Qualche giorno fa la Cina ha festeggiato il Centenario della nascita del Partito. In una manifestazione pomposa e altisonante hanno sfilato tutti i grandi politici: i nuovi e i vecchi, quelli di sempre. A volte sembra non esserci una differenza temporale in Cina: le cose rimangono quasi inalterate. Si, certo, grande progresso economico ed industriale, ma le facce sembrano essere sempre le stesse così come gli ideali che “vorrebbero” veicolare!
Ma in Tibet, ovvero in Cina, si è festeggiato anche un altro importante anniversario: il 60esimo della LIBERAZIONE DEL TIBET. Non è uno scherzo, è proprio così. La Cina è convinta di aver liberato il Tibet dall’arretratezza e dal medievalismo religioso; dal vecchio e dall’obsoleto; dal vetusto e logoro sistema gerarchico del buddhismo. I tibetani ora sarebbero liberi perché inglobati nella Grande Cina! Noto paese libero e democratico!?!
La libertà che si festeggia è quella di un paese che si è dovuto piegare; che deve mostrare bandiere che non gli appartengono nascondendo la propria. La libertà è quella di una cultura che viene calpestata ogni giorno e che sembra debba apparire silenziosa e docile.
C’è una cosa che i cinesi non hanno capito: che i tibetani hanno uno spirito libero, uno spirito che nessuno potrà mai uccidere o dominare, perché troppo selvaggio e ancestrale. Forse qualcuno a Lasha s è piegato, forse il tempo e la sofferenza hanno scavato solchi profondi nella memoria, ma la libertà, no, quella da festeggiare non può essere la libertà.
L’esercito, con 1000 armi e 1000 uniformi, pattugliando, controllando, ispezionando non riuscirà mai a piegare fino in fondo chi nasce libero dentro.
Cosa si può desiderare di più? Sarà davvero questa la liberazione? Forse i tibetani si sono illusi per secoli? Non era dunque il Nirvana che doveva liberarli, ma i cinesi! Che libertà!
Ebbene si, il Tibet è libero, è libero dentro:nonostante l’imposizione di una cultura non sua, di un’economia non sua; nonostante il divieto di crescere culturalmente; nonostante il controllo forzato; nonstante le fughe; nonostante la disperazione e l’alcolismo. Il Tibet è libero perché dall’interno è immodificabile. La libertà è quella degli spazi sconfinati; del cielo dal blu imbarazzante; della perseveranza, della forza e del coraggio di un popolo che può piegarsi come giunco, ma che non si spezzerà mai.
Nessun commento:
Posta un commento