L'Everest ha tanti nomi. I nepalesi lo chiamano Sagaramatha, Dio del cielo.
Le migliaia di turisti che ogni anni profanano questo sacro monte a volte non si rendono conto della sacralità del suolo su cui camminano, coadiuvati da bombole di ossigeno che vengono poi abbandonate sul sentiero o dall'aiuto di instancabili sherpa pronti a rendere gradevole e apparentemente possibile un'esperienza estrema.
L'Himalaya sta diventando la più grande discarica in alta quota. L'uomo ha sempre cercato di raggiungere quello che gli era inaccessibile. Sagaramatha, come il Kailash, dovrebbe essere montagna sacra, dimora inviolabile degli dei. Da poche settimane, invece, la nostra curiosità per questo immenso e maestoso sasso divino ci spinge a controllarlo, a monitorarlo, a succhiare ogni elemento della sua vita. E' stata installata una web cam che fornisce immagini 24 ore su 24.
Mentre il mondo curioso controlla i sospiri della Madre dell'universo, circa 2000 turisti sono bloccati nei pressi di Lukla, in Nepal. Una fitta nebbia rende da giorni impossibile gli spostamenti. La Sacra Madre, pudica e stanca, si copre con un candido velo e ostacola lo sguardo di profanatori dell'ultimo minuti che credevano, pagando migliaia di dollari, di riuscire ad averla comodamente. Preferisco ricordare il fuggitivo sguardo che Le ho dato durante il mio ultimo viaggio: gli occhi bassi davanti a Dio e alla potenza con la quale si manifesta.
1 commento:
Quando ho letto il numero dei turisti bloccati ho pensato ci fosse uno "zero" in più. Ed anche 200 mi sembravano tanti, troppi. Non sono mai stata in questi luoghi, ma siccome sono abbastanza "orso solitario" pensare all'Everest come Benidorm o Rimini non mi entusiasma. Al contrario mi riempie di immensa tristezza.
Bye&besos
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