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lunedì 13 agosto 2012

I Lhotshampa, i nepalesi del Bhutan




Lhotshampa significa letteralmente “ la gente del confine meridionale”, si tratta di immigrati nepalesi che cominciarono ad insediarsi nel sud del Bhutan all'inizio del 900. Le etnie nepali formano il 25% della popolazione bhutanese e il nepali e' la seconda lingua piu' parlata e la terza insegnata nelle scuole elementari.

Le prime, evidenti, difficolta' di integrazione si sono avute  partire dagli anni 50' quando, sull'onda del successo indiano e nepalese, anche in Bhutan sorse un Congress Party. I nepalesi vedevano nel partito un alleato per ottenere piu' diritti. Ma le cose non andarono esattamente come si era previsto. Il partito si sciolse presto e i nepalesi cominciarono ad accusare il governo bhutanese di discriminazione gonfiando spesso incredibilmente il numero di feriti o di morti ( in verita' sono 2 sono stati accertati) causati  negli scontri e nelle manifestazioni di protesta.

Oggi gli oriundi nepalesi hanno la cittadinanza, una rappresentanza nell'Assemblea nazionale e  liberta' di culto ma le differenze con i drupka,  i bhutanesi, sono ancora fortissime. Tali differenze hanno portato a rivolte civili di una certa consistenza nel corso degli anni 80' quando il Bhutan ha cominciato ad applicare il driglam namzha, un rigido sistema di norme per le autorita' monastiche e i funzionari pubblici che impone l'uso di abiti tradizionali, i tempi di visita degli dzong, le formule di cortesia da usare, la postura per mangiare. Tali norme furono adottate per preservare le tradizioni bhutanesi ma, come e' ben intuibile, risultarono sgradite alla minoranza nepalese a maggioranza hindu. In quegli stessi anni venne anche  abolita la lingua nepali nelle scuole.
Per rimarcare la tradizione drupka,nel 1988 venne promosso un censimento volto ad accertare la presenza di clandestini nel paese o piu' semplicemente di coloro che non potevano attestare la loro presenza nel paese prima del 1958. Per avere pienamente la cittadinanza era necessario dimostrare di aver pagato le tasse anche prima del 1958.  La guerra civile scatenata da queste premesse determino' l'emigrazione di decine di migliaia di bhutanesi di origine nepalese. In verita' i  lhotshampa non lasciarono il Bhutan spontaneamente; furono spinti verso il confine indiano dagli ufficiali bhutanesi. Un esodo forzato di 80000 persone, circa il 15 % della totale popolazione  di allora del paese, una vera e propria pulizia etnica che, confrontata con quelle balcaniche di quegli anni, non ebbe nessuna risonanza.  L'Unhcr, in accordo con il governo nepalese, organizzo' sette campi profughi nei distretti sudorientali di Jhapa e Morang.
 Tra le migliaia dei campi profughi, un'inchiesta dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Politici, una piccolissima percentuale ha rivelato le caratteristiche di “rifugiati in buona fede”, quindi liberi di rientrare in Bhutan o di risiedervi senza condizioni. Oltre il 70 % dei “rifugiati” di Khudunabari  rientra nella categoria di “emigrati di propria volonta'”. Questo secondo gruppo, rientrando in Bhutan potrebbe, in teoria, risiedere in campi speciali e avere un lavoro (nella costruzione di strade). Per riottenere la cittadinanza dovrebbero essere “in prova” per due anni al termine dei quali dovrebbero dimostrare di parlare la lingua dzongkha, di non aver mai parlato male del Bhutan e della famiglia reale e di non aver lasciato il paese nel periodo di prova. Dal 2007 circa 60000 rifugiati sono stai accolti da altri paesi occidentali come Stati Uniti,Canada, Australia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Gran Bretagna.
Fino ad oggi il Bhutan ha respinto 15 tentativi di negoziato inoltrati dal governo nepalese.
Un fil alto coadiuvato da 4,3 miliardi di dollari  e un reddito pro capite di quasi 2000 dollari ma l'ombra della pulizia etnica rimane sul regno del drago tonante.


lunedì 30 luglio 2012

Buthan: la felicità e le strane abitudini del regno del drago tonante




Druk yul, il Regno del drago tonante, il Bhutan
Druk significa tuono o voce del drago perche' ad essa fa pensare un tuono
Yul significa terra.
Il nome Bhutan deriva dalla parola bot di origine tibetana e significa “abitanti delle montagne”.
Seppur l'origine etnica sia in parte tibetana, oggi i tratti comuni rimangono pochi. La lingua parlata infatti e' il dzonkha, insieme ad altre 18 varieta', tra cui il nepali e l'inglese.

Dal XX secolo il Buthan e' una monarchia ereditaria. Fino agli anni 60  il paese era  molto arretrato, se cosi' possiamo definirlo: mancava una moneta nazionale, linee telefoniche, scuole ed ospedali.

Oggi il Bhutan viene ricordato per il Fil, la felicita' interna lorda. Molti economisti e antropologi si chiedano quali siano gli ingredienti giusti per ottenere il buon rendimento di tale parametro.Per ottenere un alto livello del Fil il governo Bhutanese  equilibra i benessere materiale a quello spirituale miscelando sviluppo sostenibile, preservazione del patrimonio culturale, ripetto dell'ambiente e buona governance. In barba al Pil e allo Spread, i bhutanesi conducono una vita rilassata e, seppur nella semplicita', non si fanno mancare nulla: istruzione gratuita, sanita' pubblica gratuita, vaccinazioni gratuite,un sistema di promozione sociale finanziato dalla tassazione sui visti turistici,  insieme ad una serie di bizzarre normative.

E si, perche' i bhutanesi, l'unico popolo a maggioranza buddista che vive nella piu' completa liberta' religiosa e sociale, non amano le differenze sociali e ci tengono molto a rispettare  la sensibilita' altrui.  L'ostentazione di una ricchezza opulenta potrebbe offendere il resto della popolazione di modesta condizione. Lo stato allora scoraggia le ostentazioni e multa i ricconi che fanno troppa mostra del loro agio. Non ci sorprende dunque la notizia sul giornale locale: un funzionario pubblico e' stato costretto a vendere la sua antenna parabolica supertecnologica e a fare, con il ricavato della vendita, cospicue donazione al dzong e alle famiglie meno fortunate.
Il Bhutan e' stato l'ultimo stato al mondo ad introdurre la televisione, cosi' come e' l'unico stato  al mondo ad avere una capitale, Thimphu, dove mancano totalmente i semafori. Qualche anno fa ne e' stata sperimentata l'introduzione ma la popolazione e il governo  hanno ritenuto superfluo e inutile l'utilizzo di tale mezzo. Oggi a Thimphu a dirigere il traffico c'e' un vigile urbano in guanti bianchi. Cosa succederebbe al traffico di Kathmandu o Delhi se si provasse ad optare per tale soluzione? E' meglio non pensarci....

Le norme curiose bhutanesi non finiscono qui. Viene imposto, nel limite del possibile, il rispetto dell'architettura tradizionale locale per non alterare il paesaggio himalayano: vengono vietati i cartelloni pubblicitari e le buste di plastica all'occidentale. E' vietato fumare in tutto il paese,chi importa sigarette dall'estero va incontro ad una rigida tassazione.
Le norme sui rifiuti sono severissime: chi e' sorpreso ripetutamente ad ignorare tali norme viene punito con pene che vanno dallo spazzare la strada per una settimana fino al trasporto di pietre gratuito.
Ogni cittadino bhutanese deve garantire 2 settimane all'anno di servizio pubblico, il wulah, di solito per la manutenzione delle strade. In questo modo lo stato evita di intervenire nelle zone piu' remote. Tale sistema e' in parte applicato anche in alcune regioni del Tibet. Per non sottrarre gli uomini dal lavoro dei campi vengono spesso mandate giovani donne. Non c'e' da sorprendersi quindi se si incontra una donna, con bimbo a seguito, impegnata della manutenzione di una strada di montagna.

Nel paese himalayano definito “la Svizzera asiatica” sarebbe,  di norma, vietata ogni forma di accattonggio e poverta'. Lo Stato assicura il possesso di terra a tutti e un sistema di assistenza sociale. Il Bhutan e' l'unico paese dove il numero di posti di lavoro e' superiore alla popolazione ( che non arriva al milione). Nonostante le  rosee premesse di miseria se ne puo' vedere....
In base ad accordi  storici e diplomatici i cittadini indiani hanno libero accesso al Bhutan. I servizi  gratuiti promossi dal paese attirano migliaia di indiani ogni anno. Non tutti trovano una loro collocazione nella piccola societa' himalayana, molti popolano le strade di Thimphu  frugando tra la spazzatura e aspettando che la brava gente locale, generosa per natura oltre che per religione, dia loro qualcosa da mangiare.
Esiste anche una poverta' bhutanese ma e' completamente diversa dalla “miseria” di alcune zone dell'India, del Nepal o del Tibet, si tratta di una poverta' semplice e dignitosa, fatta di piccole cose e gesti quotidiani. E' la poverta' delle campagne, del lavoro duro e dei volti segnati dal sole. Una poverta' serena che fa scintillare in un sorriso la felicita' interna lorda di una regno fuori dal tempo.