Chi, dopo aver passeggiato per Fatephur sikri, la città fantasma vicino Agra, antica sede dell’impero Moghul, non ha immaginato, anche solo per un attimo, il suo antico splendore?
Mentre il mondo si indigna per il ritardo e la sporcizia indiana in occasione degli imminenti Commonwealth Games, ricordiamo con profondo rispetto e ammirazione la grandezza di una dinastia che in quella terra, in un tempo ormai lontano, seppe creare un impero grandioso e indimenticabile, quello Moghul.
Mentre le voci si rincorrono e mostrano lo scempio di un paese che corre verso il progresso ma che non riesce a stare dietro alla sua stessa corsa, ci può far bene fermarci e assaporare quella parte d’India che continua ad essere positiva.
Salman Rushdie, ancora una volta, racconta l’India attraverso il “realismo magico” e lo sguardo di chi conosce “il realismo crudo” del suo paese.
Nell’Incantatrice di Firenze si rincorrono narrazione e storia. Due poteri a confronto, quello Moghul e quello della Firenze rinascimentale. I personaggi appartengono alla fantasia così come alla storia raccontataci a scuola; la storia vera, fatta di date, luoghi ed eventi. Ma le storie sono apparentemente lontanissime, nello spazio e nel tempo: la corte del Moghul Akbar e quella dei Medici da Lorenzo il Magnifico fino a Lorenzo II Medici. Ogni personaggio ha la sua storia da raccontare fatta di amore, magia, bellezza e potere. Ogni storia ne contiene un’altra in un gioco di scatole cinesi che coinvolge e incuriosisce. Chi sa narrare una storia, come il “biondo fiorentino” alla corte dell’imperatore, o come lo stesso Rusdhie, ha salva la vita , nutre una civiltà, o può contribuire a distruggerla. Dipende da quanto la storia appare credibile agli ascoltatori-lettori.
La tradizione indiana è sempre stata profondamente legata al racconto, sia esso mitologico, religioso o letterario. Le atmosfere delle Mille e una notte si rivivono anche in quest’ultimo romanzo di Rushdie. La novità sta però nell’intreccio con la tradizione italiana; un intreccio a volte un po’ forzato e storicamente inversosimile. Chi ama Rushdie è pronto anche a questo, anzi, ne è anche deliziosamente coinvolto.
Forse l'autore non inventa poi tanto quando accosta gli italiani agli indiani. Quanta è stata la nostra grandezza? Quanta la grandezza del passato? Questo bizzarro accostamento risulta intrigante. Lorenzo il Magnifico, Giuliano de Medici, Machiavelli, Doria, Colombo, Pico della Mirandola, Savonarola non sono poi così diversi da Akbar il Grande, suo figlio Selim, gli scià di Persia e i loro eserciti. Antonio Franchini accosta più volentieri gli indiani ai napoletani. Forse per gli episodi legati ai giochi del Commonwealth il contronto è più pregnate.
Si vive e si lotta per il potere, per l’amore, per il sesso, per la gloria e per l’onore. Si può essere grandi e si può fallire. Nessun grande potere è perfetto. Non è stato così in passato così come non lo è oggi. Se è fallito lo splendore delle corti italiane può fallire anche un “disegno democratico” oggi! Se è fallito l’impero di Akbar il grande, può fallire anche l’organizzazione dei giochi olimpici in un paese che, nonostante tutto, sta vivendo una seconda fase di progressiva grandezza.
Akbar vede morire il lago che dà vita a Fatepur sikri; con esso la città perisce e la responsabilità non può che essere dell’mperatore. L’errore genera sconforto. Ma Akbar è consapevole dei suoi errori e sa che può risorgere e migliorare. Nessun gran potere è infallibile e perfetto: non lo era quello Moghul o mediceo; non lo è quello dell’India attuale speranza del domani, come non lo è quello italiano o quello inglese che tanto si indigna!!!!!!!!
Chi sbaglia sa ripartire. Ma la storia da raccontare deve essere dignitosa: India, riscatta te stessa in nome di quello che sei stata e di quello che PROTRESTI ESSERE e ti accingi ad essere!
4 commenti:
detta così...è anche giusta..
Sai bene che ho ancora l'amaro dentro per gli anni trascorsi lì. Certe cose non le digerisco
non digerisco chi può fare e non sa e non vuole fare. Apprezzo chi come te ha il coraggio di parlare
Piero
"L'Incantatrice di Firenze" è un libro che voglio leggere, anche perché mi piace molto Rushdie.
Sui Giochi del Commonwealth, no comment. Sembra quasi che sia una mano esterna che abbia "sporcato". Cose molto più grandi sono state organizzate in Cina e Sud Africa recentemente, senza questi problemi (anche loro hanno una fama simile). Ma gli indiani sono davvero così incapaci??? Boh, sono perplessa.
Cara Stefania, gli indiani sono complessi, un p' come noi italiani,anche se con pregi e difetti diversi.
Oggi i giochi si sono aperti regolarmente.
So che in Cina ed Africa ci sono stati problemi simili ma la differenza credo sia nell'invidia....
C'e' una cosa che mi fa imbestialire negli indiani: il non voler fare qualcosa quando si puo' fare senza problemi. E' una questione di indole. Meglio essere poveri ma dignitosi piuttosto che in esplosione economica ma poco volenterosi. Ovviamente non vale per tutti!
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