il cammino!

domenica 26 maggio 2013

Il Festival del turismo nepalese

Anche il Nepal fa marketing e auto-promozione. Tre giorni di festival per promuovere il turismo, la cultura, i prodotti e il cibo nepalesi. In più di 50.000 hanno affollato la City Hall. I promotori sono le agenzie di viaggio, i rappresentanti dei distretti e delle province, i ristoratori, le associazioni e i semplici cittadini intraprendenti. Si possono prendere informazioni turistiche e assistere a piccoli spettacoli culturali. Una novità a Kathmandu. Gli organizzatori ? Il WWAG, il West Womwn Aware Group. L'ingresso parte da 30 rupie per arrivare alle 1000 dei programmi culturali più importanti. Ancora una tentativo dunque per il turismo in Nepal. Sperando che il cielo resti clememte.

venerdì 24 maggio 2013

Piove anche in Nepal!








Aanche in Nepal un'insolita primavera. Monsone in netto anticipo. Ieri la capitale Kathmandu si è totalmente paralizzata. Il traffico fermo per ore. L'acqua ha raggiunto i due metri in alcuni quartieri della città. Il già delicato e instabile sistema fognario e idrico ha ceduto sotto i colpi di un diluvio annunciato; ma non si poteva prevedere una così elevata portata. Adesso la città fa il conto dei danni e  chiude le casse di quegli ultimi affari turistici della stagione. Si attendono i turisti europei dell'ultimo minuto, i folli innamorati d'Asia che sperano di poter scorgere un pezzzetto di azzurro nel cielo del Nepal sopra all'Himalaya

sabato 18 maggio 2013

Il Nepal e la Cina: un patto di fratellanza a caro prezzo

La strada per Kodari. Una frana durante il monsone. Luglio-Agosto 2010
Kodari. L'ultimo paese nepalese prima del Friendship bridge, il ponte che collega il Nepal e il Tibet. Un posto umido e poco illuminato dal sole. Un paese di frontiera dove nessuno sembra essere consapevole della propria natura. Non sembra neanche di essere in Nepal. Guardando in alto si vede l'imponenete porta blu che porta alla Cina, al Tibet.

I rapporti tra Cina e Nepal stanno diventando sempre più stretti. L'appoggio dato politicamente dal Nepal al controllo delle minoranze tibetane è ormai noto e riconosciuto. Già dagli anni della resistanza Kampa, sull'altopiano dei sospiri in Mustang, il governo nepalese, allora ancora monarchico, non si era tirato indietro quando, negli anni 60, si è operata una forte repressione desiderata dall'ex celeste impero. Molti guerrieri decisero di uccidersi piuttosto che arrendersi o essere imprigionati.

La fratellanza tra Cina e Nepal è però anche di natura economica. Il Nepal rappresenta un facile sbocco verso il mercato indiano. Di contro il Nepal dipende in gran parte da quella energia idrica che  le riserve tibetane possono garantire. Così, mentre il Buthan cede energia all'India, i cinesi pensano ai vicini nepalesi. L'obiettivo sarebbe quello di assicurare una copertura di energia elettrica almeno per età della quotidianità nepalese. Tale obiettivo, previsto per il prossimo inverno, dovrebbe essere reso possibile dalla costruzione di una centrale finanziata dal Dragone.

Il Friendship bridge tra Nepal e Tibet. Agosto 2011
Anche il rafforzamento del sistema stradale nepalese fa parte di tale politica. I luoghi dove sono rinforzate le infrastrutture non sono casuali: il percorso per Kyirong o per Lo Matang a pochi kilometri dal Tibet. Oggi il Trekking in Mustang lo si può fare in jeep evitando così il fascino e la fatica delle antiche mulattiere dei commercianti del sale.

Kathmandu sta sviluppando, come altre città del mondo, un vasta Chinatown. All'apparenza non sembra visibile perchè i cinesi stanno acquistando le attività commerciali che risultano sulle retrovie. I grandi alberghi o i ristoranti. I prodotti dei bazar o dei mercatini rionali nei parchi sono esclusivamente made in China.

Cina e Nepal sono inoltre vicine politicamente. Il potere maoista nepalese, sebbene originato da cause e persorsi diversi, ha molto in comune con alcune correnti del maoismo cinese ancora in voga. Il controllo, l'intimidazione e l'imposizione di un principio da applicare o far  rispettare a tutti i costi sembrano gli stessi.

Oggi l'amicizia sempre più stretta tra i due paesi rende possibile nuove regolamentazioni dei confini. I permessi giornalieri dei nepalesi per l'ingresso in Tibet rendono possibili traffici di ogni genere: merci denaro e persone. Le ragazze nepalesi sono spesso vittime di un commercio del sesso che ha scarsissimo controllo. La maggior parte delle volte le protagoniste sono poco più che bambine.

lunedì 7 gennaio 2013

Basta con la violenza!

Anche in Nepal, come in India, sono cominciate le proteste contro la violenza sulle donne. Qualche settimana fa, all'Aeroporto Interazionale di Kathmandu, una giovane ragazza migrante di ritorno nella sua terra è stata violentata da un poliziotto. Adescata con la scusa di un controllo di routine è stata violentata e picchiata. Tre giorni fa , a Nord di Kathmandu, un ragazzo di 23 anni ha provato a violentare una bimba di 6 anni. 6 ANNI! Ora gli attivisti chiedono giustizia e lo fanno usando la tecnologia; on line è disponibile la petizione da inviare al Primo Ministro. Su twitter si rincorrono i messaggi che propongono di occupare la  residenza di Bhattarai.

Quello delle violenze è un problema grave che non esiste certo solo da oggi o dal 18 Dicembre, quando l'India sembra essersi svegliata. Qui le immagini forti di uno stupro e omicidio ai danni di due donne dalit nel 2010

martedì 17 aprile 2012

Nuovi diritti in Nepal

Pulizie di primavera in Nepal. Dopo 5 anni di sospensione migliaia di ex guerriglieri maoisti hanno trovato una collocazione nella società nepalese.6000 dei 9000  guerriglieri sono stati regolarmente assorbiti dall’esercito regolare. La conclusione del processo di pace vede sicuramente soddisfatta la Cina che guarda di buon occhio il rimpolparsi dell’esercito in uno stato limitrofo e amico.
Nel frattempo il paese continua a distinguersi per la lotta omosessuale. Qualche settimana fa sul Kathmandu Post era possibile leggere un articolo originale.  Sunil Babu Pant, presidente della Blue Diamond Society, l’organizzazione nepalese per i diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali,  ha scritto al fondatore di Facebook, Zuckerberg, per chiedere l’introduzione del “terzo sesso” nelle opzioni del profilo. Non è la prima campagna di questo genere in Nepal. Se ne è già parlato  qui. Dal 20011 è possibile indicare questa “opzione” sui documenti di identità. Il social network ancora non dà risposta.  Nell’attesa l’associazione organizza i primi giochi sportivi gay che dovrebbero svolgersi nella capitale a settembre.


Hanno visto riconosciuti ai loro diritti anche i  badi, una casta disprezzata in Nepal. Più di 50.000 persone (forse 100.000) appartengono a questa casta considerata più bassa  di quella dei dalit o dei fuori casta in genere.  I badi cantano, danzano e intrattengono in occasioni di feste o matrimoni. Più comunemente sono prostitute e non hanno famiglia, cognome o riconoscimenti sociali. Il governo ha concesso loro la cittadinanza. Il potere laico sta cercando di cambiare radicalmente il paese.

Lotta per i diritti diversa è quella riguardante il tempio di Pashupatinath. Più volte si è ricordata l’importanza di questo sito per  i nepalesi e per gli hindu.  Nel contenzioso tra autorità civili e religiose il governo l’ha spuntata.Dopo 1000 anni di gestione religiosa la zona sacra passa sotto il controllo del Ministero della Cultura. Il governo raggranella così un bel gruzzoletto dalle donazioni fatte dai fedeli: circa 50.000 euro al mese! Non ci si fidava più del Mul bhatta, il sommo sacerdote, o siamo semplicemente in tempo di crisi? Nonostante la decisione della Corte suprema vada contro la corruzione e le appropriazioni indebite dilaganti tra i bhandaris,  la reazione degli attivisti hindu e del  Padt non è stata delle migliori. Certo il passaggio alla gestione di sacerdoti solo nepalesi è vista come un successo, ma lo zampino della mano governativa sul tempio è percepito quasi come un atto sacrilego, almeno tra i credenti più tradizionalisti. La presenza di sacerdoti indiani, così come da tradizione, non sembra per il momento messa in pericolo.
Quest’ondata di laicismo e apertura al diverso accontenterà tutti? Il Nepal è davvero pronto alla modernità e al possibilismo estremo? Forse si.

martedì 6 dicembre 2011

Nepal: le risaie e il sogno dell'esercito in musica

Ormai possiamo dire che è sicuro. Gli ex guerriglieri maoisti sono stati assorbiti nell'esercito ufficiale.
Un processo lunghissimo quello per la pace. Un processo nel quale ha fallito l'ONU e che ha visto il successo  del neo-eletto  Baburam Bharattai. 
Ma cosa rappresenta l'esercito per un ragazzo nepalese? Me lo sono chiesta tante volte così come l'ho chiesto ai miei giovani amici nepalesi. In Nepal, in quel meraviglioso paese di terrazze verdi inondate di luce, la terra è la prima madre. Molti giovani possono avere come massima aspirazione quella di continuare il mestiere dei padri. L'agricoltura è la principale attività del paese. Tè, riso e canna da zucchero crescono tranquillamente sotto i 2000 mt. Ad altezze irrisorie per i canoni nepalesi. Non ci si può sorprendere nel vedere succose pesche a 3000  mt. In Nepal rientra negli standard di un sistema di culture che si sposta verso l'alto, verso le cime dove dormono  gli dei. A spostarsi con l'agricoltura c'è dunque anche il lavoro dei giovani. Ma la terra non basta a tutti.  Il lavoro nelle risaie è duro, scomodo e a volte poco redditizio.
Spesso le famiglie sono legate a sistemi fondiari dove il ricco padrone terriero vive da generazioni in città. 
Il contadino deve dunque sperare in un buon raccolto e in un prezzo di mercato generoso.
Negli ultimi anni però le importazioni dalla Cina e dall'India hanno reso sempre più difficile l'autosostentamento delle famiglie rurali. I prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità sono sempre più elevati. La mancanza di incentivi e sussidi da parte dello Stato rende i costi di produzione altissimi. Basta un monsone troppo violento o troppo mite, l'arrivo di un prodotto competitivo dai concorrenti e l'aumento dei carburanti per avere tutti gli ingredienti utili a realizzare la miseria.
Cosa può fare dunque il giovane nepalese? Rimanere nel villaggio o tentare la fortuna in città? E in città? Quale fortuna cercare? Ormai il settore del turismo è saturo. Kathmandu sembra esplodere.
L'esercito è il sogno dei giovani nepalesi: un lavoro sicuro, statale, ben retribuito, non troppo rischioso (in Nepal sono finiti i momenti di tensione estrema e, comunque, di solito l'esercito picchia duro, non viene picchiato) e che assicura una positiva immagine sociale. 


Gli Kshatriya nella religione hindu sono i guerrieri, coloro che assicurano il governo e la difesa. Nel sistema castale generico rappresentano la seconda posizione più importante  dopo i Brahamani. Oggi in Nepal il sistema delle caste non è rigido  come in alcune zone dell'India ma i requisiti per entrare nell'esercito sono duri e  selettivi. Forti, prestanti, in salute  e sicuri di sè. Quanti giovani nepalesi, confusi e speranzosi  in arrivo dai villaggi rurali hanno tutte queste caratteristiche? Pochi.


Vi posto il video di un gruppo musicale piuttosto noto in Nepal. Un gruppo giovane, gli AD 1974, attivo nella salvaguardia dei più deboli e impegnato in attività  di volontariato e sostegno. Gli U2 nepalesi secondo un mio giovane amico nepalese. Nel video è visibile il sogno dell'esercito. Triste ma vera realtà.

domenica 4 settembre 2011

Palpasa Caffe': un romanzo dal Nepal


“Proprio tu, che sembri una di noi, che parli la nostra lingua e fai battere il tuo cuore per il Nepal, non puoi non leggere questo romanzo!”
Cosi' mi esortavano gli amici nepalesi in merito a questo best seller, Palpasa Cafe'.
Il romanzo e' uscito, in nepalese, nel 2005, in piena guerra civile. L'autore e' il noto giornalista del Kantipur Daily Narayan Wagle.
In Nepal questo romanzo e' famosissimo. Per un paese che mediamente non e' molto interessato alla letteratura e che ha una percentuale di lettori abitudinari bassissima, la vendita di 25000 copie in soli due anni rappresenta un record assoluto. L'entusiasmo con il quale mi veniva presentato il testo mi aveva sempre preoccupata. Sapendo che si trattava in parte di una storia d'amore mi chiedevo: “Questo Wagle sara' mica il Moccia del Nepal?”.
Il mio approssimativo nepalese mi allontanava dalla lettura fino a quando, in una libreria di Kathmandu, ho trovato la traduzione in inglese.

Gli amici nepalesi avevano ragione. Con buon merito questo romanzo ha vinto il prestigioso premio letterario nepalese Madan Puraskar, l'equivalente del Pullitzer Prize degli Stati Uniti.
Non si tratta affatto di una mielosa storia d'amore! Tutt'altro!
Wagle utilizza un plot articolato come una scatola cinese. L'esperimento funziona benissimo a livello narratologico. Il lettore alterna momenti di appassionato coinvolgimento a momenti di stupore a seguito di improvvisi colpi di scena o commoventi episodi, fino alla circolare chiusura che lascia aperta una porta esegetica.


Lo sfondo e' quello di Kathmandu, di un ambiente artistico insolito, delle colline impervie che affacciano sulla Valle. L'ombra costante e' quella della guerra civile, degli intensi anni di guerriglia a seguito dell'eccidio reale del 2001.

Il protagonista e' Drishya, un artista, un pittore nepalese che insegue la bellezza in ogni singolo movimento percepito, dai fiori che cadono in citta' prima del monsone, fino all'intenso colore dei paesaggi collinari e montani. Intorno a lui si muove un Nepal inquieto che si avvicina agli anni piu' cruenti del conflitto civile.

Drishya ha un sogno, quello di costruire un luogo speciale sulle colline. Un posto isolato dove gli artisti possano trovare se stessi, l'ispirazione, la pace; un rifugio solitario e incontaminato lontano dalla violenza e dal qualunquismo. Il suo angolo di Paradiso dovrebbe chiamarsi Palpasa Caffe'. Ma Drishya deve fare i conti con la realta', con il potere, con chi lo vuole prendere, con chi lo strumentalizza e lo piega verso una strada sbagliata.

Chi e' Palpasa? Colei che e' riuscita a strappare l'artista dalla sua solitudine, dal suo isolamento artistico. Colei che capisce la sua arte e forse comincia ad amarlo per quello che e'. Ma non siamo davanti al plot di una storia d'amore qualsiasi. La loro e' un'unione di anime che non ha bisogno di dichiarazioni, gesti fisici o unioni. Un amore inespresso che rimane eterno, nella memoria.
Palpasa Caffe' e' la storia di un sogno irrealizzato, un sogno che coinvolge e commuove. Una storia che rimane sullo sfondo, anche se intensa. Palpasa caffe' non e' un romanzo d'amore e Wagle non e' il Moccia nepalese.

Il rapporto tra Drishya e Palpasa e' quello tra artista e ricettore, tra colui che imprime un sentimento attraverso il colore e chi lo riceve e lo fruisce. Amore e arte assumono le stesse tonalita'. L'arte e' una forma di amore.

I vero fulcro del romanzo e' l'esperienza di Drishya, il suo cercare di capire se stesso e quello che sta accadendo nel suo paese. Cercare delle spiegazioni significa tornare indietro, verso il proprio passato, le proprie origini. Il villaggio dove e' nato e' cambiato. Ora ci sono i maoisti a dettar legge, ad imporre la violenza e l'arruolamento in un conflitto del quale non si conoscono le cause precise.
Qual e' il mezzo per raggiungere la pace e la giustizia? La guerra. La violenza. Qualcuno impone questa legge senza alternativa.


How can you ever justify violence?” Drishya asks.
Siddhartha replies: “Without destroying you can’t build anew.”
“But people are dying,” Drishya pleads.
“The people don’t need peace, they need justice,” says his Maoist friend, “If there is justice there will be peace.”
“But you are carrying out injustices in the name of justice,” says Drishya one last time but it is clear the two can’t even agree to disagree.


Dopo la strage reale del 2001 si scelse la violenza. Kathmndu viene descritta come confusionaria e attonita. Wagle riporta nel romanzo la sua esperienza diretta di giornalista, la sua percezione di quei giorni, la percezione dei nepalesi: l'incredulita', lo sconvolgimento, il sospetto.
Si rispose alla violenza con la violenza. Le giovani generazioni vogliono il cambiamento, nuove opportunita'. Per loro, per alcuni di loro, questo cambiamento e' realizzabile attraverso le armi, la ribellione, la Rivoluzione. L'arruolamento diventa in certa misura obbligatorio cosi' come il rischio che ne consegue. L'esercito in citta'. I maoisti sulle colline. Una pressione feroce sulle zone rurali, sull'esasperazione del popolo e sulla sua mancanza di mezzi.
Si promettono ricchezza e istruzione in nome della guerra, in nome delle armi. Anche le bambine vengono precettate. Chi non muore nelle esplosioni degli attentati dinamitardi marcia in nome dei guerriglieri maoisti. Il giovane che non dono se stesso in nome della rivoluzione costringe la famiglia a pagare cifre improponibili in nome del “People of new power”.

La natura descritta e' commossa e partecipe. Il sogno di vivere in un villaggio pur rimanendo isolati dal “villaggio globale” rimane sullo sfondo. Il gap tra citta' e campagna e' forte.
Quello di Drishya e' un percorso sofferente. L'arista non sente la guerra come sua, non sente la violenza e si dichiara neutrale. L'arte non puo' abbracciare un credo politico o impugnare una bomba perche' si basa su un'ispirazione profonda che ignora l'ira sociale.
Ma anche chi vole rimanere se stesso finisce per perdere se stesso e la propria identita'. Sembra impossibile non entrare nella follia. Non si riesce a sfuggire alla guerra,nda se stessi e dai propri sentimenti.

Un libro interessante e ben scritto, che fa emergere molti interessanti temi oltre a quello politico e storico: l'amicizia, l'arte, l'amore, l situazione sociale ed economica del Nepal, il rapporto con l'Occidente, il rapporto tra generazioni, tra tradizione e modernita', l'emigrazione.

Premi e successo meritatissimi per un autore nepalese che sorprende.
Per chi volesse procurarsi il testo, a sole 300 Rs, puo' consultare il sito della Piligrim's Book di Kathmandu

venerdì 2 settembre 2011

Nepal: Armi, miss e francobolli

Le armi e le donne.......
Ci verrebbe in mente una poesia provenzale e invece........siamo ancora in Nepal.
Il nuovo governo maoisa ha fatto un nuovo passo giusto, gradito agli Stati Uniti. Ha consegnato ufficialmente le armi  della guerra civile nascoste in varie parti del paese dalla fine del conflitto. Sono le armi usate dall'esercito  di liberazione del popolo a partire dal 2001, una spina nel fianco per il processo di pace.

Il Nepal guarda verso la pace e verso la bellezza. Si distrae ed elegge la sua nuova Miss. Come in ogni concorso che si rispetti..il risultato e' deludente. Tante  amiche nepalesi, poco Miss ma con la testa protesa verso il futuro, potrebbero sicuramente competere con lei, anche in bellezza, e vincere


Aumenta anche il patriottismo in Nepal, non solo per le bellezze locali.
Lo Sri Lanka  ha  recentememte emesso un francobollo da 5 rupie con i luoghi piu' importanti della vita di Buddha. Per i cingalesi Lumbini diventa magicamente indiana e enon nepalese.

I fieri abitanti di Kathmandu, anche i non buddhisti, si sono infuriati  e hanno richiesto il ritiro del frncobollo. Comprensibile richiesta! Un po' di geografia per i cingalesi!




mercoledì 31 agosto 2011

Teej :la festa del digiuno in onore del propio uomo in Nepal!


Oggi in Nepal ricorre una delle piu' importanti fesività:Teej
L'evento e' particolarmente sentito per le donne. Si festeggia Parvati e, in particolare, la sua unione con Shiva. Parvati e' l'immagine della moglie perfetta, una figura piu' sentita in Nepal rispetto alla casta Sita.
Il nome Teej viene da un insetto rosso caratteristico della stagione monsonica
Ogni anno l'evento e' attesissimo. Solitamente cade il terzo giorno di Shokla Paksha durante il Shaavan del calendario hindu. In India la festivita' anticipa ritualmente il monsone. In Nepal invece sembra quasi volerlo salutare. Le ulime piogge si abbattono sulla valle di Kathmandu ma le nepalesi non rinunciano a questo giorno, al loro Dar Khane Din.
Ogni donna diventa una piccola Parvati in grado di assicurare la benedizione al suo amato. Per farlo e' necessario purificare il corpo e l'anima, vestire di rosso, indossare bracciali e collane rosse, mettere tika e sindur.
Ma non e' finita! Per assicurare la salute e la prosperita' al proprio amato le donne si astengono dal cibo e dal bere fino alla mezzanotte. E' discrezione del compagno concedere l'autorizzazione a farlo. In alcuni casi alcune mangiano solo frutta o bevono solo acqua. Il digiuno prende il nome di Nirjalain Nepal.
Per dissuadere i morsi della fame ci si riunisce e ci si distrae cantando e danzando, solitamente intorno ad un lingam che ricordi Shiva. Il posto in assoluto piu' frequentato e' Pashupatinath.
Come nel giorno dedicato a Laxmi, anche oggi verranno tenute lampade accese per indicare la via al dio e alla sua benevolenza.
Un augurio a tutte le donne del Nepal, augurandoci che qualcuna riceva presto, da un solerte compagno, il “permesso” per cibarsi!

giovedì 7 luglio 2011

Auguri vietati per il Dalai Lama in Cina e Nepal


Oggi Kundun, il leader spirituale del popolo tibetano, compie 76 anni. Il governo cinese ha inasprito i controlli e le repressioni per tale evento. Tre giorni fa Yoube è stato oscurato in Cina. Anche il Nepal segue le orme del grande fratello. Sono state vietate manifestazioni e raduni nella capitale Kathmadu. I tibetani sono stati invitati a pregare e festeggiare privatamente solo all'interno delle case e dei monasteri. Fino a qualche tempo fa, almeno in Nepal, nella zona di Boudhanath a maggioranza tibetana, era concessa la chiusura dei negozi per 2 o 3 giorni. I tibetani danno molta importanza a questo evento. Solitamente il compleanno, per la cultura tibetana, non riveste un grande significato. In alcune zone del Tibet non si festeggia, molti non sanno neanche precisamente quanti anni hanno, altri ancora seguono la tradizione del calcolo a partire dal concepimento, non dalla nascita. In questo modo si possono calcolare sempre 9 mesi in più.
Ma quello in onore del Dalai Lama è un festeggiamento particolare, ha un intenso valore spirituale perchè è legato al concetto di reicarnazione. Il Dalai Lama è infatti considerato la reincarnazione del Bodhisattva Avaloketesvara, la personificazione della compassione illimitata.

La reincarnazione ha origini fin dal  XII secolo a.C. E' cominciata con Dusum Kenpha, il primo Karnapa (110-1193) e il primo dei lama incarnati (tulku). Fino ad oggi ci sono state 14 successive reincarnazioni di questo lama. Il quattordicesimo è appunto Tenzin Gyatzo, il leader spirituale tibetano in esilio a Dharamsala
Il governo nepalese ha assecondato le richieste cinesi e ha vietato l'afflusso presto una scuola dove era prevista una manifestazione. La polizia ha fatto entrare solo gli studenti in uniforme vietando l'accesso ai monaci e alle monache. Tre tibetani sono stati  arrestati e portati via in malo modo dalle forze dell'ordine  perchè hanno provato a ribellarsi.
Il 2011 è un anno che spaventa molto la Cina. Attualmente il confine del Tibet è chiuso per turisti  e ricercatori. Le autorità nepalesi dicono che riapriranno il 25 luglio. Ufficialmente il motivo della chiusura è il clima rigido e l scarsa capacità ricettiva del paese. Il vero motivo è legato al timore di disordini. Negli stessi giorni sono intensificati anche i controlli per i visti per la Cina. Ci sono cose che non possono essere mostrate!
Tanti auguri al Dalai Lama!

venerdì 3 giugno 2011

FREE TIBET, non BRAND TIBET! UNA QUESTIONE REALE ED ATTUALE


Nel 2010 è stato pubblicato un testo che presenta una coraggiosa tesi a riguardo della questione tibetana.. Gli autori sono Simone Pieranni e Mauro Crocenzi. Il titolo è "Brand Tibet”: la causa tibetana e il suo marketing in Occidente", edito da DeriveApprodi. Il piccolo saggio sta avendo una discreta diffusione tra coloro che si interessano all’argomento.
I rapporti tra Cina e Tibet vengono analizzati secondo un’ interessante e ardita luce.
L'Occidente si dimostrerebbe interessato alla questione tibetana in quanto ignorante in merito ai veri rapporti storico-sociali  tra i due paesi  asiatici e affascinato dal mito positivo creato intorno al Tibet. Il fatto che molti ignorino le concrete e dettagliate relazioni tra i due paesi nel corso della storia non presuppone che tra questi non esista una tensione reale. La questione tibetana c'è ed è un problema 
L'interesse dell'Occidente sarebbe, secondo gli autori, giustificato da una mera assuefazione di un'immagine spirituale un po' forzata creata appositamente, con il tempo, dal Dalai Lama e dal governo tibetano in esilio a Dharamsala.
In questa prospettiva il Free Tibet diventerebbe un brand, un logo trito e ritrito, una forma di marketing e moda utilizzati nei contesti più disparati e divergenti, lontani dalle reali necessità del popolo tibetano.
Questa prospettiva sarebbe confermata dal sostegno arbitrario dato alla causa da parte di personaggi noti o meno noti che sventolano una bandiera che è in sè l'icona di un mondo sacro e perduto.
La causa tibetana è diventata, secondo questa tesi, un endorsement, un messaggio pubblicitario diffuso grazie all'utilizzo di un testimonial, un’icona; non importa se essa sia Richard Gere o il Dalai Lama. Servirsi un testimonial per diffondere un messaggio sul rispetto dei diritti umani non significa necessariamente che la questione che viene proposta non sia problematica. La questione tibetana c'è ed è un problema 

Secondo quest'ottica, sostenere il Tibet significa, in realtà, essere anticinesi. Deprecare l'azione cinese in Tibet equivarrebbe, in realtà, a disprezzare la Cina per nascondere il timore che attraversa l'Occidente in merito alla ruggente avanzata economica che sta effettuando.
La Cina viene inoltre temuta perchè rappresenta lo spettro del modello comunista asiatico, minaccia per l'Occidente capitalistico.
Il problema non sta nell'individuazione dei possibili punti di accusa nei confronti del colosso cinese. Bisognerebbe evitare di confondere i piani di analisi. Non si decide di appoggiare  il Tibet perchè in realtà si disprezza e si teme la Cina tout court. Si appoggia il Tibet per il problema che in esso è presente, per i rapporti che esso ha con i cinesi,  perchè  la questione tibetana c'è ed è un problema.

 I soprusi subiti dal Tibet negli ultimi anni hanno sicuramente mosso il mondo e suscitato l'interesse di gruppi tra loro anche molto eterogenei. Il  fatto che gruppi come la Lega Nord e il neofascismo italiano dimostrino interesse per la causa, non significa che il problema non esista, che non vada affrontato o che la motivazione risiede semplicemente in un gesto di opposizione all'ombra rossa del comunismo.
Molti occidentali ignorano la complessità dei  rapporti sino-cinesi. Questo non vuol dire affatto che non esista una reale emergenza. A volte non occorre conoscere appieno tutti i dettagli storici per determinare l'evidente ingerenza di un popolo su un altro.  La questione tibetana c'è ed è un problema.

Prima del colonialismo le relazioni tra Tibet e Cina furono animati da ottimi rapporti. Sarebbero state le potenze occidentali ad importare principi quali l'idea di Stato-nazione, sovranità e indipendenza.
L'ingerenza propagandistica dei suoi principi da parte dell'Occidente è cosa nota. Tale dimensione è estendibile ben oltre il colonialismo inglese. E' opportuno però non confondere i piani di analisi. Sottolineare il ruolo dell'Occidente nel rafforzamento di determinati ideali non significa che tali ideali non debbano essere legittimi in un Paese che in passato non li ha condivisi. La questione tibetana c'è ed è un problema 
Il rispetto verso il Tibet, e di conseguenza la formazione del brand, deriverebbero dalla graduale formazione di un "mito-Tibet". Il paese sarebbe stato col tempo accostato alla dimensione spirituale e misterica. Secondo questa prospettiva il mondo Occidentale sarebbe affascinato dal paese delle nevi per la sua dimensione pura e inalterata. A formare tale affabulatoria dimensione avrebbe contribuito non poco la politica progressista-pubblicitaria del Dalai Lama che, a detta di chi sostiene tale modello, avrebbe saputo sfruttare a suo favore il rinnovamento avvenuto negli ultimi anni all'interno del buddismo.
L'uomo occidentale sostiene il Tibet perchè vede in esso e nella sua religione il modello di quella vita spiituale di cui ha bisogno, perchè schiacciato dall'alienazione e dalla logica del profitto e del lavoro moderni.
Il Tibet è un paese che ha in sè molte dimensioni. Quella spirituale sicuramente è una di queste.Non è la sola. Così come l'Occidente è cristiano e laico al tempo stesso. Ogni popolazione ha i suoi punti di forza così come i suoi limiti. Il buddismo non è religione interpretabile a pieno piacimento, non è moda; così come il "modernismo buddista" non è la via più facile per ottenere consenso. L'apertura del buddismo al vivere moderno ha seplicemente puntato ad un alleggerimento degli aspetti più dogmatici e fidestici. Un processo simile si è verificato anche per il mondo cristiano cattolico con il Concilio Vaticano II.
L'internazionalizzazione della causa tibetana non è studiata a tavolino così come non si serve di un immagine falsa e posticcia creata ad hoc per le diverse circostanze. La questione tibetana c'è ed è un problema 

Non si può generalizzare la natura pacifista dei tibetano così come non si può estendere l'etichetta violenta a tutti gli han. La repressione cinese è sicuramente da condannare. E' opportuno comunque fare sempre chiarezza rispetto alle complesse dinamiche sino-tibetane nel corso della storia dell'ultimo secolo.

I rapporti, più o meno pacifici, tra Cina e Tibet ci sono sicuramente stati. Basti ricordare la figura della principessa  Weng Cheng e l'accordo matrimoniale tra i due imperi nel VII sec. I sostenitori della posizione cinese, coloro che identificano l'occupazione come una liberazione, riappropriazione di quello che gia' apparteneva all'Impero, vedono nella politica di accordo del XIII sec, tra sakya e Yuan mongoli, il primo embrione di un processo che vede definitivamente la fine della piena indipendenza del Tibet, la prima forma di annessione. 
Ma la Cina, ricordiamolo, nasce solo nel 1912, con la caduta dell'impero.

Neanche il positivo rapporto con la dinastia Ch'ing, a partire dal XVIII secolo, puo rappresentare una valida giustificazione ad un'ottica di legittimazione. Senza dubbio e' da considerare il ruolo positivo della dinastia nei confronti della diffusione del buddhismo o a riguardo nelle minacciose popolazioni nomadi mongole. Nonostante cio' l'atto di sottomissione politica all'Impero non si concretizza in un potere e controllo effettivi. Possiamo parlare ancora di autonomia politica. L'impero esercitava una forma di protettorato.

Le motivazioni dell'invasione del Tibet vanno ricercate negli ideali serpeggianti all'interno della Repubblica cinese al momento della sua nascita: un forte nazionalismo e una politica di integrazione culturale forzata. Ma il Tibet tra il 1912 e il 1951  e' una nazione grande come l'Europa occidentale, totalmente indipendente. O meglio: avrebbe potuto portare avanti una piu forte politica indipendentista. Il fallimento di tale progetto e' probabilmente di natura sia esterna che interna: non si ebbe un convinto supporto britannico; ci furono troppe rivalita' politiche all'interno degli stessi schieramenti tibetani, poco inclini ad accetare incondizionatamente un potere centrale evidenziabile nella figura del Dalai Lama.
La stessa Cina non applico' subito il su progetto di annessione perche' impegnata a fronteggiare problemi piu' pressanti come la guerra civile con i comunisti, l'imperialismo giapponese e la seconda guerra mondiale.
Ma con Mao e la RPC  gli ideali comunisti di egalitarismo ateo male si accostavano alla vicinanza con un paese cosi' legato al buddhismo.La repressione fu quasi percepita come d'obbligo.

Poco vale ricordare la posizione moderata di Deng Xiaoping negli anni 80’, se la accostiamo alla massiccia migrazione di han sul suolo tibetano e all'ideale di forte identita' cinese che essa veicola. Un'identita' mutietnica che i tibetani hanno pagato con la graduale cancellazione della loro cultura originaria. Non e' un caso dunque se, proprio negli anni 90’, dopo le rivolte di Lasha del 1987, sia avvenuta la crescita della politica repressiva e delle campagne di "rieducazone".

Oggi, dal punto di vista del diritto internazionale, il Tibet viene riconosciuto come nazione indipendente “De jure e de facto”.
Considerare come giustificazione all'occupazione i passati rapporti prima della nascita della RPC equivarrebbe a poter legittimare possibili diritti dell'Inghilterra sulla Gran Bretagna in virtù dell'antico potere coloniale.
In verita' la RPC non rivendicava quello che le apparteneva, seplicemente cercava di uniformare un territorio che percepiva come proprio, un territorio fastidiosamente arretrato, religioso, spirituale. La Cina percepiva nella sua azione di dominio un preciso obiettivo: quello di liberare il Tibet, antico territorio protetto dal celeste impero, dalle ingerenze delle forze imperialistiche occidentali. La sorte, ironica, ha visto in quelle stesse forze, uno spiraglio di salvezza, una cassa di risonanza per una voce di protesta contro le violazioni dei piu' essenziali diritti umani. Una voce che, con o senza brand, continua a farsi sentire.

La tesi sostenuta da  Pieranni e Crocenzi  è dunque riginale e ardita ma, a mio avviso, poco condivisibile. Si possono inoltre fare ulteriori osservazioni.

da sangye.it
Non si può comunque ignorare una condizione di oppressione che dura da anni. Quelli della Rivoluzione culturale sono stati sicuramente gli anni peggiori, anni in cui centinaia di monasteri sono stati distrutti, migliaia di monaci e tibetani laici sono stati incarcerati e uccisi. Durante la Rivoluzione culturale venne proibito addirittura di sedersi con le gambe incrociate perché considerato reazionario. I tibetani furono forzati a snaturare la loro cultura, le loro fonti di sostentamento, la loro tradizione, il loro cibo. La collettivizzazione delle campagne, legata al Grande balzo in avanti, impose la sostituzione delle culture di orzo con il cinese riso.
In quegli anni il Tibet era amministrato da Hu Jintao, l’attuale presidente della Repubblica!!!!
Oggi la Cina sfrutta il Tibet per le sue risorse minerarie. Il Paese delle nevi è  una delle zone più ricche di oro al mondo. Ma sono presenti ingenti giacimenti di ferro, bauxite e rame. Sotto il suolo tibetano si trovano minerali per oltre 150 miliardi di dollari. Quello che si froda viene poi sostituito con scorie nucleari selvaggiamente stoccate e abbandonate nei contesti naturali più disparati.
Ma il Tibet non è appetitoso solo per le risorse minerarie e le discariche a cielo aperto. E’ anche il più grande deposito di acqua al mondo. Più dell’80% dell’Asia vive con l’acqua proveniente dal Tibet. Un bel business!
E’ poi da considerare libero un paese dove si rischiano 7 anni  di carcere se si possiede una foto del Dalai Lama o una bandiera tibetana?  O è libero quello dove grandi autoparlanti diffondono il “radiogiornale di propaganda” mattina e sera? Non è libero un paese dove , se si grida “ Rangzen”, Libertà, si finisce in carcere. Non è libero un paese dove si finisce in carcere “preventivamente”, per creare terrore negli altri, in coloro che “potrebbero” alzare la testa.Cosa sono le carceri tibetane oggi? Luoghi dove esiste ancora la tortura, la sevizia, il “thamzing”, le sessioni di lotta punitive imposte ai detunuti. Che differenza c’è tra i laogai e i campi di concentramento nazisti?
Cos’è il Tibet oggi? Un paese oppresso, controllato, sfruttato. La regione più povera della Cina dove il tasso di analfabetismo supera il 75 %. La disoccupazione è elevatissima e l’Indice di sviluppo annuo è tremendamente basso. In questo paese i giovani tibetani non trovano un lavoro dignitoso. La maggior parte degli impieghi tibetani spetta agli han. Nelle scuole è stato reintrodotto il tibetano come prima lingua. Si, ma come arma a doppio taglio, perché nelle università si parla esclusivamente cinese. Coloro che lasciano il Tibet e trovano rifugio a Dharamsala per prepararsi, studiare e sviluppare delle competenze, sono poi costretti a rimanere in esilio, se non vogliono morire di fame. Si, perché in Tibet non c’è posto per coloro che si sono affacciati al mondo; vengono considerati reazionari, pericolosi. E a Dharamsala? Cosa sono i tibetani? Non godono di asilo politico, né dello statuto di rifugiati. Non hanno cittadinanza indiana, tibetana, cinese.
Dal Tibet si fugge, si fugge ancora oggi. Le vie di fuga sono quelle del confine con il Nepal e l’India. Secondo le stime  che ho raccolto a Kathmandu, grazie al centro di accoglienza, molti di questi profughi non arrivano mai a destinazione: muoiono di freddo, di fame, di stenti, o arrivano con principi di congelamento, con i piedi martoriati da un percorso impossibile. Ma alcuni raccontano una storia diversa: dal Tibet si esce liberamente, i cinesi chiudono volentieri un occhio davanti alle fughe, ad alcune fughe. “Andate pure via! Meno siete, meno problemi ci create!”
La richiesta portata avanti dal Dalai Lama fino a qualche tempo fa appariva accettabile: si chiedeva un’autonomia culturale e religiosa. La possibilità di continuare le tradizioni tibetane senza paure e soprusi. Dov’è la libertà religiosa oggi? Dov’è finito il Panchen Lama? Dal 1995 di lui e della sua famiglia non si hanno più notizie. Ma nel frattempo Pechino ha ben pensato di eleggerne uno nuovo, uno compiacente. Gyancai Norbu è, guarda caso, figlio di due membri del Partito comunista. Strane coincidenze accadono in Tibet! Sarà questo nuovo Panchen Lama a dirigere le prossime operazioni per l’individuazione della reincarnazione del Dalai Lama. Probabilmente tali operazione saranno instradate su un candidato altrettanto compiacente alla politica di Pechino. La “cricca” del Dalai Lama sarà allora definitivamente neutralizzata? No. E’ questo il problema: non si tratta di cricche o marchi. La questione tibetana c’è ed è un problema!

Cosa ha fatto veramente l’Occidente per l Tibet negli anni dell’invasione? Quando El Salvador presentò una mozione all’Onu nella quale si chiedeva un intervento a favore del Tibet, non rispose nessuno. Chi ha provato a ribellarsi? I tibetani, i kampha della resistenza in Mustang. Certo, la Cia ha sicuramente apportato il suo contributo, ma chi voleva realmente mettersi contro il colosso cinese? Cosa fa oggi l’Occidente? Cerca di sostenere una causa, una causa legata ad una condizione reale. La questione tibetana c’è ed è un problema!
Non si può ignorare quello che accade. Quello che è stato e continua ad essere.
Si respira un’aria nuova a Dharmsala. Non è solo l’elettricità nell’aria che precede il monsone.  Un nuovo volto, quello di Lobsang Sangay, appare una speranza, una possibilità. La fine di una politica e l’inizio di qualcosa di nuovo. La Cina preoccupata non rimane a guardare:chiude le porte al resto del mondo, crea problemi con i visti. Non vuole che il resto del mondo veda quello che accade, o che potrebbe accadere!

domenica 29 maggio 2011

Notizie dal Nepal: l'ennesima proroga salva il paese dalla crisi

Alla fine ce l'hanno fatta. Allultimo minuto, questa mattina, prima che la situazione degenerasse, si e' trovato un accordo. L'Assemblea costituente ha ancora 3 mesi di tempo per portare a termine i lavori. A stabilirlo sono stati i 3 principali partiti, ULM, NC e Ulm con l'accordo non molto convinto dei madhesi del Terai.
I maoistti, a quanto pare, si sono un po' ammorbiditi, rispetto alla questione dei depositi di armi. Preferiscono assicurarsi una salda poltrona politica. I membri del Rastrya Pragatantra Party manifestano comunque il loro dissenso: per loro, questo e' inteso, sarebbe meglio se tornasse il Re. Altro che Repubblica!
Il primo ministro Khanal con ogni probabilita' lascera' l'incarico. Gia' da ieri la notizia sembrava piuttosto sicura.
Tre  mesi in piu' dunque. Gia' l'anno scorso si era avuta la proroga di un anno. I lavori di stesura  erano cominciati  nel 2008 quando si era conclusa la guerra civile e per le strade di Khatmandu si respirava un'aria che sembrava nuova. tre mesi: basteranno? Cosa fara' il paese  con 3 mesi?

sabato 28 maggio 2011

Notizie dal Nepal: tempo scaduto per la Costituzione

Naya Baneshwar
Il Nepal ha finito il suo tempo. Scade oggi il limite per redigere la Costituzione. La situazione e' tesa.
Il congresso accetterebbe la proroga solo se i maoisti consegneranno le armi accantonate nelle zone remote della valle di Kathmandu. Ovviamente questa condizione e' inaccettabile: i maoisti vorrebbero invece la risoluzione definitiva del processo di pace, alle loro condizioni. I tempo richiesto sarebbe quello di 3 mesi. La proroga auspicabile per l'Assemblea costituente sarebbe  invece di 6 mesi o un anno.
Ma nei pressi di Naya Baneshwar, dove s' situata la sede del CA, gli animi si fanno sempre piu' caldi e accesi. Gli attivisti di vari gruppi politici  si preparano a manifestare, anche violentemente. Il governo e' pronto a dichiarare lo Stato di emergenza se i partiti non arriveranno ad un accordo. Secondo l'articolo 143 della Cotituzione provvisoria del 2007, il Presidente  della Repubblica puo' dichiarare lo Stato di emergenza in caso di ribellione armata e minaccia alla sovranita' nazionale e alla sicurezza. Tragicamente ci si sta sempre piu' avvicinando a tali possibilita'. I nepalesi attendono trepidanti con il triste e vivo ricordo della recente guerra civile.

giovedì 19 maggio 2011

Nepal:il ritardo della Costituzione e la fame del popolo

Gli amici nepalesi, pur nell'entusiasmo di una buona stagione turistica, fanno giungere la loro preoccupazione per l'attuale situazione politica. Il 28 Maggio scadrebbe teoricamente il limite per redigere la nuova Costituzione. In realtà la Commissione della nazione montana è paradossalmente in alto mare. Le proposte di estensione del limite si rincorrono e si fanno sempre più concrete. Le divisioni all'interno dei partiti sono  troppo forti ed evidenti. Le forze politiche sembrano non essere in grado di elevarsi al di sopra dei singoli interessi. Fino ad ora, rispetto al processo di pace, sembra scontato solo il reintegro degli ex guerriglieri, in una percentuale di almeno il 50%. Dopo tanto baccano sembra si sia giunti ad un risultato che i maoisti ritengono accettabile, se non addiritturasoddisfacente.
Il Rastriya Prajatantra Party (RPP-N) ha manifestato apertamente il suo dissenso alla proposta di un ulteriore ritardo delle operazioni riguardanti la Costituzione. Nella capitale Kathmandu si susseguono manifestazioni e cortei che spesso provocano blocchi stradali  e lo sbigottimento dei turisti occidentali.
Il presidente Khanal sollecita il Nepali Congress a sostenere l'iniziativa di prolungamento dei termini e rimprovera il governo per la mancata collaborazione. La polemica del presidente arriva velenosa anche a riguardo l'inettitudine del governo rispetto all'adempimento di un progetto che prevedeva un 33% di quote rosa nepalesi nell'esecutivo.
Mentre la politica arranca, il paese rischia l'ennesima crisi alimentare. Il PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell'ONU, ridurrà a breve, per mancanza di fondi, l'approvvigionamento di cibo per  molte zone del Nepal Occidentale. Queste zone sono difficilmente raggiungibili, le strade hanno una cattiva manutenzione e il monsone, pesantemente in arrivo, infierisce sempre con una particolare efferatezza su questa parte della popolazione. A rischio sono più di un milione di nepalesi. Su vasta scala si teme, in primo luogo, per l'aumento dei tassi di mortalità infantile. Ci si augura che la politica segua al più presto la via del buon senso per appoggiare il paese e le sue difficoltà

venerdì 29 aprile 2011

Nepal e intolleranza: dal Tibet agli hijras per il matrimonio del secolo

Con la bella stagione e il boom dei trekking per l’anno del turismo il Nepal rivede la sua politica interna ed esterna.Timoroso  delle ripercussioni del cambio di guardia politico dopo la rinuncia del Dalai Lama,il paese stringe nuovi accordi militari con Pechino per fermare eventuali azioni anti-cinesi presso la comunità tibetana composta da più di  20.000 esuli.
Il governo cinese ha inviato massicci finanziamenti . Questa politica repressiva era già evidente negli episodi di intolleranza e violenza verificatisi nella capitale  nei mesi scorsi. A cosa si deve tanto movimento? Si teme la nuova linea politica del futuro leader tibetano, Lobsang Sangay, un uomo dalle idee decise che però non ha mai visitato il suo paese; non è mai stato in Tibet!

Mentre i nepalesi preparavano gli “arsenali” sottomettendosi alla volontà cinese, proprio a Kathmandu si svolgeva, a fine Marzo, la conferenza internazionale dei buddhisti d’Asia.  Il Presidente Yadav ha aperto la manifestazione ricordando l’importanza del ruolo della religione nei processi di pace in corso in Nepal e nel resto del mondo. Ma il Buddha, nato in Nepal, non ha lasciato ai conterranei la stessa incondizionata predisposizione alla pace e alla fratellanza: i tibetani vengono repressi con la forza; i cristiani subiscono spesso attentati;  gli islamici lamentano una mancata rappresentazione politica  all’interno dell’Assemblea costituente, una scarsa partecipazione sociale e lavorativa nonché la mancata valorizzazione del loro culto e delle loro iniziative.
In fin dei conti dobbiamo ricordare che fino a pochi anni fa il Nepal si dichiarava apertamente “paese hindu”, religiosamente e politicamente. Per certi aspetti la corona reale aveva degli aspetti teocratici. Ancora oggi  gli hindu  rappresentano l’83% della popolazione. Va aggiunto,inoltre, che parte degli atti di intolleranza religiosa sono perpetrati da gruppi di estremisti e non dal governo.

Un altro gruppo fortemente represso in Nepal, gli  hijras, gli ermafroditi, hanno offerto la loro benedizione per le nozze reali di William e Kate.  Tradizionalemente il loro compito è quello di allietare feste quali matrimoni, fidanzamenti o cerimonie del nome, tramite canti e balli popolari. In virtù di tale tradizione, gli hijras nepalesi hanno scritto una lettera all’Ambasciata britannica in Nepal proponendo la loro partecipazione al matrimonio reale in simbolo di prosperità e augurio. Ovviamente la richiesta non è stata accettata. Peccato! I colori sgargianti  delle loro vesti tradizionali non avrebbero certo sfigurato accanto al giallo canarino sfoggiato  dalla Regina Elisabetta.

venerdì 11 marzo 2011

VERGOGNA: tibetani malmenati a Kathmandu

Vergogna!
Dopo 60 anni di persecuzioni nella terra d'origine, i  rifugiati tibetani trovano violenza anche a Kathmandu, a Budhanath, uno dei posti piu' belli e piu' sacri del Nepal. I manifestanti, disarmati, hanno trovato ad attenderli i poliziotti nepalesi che li hanno caricati brutalmente.
Asia News riporta la notizia dello stupro di una rifugiata da parte di un poliziotto vicino al tempio buddhista di   Swoyambhunath. La sua colpa era quella di acquistare una bandiera del Tibet.
I leaders politici si difendono e apportano come scusante gli accordi con il governo cinese. Attaccati, malmenati e arrestati per una manifestazione pacifica!!

mercoledì 19 gennaio 2011

Notizie dal Nepal: Il naufragio della Pace

Il processo di pace portato avanti in Nepal d parte dell' Unmin, l'United Nations Mission in Nepal 'è definitivamente  fallito. Troppo tardo il percorso per la formazione di una Costituzione, troppo difficile il reintegro degli ex guerriglieri maoisti nell'esercito regolare.
La rottura viene dopo l'ultima polemica da parte dell'Onu. L'evidenza è innegabile: non esiste una forza politica stabile in grado di guidare il paese.

Mentre il re  Gyanendra cerca di riprendere confidenza con la popolazione apparendo sempre piu' spesso presso i luoghi di culto o in occasione di manifestazioni a sfondo benefico, l'ex erede al trono  Paras Shah alza il gomito nei pub di Kathmandu, spara in aria con la sua pistola regale e viene arrestato. E dire che la monarchia, in questo caos politico, in quesa nave senza ccchieroche è diventato il Nepal, è sempre stata vista come una validissima alternativa. I nostalgici della famiglia reale, non è un mistero,sono molti e fedeli, nonostante il chiacchierato comportamento e il coinvolgimento di re Gyanendra Shah  in occasione del massacro della famiglia reale nel 2001, nonostante il gesto materiale sia stato compiuto dall’allora erede al trono Dipendra.
Per il momento i reali si guardano bene dal commentare l’attuale situazione politica. L’alternativa reale del resto non è certo sinonimo di garanzia  se si rammentano la crisi politica degli anni  novanta, il ricorso alle elezioni, l’assunzione del potere esecutivo direttamente di Gynendra e la rinuncia del 2005 che ha visto i partiti politici costretti a trovare un accordo con i maoisti.  

Le responsabilità del fallimento della missione di pace non sono solo  evidenziabili nella presenza stessa dell’Onu nel paese, nel disaccordo tra i partiti o nella dubbia, seppur acclamata, figura del re. Semmai è possibile considerare l’insieme di questi fattori e condirli con una specifica e non velata pressione partitica che vedeva nello stallo una situazione di vantaggio in termini economici e di potere.
L’inattività verso il pieno raggiungimento del processo di pace degli ultimi anni, insieme all’ incertezza politica,  ha determinato anche il naufragio dell’economia. L’eco della crisi mondiale non poteva che portare effetti più disastrosi in un paese dove normalmente il livello di povertà è ancora abbastanza elevato.

E così il Nepal naufraga, come il suo progettto di pace, come la sua economia. Il naufrago è lasciato alla deriva, in balia di se stesso e con l’ombra di due grandi potenze asiatiche  emergenti che lo sovrastano.

Il Nepal naufraga perché l’Unmin non può fare più da dorato salvagente? La gestione dei più di 10.000 ex guerriglieri era sulle spalle degli aiuti internazionali.

Ma non tutti i naufragi si concludono tragicamente. Perché il Nepal non dovrebbe farcela? Cosa ha mai portato questo salvagente di utile e veramente duraturo per il paese? Ho vivo solo il ricordo della polvere alzata per le strade di Kathmandu al passaggio dei super mezzi UN, macchine adeguate a raggiungere i villaggi della valle  e i campi degli ex guerriglieri.
Sarebbe interessante  fare un sondaggio per capire quanti, tra i 1400 delegati e responsabili dell’Unmin,  ha realmente girato il paese lasciando l’aria condizionante (seppur funzionanate a tratti) degli alberghi a cinque stelle della capitale o gli esclusivi golf-club, o le cene di gala alle quali partecipavano anche gli europei “arricchiti” fuggiti in Nepal.

Dalla deriva il paese comincia a remare. Per il momento si motivano istituendo un organo al di sopra delle parti che cerchi di portare a termine gli obiettivi fino ad ora falliti: Army Integration Special Committee.
Il Presidente della Repubblica Ram Baran Yadav ha convocato i partiti politici affinchè si porti avanti in maniera seria e responsabile l’elezione del nuovo Primo Ministro. Una nuova data di scadenza sarebbe fissata per il 21 gennaio. Yadav ha fatto fino ad ora tre proposte, tre nomi  inerenti ai tre principali partiti: Barshaman Pun of UCPN (Maoista), Dr Ram Sharan Mahat per il Nepali Congress e Ishowr Pokhrel per il CPN-UML

Se nessun’altra corrente politica, più o meno violenta, remerà contro questa volontà di risalita e indipendenza, è possibile che il paese ce la faccia, che esce finalmente da questa lunga e tragica bufera.


venerdì 15 ottobre 2010

Nepal: applausi di congratulazioni e fischi di disapprovazione

Un paese: due volti. Secondo i dati emersi durante il Millennium Development Goal Award, l’incontro newyorkese dell’Onu sulla povertà, il Nepal sarebbe il primo, tra 49 paesi interessati al progetto, a distinguersi nella lotta contro la mortalità  materna, scesa del 50 %. I successi si devono all’impegno del governo e delle Ong straniere, all’innalzamento  dell’età per le gestazioni e ai piani di prevenzione e informazione igienica diffusi in tutto il paese.

Nello stesso paese  i contadini muoiono di fame, sono costretti a lasciare le loro terre, a spostarsi verso la città. La mancanza di risorse idriche, paradossale in un territorio come quello nepalese, è causata dalla cattiva distribuzione dell’irrigazione, alla mancanza di fondi per attuare piani di rivisitazione morfologica e all’accanirsi di alluvioni e siccità. Questi fenomeni sono dovuti al cambiamento climatico che sta interessando le zone himalayane così come il resto del mondo. Dalla fine di quest’anno si renderà più attivo un progetto, già sponsorizzato  dall’ Alliance of Mountain Countries, che  vede il Nepal come paese guida. Si tratta del Saving the Himalayas (qui le immagini di quello che sta accadendo). Alla fine del 2009 c’è stata anche una manifestazione a Copenaghen (qui le immagini) per sensibilizzare l’opinione pubblica  verso una minaccia imminente che riguarda i nepalesi e il mondo intero. Quello himalayano è un patrimonio naturale inestimabile che va preservato a qualsiasi costo.

Ma l’impegno dimostrato in campo sociale è naturalistico non è sicuramente quello applicato in campo politico.
Sono passati quasi 4 mesi dalle dimissioni di Madhav Kumar e ancora non si è riusciti ad eleggere un nuovo Premier.
Prachanda esce di scena mentre il candidato, Ram Chandra Poudel, del Congress Party, non riesce ad imporre la sua candidatura. I tempi stringono, i nepalesi sono stanchi. Nel clima di festa di Dashain non si pensa alla politica ma alcuni borbottano sottovoce  che sarebbe meglio se si tornasse alla monarchia abbandonando lo stato laico.
Forse un’alternativa più moderata sarebbe quella di un governo di consenso  eletto dal popolo, così da accentuare il carattere democratico che il paese si è dato da 2 anni a questa parte.
Ma i nostalgici della monarchia non sono riusciti ad impedire la non partecipazione dell’ex re Gyanendra alla  benedizione della Kumari, la dea-bambina. Il fatto ha dell’incredibile se si considera che la Kumari è la dea protettrice della famiglia reale. Il rito si svolge ogni hanno e coincide con una festività hindu-buddista legata a Idra, al raccolto e alla fertilità.



Ma l’evento più vergognoso (video) è sicuramente l’ostacolo alle elezioni del governo tibetano in esilio svoltesi, anche in Nepal,la settimana scorsa. I tibetani erano chiamati al rinnovo del Parlamento ma l’esercito nepalese ha confiscato molte delle schede elettorali facendo prepotentemente irruzione nei seggi elettorali.
Dopo l’ascesa dell’  Unified Communist Party of Nepal e del Unified Marxist–Leninist, i ventimila tibetani residenti nella valle di Kathmandu non hanno vita facile.

E’ ancora vivo il ricordo dei pestaggi in occasione delle Olimpiadi di Pechino del 2008. I monaci venivano malmenati a pochi kilometri dal centro pulsante di Kathmandu.
Questi episodi sono una negazione della strada democratica che il Nepal finge di star intraprendendo


domenica 9 maggio 2010

Notizie dal Nepal: Aggiornamenti dai bandha


Prachanda ha sospeso momentaneamente lo sciopero. Chiede pero' insistentemente la dimissione di Nepal e la fine dei lavori per la nuova Costituente. Nei giorni scorsi gli scontri sono stati duri tra maoisti e oppositori. Il rischio palese e' quello di una guerra civile. Due giorni fa Prachanda ha dichiarato che non e' sua intenzione arrivare a cio'.
Nel frattempo nella capitale il prezzo del riso e degli ortaggi e' quintuplicato. Fino a ieri si poteva uscire solo per due ore al giorno, dalle 6 alle 8 di sera. Molti negozi comunque hanno deciso di tenere comunque tutto chiuso cosi' i civili hanno avuto problemi per il semplice approvvigionamento essenziale. Solo questa mattina e' stato concesso il rifornimento di 200 tonnellate di verdure nella Valle di Kathmandu e il prezzi hanno cominciato a scendere.
La Farnesina sconsiglia le partenze e le ambasciate straniere (tra le quali anche quella italiana a Delhi) sono in allerta.In realta' l'aeroporto internazionale di Kathmandu funziona regolarmente.
Fortunatamente i turisti bloccati a Pokhara sono riusciti a spostarsi con mezzi alternativi e a breve e' possibile che l'aeroporto venga riaperto.
Questa tregua e' apparente perche' oggi ci sono stati scontri tra maoisti e polizia a Maitighar!