mercoledì 9 marzo 2016

Se una donna riesce a nascere in India

Se una donna riesce a nascere in India il percorso che intraprende non è certo dei più facili. Selezione alla nascita, malnutrizione, maltrattamenti, poca istruzione e poche chances per vivere un’esistenza serena e con gli stessi diritti riservati agli uomini.
Il  percorso matrimoniale non è poi altrettanto facile: dote, ingerenze, strani incidenti domestici. Dentro e fuori dalla famiglia la condizione femminile rimane difficile nonostante la società progredisca civilmente, economicamente e giuridicamente.

Il rischio più grave e diffuso rimane quello della violenza, della molestia fisica e verbale. La donna indiana deve sopportare soprusi e angherie. Ma non sempre tutto è così negativo.
Se una donna nasce in India è perché ha superato la ben triste e nota pratica dell’aborto selettivo.  Il rapporto bambine e bambini oggi è di 92 a 100. Avviene un aborto selettivo ogni 25 nascite. Dal 1994 è vietato legalmente l’esame prenatale che incentiva questa pratica. Se nasce una donna dovrà poi superare un’altra pratica, quella dell’infanticidio femminile. Un detto iindiano dice: “Allevare una bambina equivale ad annaffiare il giardino del vicino”. Spesso le bambine vengono soppresse alla nascita, affogate ritualemnte nel latte o tramite i capezzoli avvelenati della madre. Se una donna cresce in India dovrà scontrarsi con la malnutrizione (50%), con l’anemia (48%), con l’analfabetismo (59%) e con meno diritti riconosciuti. Se una donna cresce in India il suo percorso matrimoniale non sarà semplice. Molte bambine vengono fatte sposare giovanissime per non gravare più sulla famiglia di origine. Tale pratica sfiora addirittura il 56% in Rajastan per le bimbe dagli 8 ai 15 anni. La vita matrimoniale non è mai facile. Spesso la donna deve scontrarsi con angherie e violenze, anche da parte della suocera. Si registrano numerosissimi casi di incidenti bomestici, bruciature con fornelli al kerosene o morti sospette. Ogni due ore una donna in India subisce questo tipo di maltrattamento. Nella progredita Bangalore si registrano circa 80 casi l’anno. Il motivo è sempre lo stesso: la dote. Un’usanza indiana vietata ufficialmente dal 1961 ma ancora fortemente diffusa. Quando la dote non è ritenuta sufficiente, la soluzione migliore è quella di “cambiare moglie”. Se una donna in India si sposa e diventa vedova, la sua condizione può non essere tra le migliori. Molte donne vengono allontanate dalla famiglia del marito e destinate a vivere in preghiera ed isolamento in un ashram: vestono di bianco, non portano gioielli, vivono di elemosine e non possono mangiare cibi saporiti. Le vedove meno fortunate sono soggette alla Sati, la morte rituale sulla pira funeraria del marito. Tale pratica è vietata in India dal 1829. E’ un reato anche partecipare ad un culto legato alla sati dal 1987. Nonostante questo, dal 1947 ad oggi, ci sono stati almeno 53 casi di Sati accertati. Per l’Atharveda la sati è un dovere della donna. Le principesse Rajput si suicidavano collettivamente quando venivano a sapere che i loro sposi erano morti in guerra. Oggi capita spesso che le donne condotte verso una sati siano drogate o costrette con la forza. Se una donna sopravvive in India va in contro a molestie sessuali. Ogni 20 minuti avviene uno stupro e un indiano su quattro ha dichiarato di aver compiuto almeno una volta una violenza su una donna. Il 50 % di loro lo ha fatto per divertimento, il 40% per punizione. Il gesto si è ripetuto almeno nel 45% dei casi. Negli ultimi 40 anni i casi di violenza sono aumentati del 900%. Un’associazione di ingegneri  indiani composta prevalentemente da donne, la SHE, ha recentemente messo a punto congegni elettronici in grado di prevenire gli stupri: un reggiseno che se sganciato scorrettamente rilascia una scarica di 3800 kilovolt oppure un GPS sotto le scarpe che allerta numeri amici e forze dell’ordine, oltre che localizzare la vittima di aggressione.
Ma le donne che nascono e crescono in India sono anche donne felici, donne che lottano per i loro diritti e raggiungono risultati. La donna cerca di emanciparsi sempre più. Veste come un’occidentale, frequenta l’università e conduce una vita sociale come qualsiasi altra donna ha il diritto di fare. Le donne indiane ricoprono ruoli importanti nella politica (anche se hanno solo l’11% di quote rappresentate in Parlamento), basti ricordare donne come Indira Gandhi, Primo ministro dal 1966 al 1984; Sonia Gandhi, presidente del Congress Party fino al 2004 (ricordiamo inoltre che Saronjini Naidu ha ricoperto per prima, come donna,  questo incarico nel 1929) o  Pratibha Patil, Presidente della Repubblica dal 2007 al 2012. Anche nelle società e nelle aziende e multinazionali le donne primeggiano; ricordiamo donne come Indra Noyi (Amministratore delegato della Pepsi), Arundhati Bhattacharya (Presidente della State bank of India), Chanda Kochhar (Amministratore delegato della ICICI bank) o Shobhana Bhartia (Presidente dell’Hindustan time). Sempre più donne decidono di non diventare madri e dedicarsi agli studi e alla carriera. Gli stati economicamente più progrediti in India sono quelli dove l’alfabetizzazione e l’istruzione media delle donne risultano essere più elevate. Una donna che nasce e scresce in India: una risorsa da non sottovalutare. 

5 commenti:

Clara ha detto...

Guarda, io certi giorni mi rifiuto di leggere i giornali qui... troppo, davvero troppo. Un bacione!

Unknown ha detto...

...posso immaginare :(

Clara ha detto...

Sarebbe bello fare un lavoro di raccolta di testimonianze scritte e orali di violenza quotidiana qui in India... magari da "vecchie" lo facciamo, eh?

Unknown ha detto...

anche non da vecchie!!!! ;)

Anonimo ha detto...

Bravissima complimenti! Ciao Enrica Chiara